Carne rossa, non fa male? Airc e World Cancer Research Fund International: “Non siamo in accordo”

L’ultimo studio in ordine di tempo sulle carni rosse sembra riabilitarne il consumo. Ma è davvero così? Ecco cosa dice lo studio pubblicato sugli “Annals of Internal Medicine” e la posizione delle principali organizzazioni internazionali.

Contrordine. La carne non fa male. O, meglio, non c’è correlazione tra la riduzione dei consumi di carni rosse e processate e il mantenimento di uno stato di salute ottimale. Lo afferma, contestualizzandolo, un nuovo studio pubblicato pochi giorni fa sulla rivista Annals of Internal Medicine. Una notizia che, subito rimbalzata in rete, sembra contraddire le principali indicazioni scientifiche in fatto di alimentazione, a partire dalla nota posizione dello Iarc del 2015 sulle carni rosse e processate, che danno ormai per assodato il binomio tra salute e prevenzione da una parte e dieta a base vegetale dall’altra. Ma cosa dice esattamente questo ultimo studio e, soprattutto, a questo punto, la carne aumenta il rischio di ammalarsi di cancro e di altre malattie croniche oppure no? Abbiamo provato a fare un po’ di chiarezza.

Cosa dice lo studio

L’analisi pubblicata sulla rivista Annals of Internal Medicine è stata realizzata dai ricercatori del gruppo NutriRECS, un’organizzazione indipendente che si occupa di ricerca e stesura di linee guida nel campo della salute pubblica. Si tratta, di fatto, di una revisione dei principali studi effettuati sul tema e si è focalizzata su un aspetto, in particolare: la correlazione tra consumo di carne rossa e processata e l’insorgenza di patologie quali tumori e malattie cardiovascolari. Ed è arrivata a una conclusione: dagli studi effettuati finora, il legame tra i due fattori risulterebbe troppo debole per poter avere rilevanza scientifica. Da qui, la conclusione in termini di indirizzo: non ci sono sufficienti dati scientifici consolidati per suggerire alle persone un cambiamento di alimentazione che vada nella direzione di una riduzione del consumo di carne come forma di prevenzione.

Le reazioni

Ma allora, tutti gli studi condotti fino a qui vengono in qualche modo smentiti? La risposta sembra essere no. Negli Stati Uniti c’è chi ha preso una posizione molto ferma rispetto a questo studio, come il Physicians Committee for Responsible Medicine, che ha presentato una petizione alla Federal Trade Commission americana per chiedere la correzione delle “false dichiarazioni riguardanti il ​​consumo di carne rossa e trasformata rilasciate dagli Annals of Internal Medicine. “Il messaggio non è solo una dichiarazione inesatta dei risultati, è un grave disservizio per la salute pubblica“, ha spiegato il presidente, Neal Barnard, elencando la “montagna di prove scientifiche che illustra gli effetti sulla salute di una dieta a base di carne rossa e trasformataQueste false dichiarazioni – ha ribadito Barnard a proposito dello studio degli AIM – sono direttamente in contrasto con le numerose prove scientifiche che dimostrano i potenziali effetti negativi sulla salute della carne rossa e trasformata e i benefici della riduzione del suo consumo”.

In Italia, lo studio è stato commentato dalla Fondazione Umberto Veronesi: “Il messaggio filtrato si scosta in maniera significativa dai più recenti inviti alla cautela e non tiene conto delle numerose evidenze che premiano una dieta prevalentemente a base di alimenti di origine vegetale, considerata preventiva nei confronti delle malattie croniche”, ha spiegato Elena Dogliotti, membro della supervisione scientifica della Fondazione. “Dobbiamo evitare che chi legge pensi di poter mangiare carne trascurando i potenziali rischi legati a un consumo eccessivo. Oggi – ha spiegato Dogliotti – più che incentivare il consumo di alimenti di origine animale, è importante aumentare la cultura legata a una cucina prevalentemente vegetale, ancora troppo spesso considerata meno gustosa”.

Un concetto di salute e prevenzione più ampio

In termini di metodo, della ricerca AIM sono stati contestati alcuni aspetti, ad esempio la selezione sulla quale si sarebbe basata la revisione degli studi, l’aver accomunato il potenziale effetto delle carni rosse (potenzialmente cancerogene, secondo il pronunciamento dello Iarc del 2016) e di quelle trasformate (inserite, invece, dallo Iarc tra i fattori cancerogeni) e la mancata specifica delle abitudini alimentari, e dunque dei consumi di partenza, così come l’impatto che può derivare dalla cottura degli alimenti. Stando unicamente alla correlazione tra alimentazione e insorgenza di patologie come i tumori e malattie cardiovascolari, un altro aspetto critico di questo genere di studi è il focus fatto unicamente sul singolo alimento in termini di rischio: “La dieta ha un impatto sulla salute, ma indagare le conseguenze determinate da un singolo nutriente o da una categoria di alimenti è molto difficile. Inoltre – ha spiegato Chiara Segré, responsabile della supervisione scientifica di Fondazione Umberto Veronesi – occorre considerare che i comportamenti alimentari sono spesso associati ad altri aspetti dello stile di vita che possono influenzare il rischio: come l’abitudine al fumo, l’inattività fisica e il sovrappeso”. Ma non solo. Lo studio non prende in considerazione un altro aspetto fondamentale, quello degli impatti ambientali e del benessere animale sul rapporto che si determina tra alimentazione e salute.

Che lettura dare, dunque, a questo nuovo, ultimo studio sulle carni rosse? Lo dicono con chiarezza due tra le massime istituzioni internazionali che si occupano del tema, lo Aicr e il World Cancer Research Fund International dichiarandosi “non in accordo con l’interpretazione delle prove scientifiche condotta dallo studio” basato “su una interpretazione confusa dei risultatiGli esperti di patologie oncologiche – ribadiscono le due organizzazioni – concordano sul fatto che mangiare troppa carne rossa e carne trasformata aumenta il rischio di cancro intestinale e che alcune persone ne stanno già mangiando al di sopra della quantità raccomandata”.

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