Vitamina D nell’alimentazione vegana: tutto quello che c’è da sapere

La vitamina D è un nutriente fondamentale per il nostro organismo. Abbiamo intervistato la dott.ssa Silvia Goggi per saperne di più

Vitamina D nell'alimentazione vegana

Nutriente forse un po’ meno conosciuto rispetto alla vitamina B12, la cui assunzione da parte dei vegani è un tema molto sentito, la vitamina D è comunque essenziale per il nostro organismo ma forse sottovalutata. La nostra redazione ha quindi raggiunto la dottoressa Silvia Goggi, medico chirurgo e nutrizionista esperto in alimentazione vegetale, per capire di più dell’importanza di questo nutriente essenziale per la nostra salute.

Partiamo dalle basi: che cos’è e a cosa serve la vitamina D?

La funzione più conosciuta della vitamina D è quella di regolare l’assorbimento di calcio a livello intestinale, minimizzarne le perdite a livello renale e favorirne la deposizione a livello osseo. Negli ultimi anni la ricerca scientifica ha attribuito a questa vitamina numerosi altri effetti tra cui il potenziamento del sistema immunitario, la prevenzione delle malattie cardiovascolari e del diabete di tipo 1 e un ruolo nel funzionamento dell’asse riproduttivo nei due sessi.

Qual è il nostro fabbisogno giornaliero di questa vitamina?

Gli ultimi LARN (i Livelli di Assunzione di Riferimento per la popolazione Italiana) stimano fino all’anno di età un fabbisogno di 10 μg al giorno. Dall’anno fino ai 75 anni, il fabbisogno si assesta sui 15 μg al giorno. Negli anziani oltre i 75 anni il fabbisogno aumenta ulteriormente a 20 μg.

Questa vitamina è nota anche come “vitamina del sole”: è vero che l’esposizione ai raggi solari permette al nostro corpo di produrla autonomamente?

I raggi UV favoriscono la formazione di vitamina D3 (detta anche colecalciferolo, una delle possibili forme in cui si può trovare la vitamina D) a partire dal 7-deidrocolesterolo, un precursore che il nostro organismo è in grado di sintetizzare autonomamente.

E per quanto riguarda la dieta? Come assumerla attraverso gli alimenti?

La vitamina D negli alimenti si può trovare sotto forma di vitamina D2 (nei vegetali) o D3 (nei prodotti di origine animale). La vitamina D2 si trova ad esempio nelle verdure verdi in foglia, mentre la vitamina D3 si può trovare in alcuni pesci grassi, nel loro fegato e negli olii che ne derivano (es. aringa, sardina e salmone) e in minor quantità in uova e latticini. Entrambe seguono le stesse reazioni biochimiche per essere trasformate nella forma attiva, la 25-OH Vitamina D e quindi la sua provenienza è indifferente, l’alimentazione (onnivora, vegetariana o vegana) in ogni caso non è in grado di fornire più del 10% del fabbisogno di vitamina D. I raggi solari che ne permettono la sintesi endogena rimangono dunque l’unica fonte affidabile: in caso di esposizione insufficiente o inefficace si può pensare di ricorrere ad un integratore. Ma questo indipendentemente dal tipo di dieta!

Cosa fare per essere certi di assumerne le giuste quantità?

In condizioni ottimali sarebbero sufficienti 20-30 minuti di esposizione del volto e delle braccia 2-3 volte a settimana per sintetizzarne una quantità sufficiente.

È possibile incorrere in una carenza pur rispettando tutti gli accorgimenti necessari alla sua sintesi? 

È possibile ed è molto frequente: si stima che 8 persone su 10 in Italia abbiano una carenza di vitamina D, soprattutto nei mesi invernali e indipendentemente dal tipo di dieta seguita, onnivora o vegetariana/vegana. Questo è dovuto a diversi fattori: allo strato di smog che fa da schermo al passaggio dei raggi UV, al fatto che la nostra latitudine non è particolarmente favorevole, a una pigmentazione scura della pelle, all’uso di creme solari o all’abbigliamento.

Quali sono i sintomi di una carenza?

La carenza può correre asintomatica per parecchio tempo: spesso il riscontro è accidentale, sono ancora pochi i medici che la prescrivono di routine (per fortuna però il trend sta cambiando).
Una carenza di vitamina D si manifesta nei bambini come rachitismo (un difetto di ossificazione che può portare anche a deformità ossee) e come osteomalacia ed osteoporosi negli adulti, che può anche esordire in modo improvviso con fratture ossee spontanee.

E i rischi per l’organismo?

Una carenza di vitamina D, oltre a compromettere la mineralizzazione dell’osso, può alterare il funzionamento dell’organismo a diversi livelli: aumenta il rischio di sviluppare patologie su base autoimmunitaria e il rischio cardiovascolare, compromette la fertilità.

Chi segue una dieta a base vegetale deve fare ricorso a integratori di vitamina D?

Il ricorso a integratori o meno non va valutato in base al tipo di alimentazione: anche una dieta onnivora non apporta comunque più del 10% del fabbisogno! La carenza può insorgere o meno indipendentemente dalla dieta seguita: vanno valutati la frequenza e l’efficacia dell’esposizione al sole e i livelli plasmatici di partenza.

In commercio esistono diversi tipi di integratori di questa vitamina (D2, D3); quali scegliere?

Sicuramente innanzitutto un prodotto 100% vegan, dal momento che ne esistono diversi! A basse dosi, come quelle consigliate per il mantenimento di livelli ottimali, D2 e D3 si equivalgono. Ad alte dosi invece, che possono essere necessari nella fase di “attacco”, è più efficace la forma D3 della vitamina.

Come e ogni quanto si dovrebbe “misurare” il livello di vitamina D nel nostro organismo?

Lo stato della vitamina D si determina dosando i livelli plasmatici di 25-OH Vitamina D (una forma della vitamina parzialmente attivata) unitamente a quelli di paratormone, calcio e fosforo per avere un quadro più dettagliato. È raccomandabile, in occasione di esami ematici di routine, verificare anche il proprio stato della vitamina D almeno una volta nella vita. In caso ce ne fosse necessità si potrà correggere la carenza con una adeguata integrazione di attacco prima e di mantenimento poi, verificando i livelli di vitamina D nel sangue in modo periodico per evitare sovradosaggi (in ogni caso rari, perché i livelli di vitamina D salgono molto lentamente).

Ci sono particolari fasi della vita in cui è necessario monitorare più attentamente i livelli di vitamina D nell’organismo?

La vitamina D è importantissima durante l’infanzia e fino alla fine dell’adolescenza, in quanto le ossa fanno “scorta” del calcio che costituirà la base dello scheletro per il resto della vita.
In gravidanza è fondamentale per una corretta mineralizzazione delle ossa del nascituro.
Dopo la menopausa e comunque dopo i 50 anni in entrambi i sessi è utile verificare lo stato della vitamina D, poiché si è più soggetti alla comparsa di osteoporosi, a maggior ragione se si stanno effettuando delle terapie farmacologiche che potrebbero accelerarne la comparsa (ad esempio una terapia anti infiammatoria steroidea).

È possibile incorrere in un sovradosaggio di questa vitamina? 

La vitamina D, vista la sua natura lipidica, si accumula nel tessuto adiposo: una integrazione effettuata nel modo sbagliato o senza controllo medico può portare ad un sovradosaggio. Un eccesso di vitamina D porta ad ipercalcemia (elevati livelli di calcio nel sangue) che si manifesta con stipsi, perdita dell’appetito, vomito, e se non corretta può portare ad insufficienza renale per deposizione all’interno dei reni di sali di calcio.

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