Olio di palma, i rischi per la salute secondo l’Istituto di Sanità

Uno studio evidenzia come la dieta degli italiani sia troppo ricca di grassi saturi e stima apporti e rischi per la salute dei prodotti contenenti olio di palma.

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La dieta degli italiani continua a essere troppo ricca di grassi saturi. Anche per questo motivo, è consigliabile ridurre il consumo di prodotti contenenti olio di palma, soprattutto nell’alimentazione dei bambini. L’indicazione arriva dall’Istituto Superiore di Sanità, che su richiesta del Ministero della Salute ha elaborato un parere sulle conseguenze per la salute dell’utilizzo dell’olio di palma come ingrediente alimentare.

“La letteratura scientifica non riporta l’esistenza di componenti specifiche dell’olio di palma capaci di determinare effetti negativi sulla salute, ma riconduce questi ultimi al suo elevato contenuto di acidi grassi saturi rispetto ad altri grassi alimentari”, scrive l’Istituto. L’olio di palma risulta infatti composto per il 50% da acidi grassi saturi (quasi esclusivamente acido palmitico), per il 40% da acidi grassi monoinsaturi (acido oleico) e per il restante 10% da acidi grassi poliinsaturi (acido linoleico). Secondo gli studi scientifici in materia, proprio all’eccesso di grassi saturi nella dieta sarebbero collegati effetti negativi sulla salute, in particolare un aumento del rischio di patologie cardio-vascolari. Anche per questo, l’Istituto di Sanità ha deciso di fare chiarezza e stimare quale sia il contributo dell’olio di palma nell’assunzione complessiva di acidi grassi saturi nella dieta degli italiani

“Le stime di assunzione di acidi grassi saturi riportano un consumo nella popolazione generale adulta di circa 27 grammi al giorno, con un contributo dell’olio di palma stimato tra i 2,5 e i 4,7 grammi. Nei bambini di età 3-10 anni – ha calcolato l’Istituto – le stime indicano un consumo di acidi grassi saturi tra i 24 e 27 grammi al giorno, con un contributo di saturi da olio di palma tra i 4,4 e 7,7 grammi”. Una stima per difetto, in realtà, perché riconducibile agli ultimi dati disponibili del 2005-2006 e che, considerato l’aumento dell’importazione dell’olio di palma da parte dell’industria alimentare degli ultimi anni, potrebbe essere di gran lunga superiore. Complessivamente, il consumo totale di acidi grassi saturi nella popolazione adulta italiana, derivante dall’olio di palma ma anche dagli alimenti non trasformati che li contengono naturalmente come latte e derivati, uova e carne, si aggira intorno all’11,2% delle calorie totali. Nei bambini la percentuale sale ulteriormente in media fino al 12%. Una quota in ogni caso superiore a quel 10% che, secondo i principali organismi sanitari nazionali e internazionali, non dovrebbe essere superato per non incorrere in rischi per la salute.

Dal punto di vista nutrizionale, quindi, i fattori di rischio non sarebbero dovuti strettamente al solo consumo di prodotti contenenti olio di palma quanto piuttosto alla più generale composizione della dieta quotidiana, generalmente troppo ricca di grassi saturi, derivanti dall’olio di palma, ma anche da latte, carne e uova. L’Istituto Superiore di Sanità afferma infatti “che non ci sono evidenze dirette nella letteratura scientifica che l’olio di palma, come fonte di acidi grassi saturi, abbia un effetto diverso sul rischio cardiovascolare rispetto agli altri grassi con simile composizione percentuale di grassi saturi e mono/poliinsaturi, quali, ad esempio, il burro”.

Olio di palma assolto, dunque? Non proprio. Secondo l’Unione Olio di Palma Sostenibile, l’organizzazione fondata lo scorso anno da un gruppo di aziende e associazioni italiane per promuovere l’impiego sostenibile di questo alimento, il parere dell’Istituto avrebbe finalmente sfatato “gli inutili allarmismi nutrizionali” legati al consumo dei prodotti contenenti olio di palma (come evidenzia anche il video promozionale realizzato dall’organizzazione).

Il parere dell’Istituto di Sanità risulta in realtà più complesso. “Il consumo di olio di palma non è correlato all’aumento di fattori di rischio per malattie cardiovascolari nei soggetti normo-colesterolemici, normopeso, giovani e che assumano contemporaneamente le quantità adeguate di polinsaturi”, osserva infatti l’Iss. “Nel contempo – aggiunge però – fasce di popolazione quali bambini, anziani, dislipidemici, obesi, pazienti con pregressi eventi cardiovascolari, ipertesi possono presentare una maggiore vulnerabilità rispetto alla popolazione generale. Per tale ragione – consiglia quindi l’Istituto – nel contesto di un regime dietetico vario e bilanciato, comprendente alimenti naturalmente contenenti acidi grassi saturi (carne, latticini, uova), occorre ribadire la necessità di contenere il consumo di alimenti apportatori di elevate quantità di grassi saturi”.

Silvia De Bernardin

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