Uccidere i pesci in modo “umano”: c’è anche una app per imparare

Nato in Giappone e diffusosi poi in altri paesi, l’Iki-Jime consiste nel perforare il cervello dei pesci ancora vivi, per provocarne la morte cerebrale

ATTENZIONE: IMMAGINI FORTI

Si chiama Iki-Jime ed è quanto di più aberrante la mente umana possa concepire: si tratta di un metodo di uccisione dei pesci per la verità molto antico, diffuso soprattutto in Giappone, impiegato per mantenere una buona qualità della carne. Consiste nel bucare il cervello dei pesci appena pescati – e quindi ancora vivi – con un ago spesso, un coltello affilato o un cacciavite, per provocarne la morte cerebrale; fatto questo, si procede a perforarne il midollo spinale con un filo di ferro flessibile. A quel punto, si disseziona l’animale ormai immobile con un coltello.

Se praticato correttamente, l’Iki-Jime provoca la paralisi completa e immediata dell’animale; questo, secondo gli esperti, consente di ridurre o evitare la produzione di acido lattico nei tessuti, garantendo una carne dal sapore più buono. In più, questa pratica porta il sangue ad affluire nell’intestino, fornendo una carne dal colore più chiaro e brillante, considerata più appetibile specialmente nelle preparazioni a crudo come il sushi. Sono tanti i video dimostrativi online, il che rende l’idea di quanto sia diffusa questa pratica, anche al di fuori del Giappone.

Iki-Jime: la tecnica di uccisione “umana”?

Al di là dell’aspetto legato all’alimentazione, l’Iki-Jime è particolarmente apprezzato anche per i presunti risvolti etici: sul sito ufficiale dedicato a questa pratica, infatti, viene definito come una “tecnica umana” di uccisione, che rispetta i pesci e provoca loro il minor stress possibile, in alternativa al taglio della gola e alla morte del pesce per dissanguamento o per asfissia.

E a proposito del sito ufficiale, proprio qui si trovano consigli pratici su come eseguire l’Iki-Jime: oltre a suggerire gli strumenti di macellazione più adatti (con una pagina Facebook dedicata), il portale dispone di un “fish finder” che consente – inserendo i dati sul luogo di pesca e sul pesce pescato – di individuare più facilmente il punto in cui perforare il cervello dell’animale, anche attraverso immagini a raggi X (nella foto qui in basso).

iki-jime

Un’immagine prelevata dal sito ufficiale dedicato a questa pratica, che mostra il punto in cui perforare il cervello di un salmonide

Basta un’app per imparare la crudeltà e comprare una pistola

Esiste poi anche un’app dedicata, da scaricare e da utilizzare ovunque nel momento in cui si pesca: una banca dati pressoché illimitata per conoscere le varie specie di pesci e capire in che modo praticare l’Iki-Jime correttamente. Dallo shop del sito si può anche comprare la pistola captiva adatta e l’immobilizzatore per il pesce. Impossibile non fare il collegamento tra questo metodo di macellazione e quanto avviene ogni giorno nei mattatoi: qui c’è un ago o un cacciavite, negli allevamenti intensivi c’è invece la pistola captiva, uno strumento che “tramite l’esplosione di un’apposita cartuccia, espelle violentemente un punzone retrattile in grado di perforare la scatola cranica e provocare l’incoscienza dell’animale” (fonte: La vera bestia). Aberrazioni che non hanno niente di umano, non nel 2018, non quando mangiare carne o pesce non è più assolutamente necessario.

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