Magnum vegano in Australia: per i produttori di latte inganna i consumatori

Ancora una volta scoppia la polemica attorno a un prodotto vegano che viene accusato di indurre i consumatori a un acquisto sbagliato; l’Australia è l’ultimo paese, in ordine di tempo, in cui si è acceso il dibattito

gelato vegano

In Italia possiamo trovarlo già da qualche mese nei bar e sugli scaffali della grande distribuzione, ma in Australia ha fatto la sua comparsa soltanto questo mese, portando con sé non poche polemiche: parliamo del Magnum vegano, la versione senza latte vaccino (e a base, tra le altre cose, di proteine di piselli) del gelato più famoso del mondo. Come riporta il Guardian, sono i produttori di latte locali a non vedere di buon occhio l’arrivo di questa novità nel mercato australiano, considerata un problema per la salvaguardia degli interessi dell’industria lattiero-casearia.

Ancora una volta, il problema sembra risiedere tutto nel nome: questo Magnum – nonostante conservi in tutto e per tutto l’aspetto (e il sapore) di quello tradizionale – per i produttori di latte non può essere chiamato “gelato” perché non è a base di latte “vero”. Non solo per loro, in realtà: è la stessa legge australiana a regolamentare questa dicitura, affermando che si possa definire “gelato” solo un prodotto a base di panna o latte di derivazione animale. Ancora una volta, la polemica nasce (almeno apparentemente) a tutela del consumatore, nel tentativo di evitare che le persone possano acquistare “per sbaglio” un prodotto vegano al posto di uno tradizionale, indotti dalla dicitura fuorviante.

Una polemica alla quale Unilever, multinazionale che produce lo storico gelato sullo stecco fin dal 1989, ha risposto attraverso un portavoce affermando di non aver mai commercializzato il Magnum vegano come “gelato”, ma piuttosto come “prodotto vellutato a base vegetale che regala ‘un’esperienza cremosa’ senza bisogno di latte”, pensato in primis per i consumatori vegani ma non solo.

Prodotti vegani: ingannano i consumatori?

Il caso dell’Australia è solo l’ultimo di una lunga serie. Il tutto è partito con ironia sul web, quando un utente ha scatenato una polemica attorno alla denominazione di prodotti a base di tofu e olii vegetali: “Non chiamatelo ‘formaggio vegano’, chiamatelo Gary” (nella foto qui in basso il commento “incriminato”). Poi è stata la volta dei produttori produttori di carne UE, che si sono rivolti alla Commissione Europea addirittura per richiedere l’abolizione di prodotti vegani considerati “sostitutivi” di carne e insaccati. Il motivo? Prodotti come “salumi vegani”, wurstel o burger vegetali sarebbero lesivi per l’immagine dei veri alimenti a base di carne, dei quali scimmiotterebbero aspetto e nome per poi risultare a base di ingredienti completamente diversi.

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In Germania, invece, è stato il Ministro delle Politiche Agricole a scagliarsi contro wurstel e affettati “veg”, per vietare sulle confezioni di questi alimenti diciture che richiamino in qualche modo quelli a base di carne e derivati; ancora una volta, a tutela del consumatore che potrebbe essere indotto per errore ad acquistare questi prodotti.

Se la questione è chiusa per quanto riguarda prodotti che sostituiscono la carne (per la Commissione Europea il “meat sounding” non rappresenta un problema per il consumatore), diversa invece la situazione per il latte: con un pronunciamento del giugno 2017, la Corte Europea ha stabilito che “latte di soia non si può dire” (in ambito commerciale, si intende) dal momento che denominazioni come “«latte», «crema di latte o panna», «burro», «formaggio» e «yogurt», sono riservate ai prodotti di origine animale“.

prodotti vegani nomi ingannevoli

Onnivori VS vegani: le polemiche “non ufficiali”

Chi è vegano lo sa: sul web (ma non solo) esistono polemiche che vanno oltre quelle ufficiali da parte delle categorie di produttori; molte, moltissime persone, si scagliano quotidianamente contro ricette e prodotti vegani “che hanno il nome di“: un esempio tra tutti è la carbonara vegana, che certo non si chiama così perché preparata secondo la ricetta tradizionale, ma perché la ricorda specialmente nell’aspetto e nelle modalità di preparazione.

Eppure, sono tantissime le persone che vedono in questi prodotti una sorta di emulazione delle ricette a base di ingredienti di origine animale, come se i vegani ne sentissero la mancanza e volessero riportarli sulla propria tavola, almeno formalmente. Evidentemente non è così. Anche se bisogna chiarire che i vegani non combattono il gusto, ma la sostanza e quindi è sbagliato pensare che a chiunque sia vegano prima non piacessero carne e derivati, oppure uova e latticini, di sicuro i vegani sono tali per le motivazioni più disparate che, ne siamo convinti, non hanno nulla a che vedere con i sapori della cucina onnivora.

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