USA: 2 milioni di animali uccisi e gettati via, il sistema “carne” è in crisi a causa del Covid-19

A farne le spese, ancora una volta, gli animali e i lavoratori dei macelli: è in queste strutture che sono stati registrati i più grandi focolai americani del virus.

Quello che sta succedendo negli Stati Uniti all’industria della carne è solo una gigantesca cartina al tornasole che mostra il suo ennesimo lato inumano. Avevamo già parlato delle condizioni difficilissime dei lavoratori negli impianti di “trasformazione” della carne, ossia i luoghi in cui gli animali vengono macellati, sezionati e poi preparati per la vendita ai consumatori, ma a causa della pandemia, la loro situazione è persino peggiorata per non parlare di quella degli animali che sembra non conoscano nessun “lockdown”.

I focolai dei virus nei macelli

Il macello di Sioux Falls in South Dakota è stato il più grande focolaio della malattia Covid-19 di tutti gli Stati Uniti. Sono stati 644 i casi registrati su 3700 lavoratori. Le condizioni operative di chi lavora in queste strutture sembrano essere l’elenco di tutto quello che non andrebbe fatto per arginare l’avanzata del nuovo coronavirus: gli operai lavorano a ritmi velocissimi, ad alto tasso di stress, molto vicini fra loro e in continuo contatto con aerosol che provengono dalla lavorazione della carne. Sangue, feci e scarti della lavorazione dei corpi degli animali, stanchezza, sudore, turni massacranti per permettere la lavorazione di molti “pezzi” al minuto. In più molti di loro sono irregolari e se si ammalano o vanno al lavoro o lo perdono. Ma quello del South Dakota è solo uno dei casi registrati. Fra i lavoratori dei macelli negli Stati Uniti, secondo i Centers for Disease Control and Prevention, in 115 impianti di lavorazione della carne sono quasi 5mila i lavoratori che si sono ammalati e di questi 20 sono deceduti.

Trump ha lasciato gli stabilimenti aperti

Grazie al Defense Production Act, ossia una norma varata ai tempi del conflitto in Asia nordorientale all’inizio degli anni Cinquanta del secolo scorso, lo Stato impone alle aziende di produrre beni necessari o di cui c’è carenza. Il presidente Trump ha dichiarato alla fine di Aprile:

“È importante che i lavoratori dei macelli di carne di manzo, maiale e pollame nella catena di approvvigionamento alimentare continuino ad operare e ad evadere gli ordini per garantire una fornitura continua di proteine per gli americani”.

Ecco come è accaduto che gli “impianti di trasformazione” di animali allevati in modo intensivo, sistema che rappresenta un anello importantissimo della catena che porta dallo sfruttamento della natura alla nascita di nuovi virus, siano diventati nuovi, giganteschi focolai. La decisione di Trump sembra essere stata “suggerita” non troppo velatamente dalla lobby della carne stessa. Secondo alcuni analisti politici infatti, la pagina intera di pubblicità acquistata da Tyson Foods, uno dei più grandi produttori di carne degli Stati Uniti, sul New York Times, sul Washington Post e sulla Arkansas Democrat-Gazette (e che probabilmente è costato più di 200.000 dollari), affermava che milioni di chili di carne sarebbero “scomparsi” dalla catena di approvvigionamento alimentare.

Gli animali sono “troppi”: verranno uccisi e poi gettati via

In ogni caso, molti degli stabilimenti di lavorazione della carne hanno dovuto chiudere per alcune settimane o hanno riscontrato un calo nella produzione dovuto alla necessità di garantire il distanziamento sociale fra i lavoratori o semplicemente per la loro assenza. La maggior parte della carne negli USA viene prodotta da poche aziende (Tyson, Cargill…) e se rallentano loro, il sistema si inceppa. In più la chiusura di moltissime attività di ristorazione ha determinato anche la diminuzione delle richieste di prodotti. Questo significa meno animali uccisi? No.
Come ha spiegato The Food end Environment Reporting Network citato da un articolo del magazine Harvard Political Review: “Si tratta di un’orgia di rifiuti che farebbe rivoltare lo stomaco anche ai più pragmatici”. Ora quindi, gli animali  degli allevamenti sono troppi e di fronte al sovraffollamento, agli agricoltori vengono presentate due opzioni: limitare la loro crescita (tramite aborti indotti o trattenendo il cibo per limitare le dimensioni fisiche degli animali), o abbatterli. Per farlo ci sono vari metodi: Daybreak Foods Inc. ha recentemente utilizzato la saturazione di anidride carbonica per eutanasia di 61.000 galline ovaiole in Minnesota. Altre aziende possono scegliere di coprire migliaia di polli con uno strato di schiuma, che blocca le vie aeree degli uccelli e li soffoca gradualmente. L’American Veterinary Medical Association suggerisce anche l’arresto della ventilazione, che induce il cedimento degli organi con il rapido aumento delle temperature, come “forma appropriata” di eutanasia. Secondo alcune stime sarebbero 2 millioni gli animali già uccisi a causa di questa situazione.

La mappa mostrata dalla CNN spiega dove si trovano i casi di Covid-19 negli stabilimenti americani che producono carne

I lavoratori e le proteste: “Boicottiamo la carne”

Il problema è chiaro, ed è il sistema di produzione. Virus o non virus quello di allevare miliardi di esseri viventi in enormi quantità al fine di produrre più cibo insalubre (lo ricordiamo: carne rossa e carne processata sono stati segnalati, nell’ordine, come potenzialmente e sicuramente cancerogeni dall‘OMS) è una modalità che fa acqua da ogni lato (per usare un eufemismo): genera distruzione dell’ambiente, uccide miliardi di esseri viventi senza nessuna necessità (dato che sappiamo ormai bene che una dieta 100% vegetale è sicura, sana e anzi, preventiva per molte patologie) e mette in difficoltà migliaia di lavoratori, per la maggior parte immigrati che vengono fatti lavorare in stabilimenti che richiedono turni massacranti.

È recentissimo l’appello di Domingo Garcia presidente della League of United Latin American Citizens ossia la più grande e antica organizzazione ispanica degli Stati Uniti che conta circa 60 milioni di iscritti, sul tema dello sfruttamento dei lavoratori degli impianti di macellazione e produzione di carne che, per la maggior parte, appartengono proprio alla comunità latina degli Stati Uniti.

“Il messaggio che ci è stato inviato dalle azioni di Trump è chiarissimo: i profitti dei miliardari aziendali sono più importanti delle vite umane”.

Domingo in un’intervista alla CNN ha chiesto di boicottare la produzione di carne: “Chiediamo alla nostra comunità di 60 milioni di membri, e all’intero paese, di stare con i lavoratori essenziali e di non acquistare o consumare prodotti a base di carne una volta alla settimana per sottolineare la necessità di protezione per questi lavoratori, per l’intero mese di maggio”.


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