Un prodotto è vegano anche se “può contenere tracce di” ingredienti animali

La questione delle “tracce di” è molto chiara, ma la confusione sul tema (e su cosa dovrebbero fare allergici e vegani) è tanta

La vicenda della ragazza di Milano morta a causa di uno shock anafilattico dovuto alla presenza di proteine del latte in un tiramisù vegano ha riaperto il dibattito sulla questione delle etichettature dei prodotti senza ingredienti di origine animale, creando una grande confusione sulle diciture e su che cosa significhi “prodotto vegano”.

Quando un prodotto è vegano?

Un prodotto che acquistiamo in negozio o che consumiamo al ristorante o al bar, è vegano quando per realizzarlo non vengono utilizzati in ricetta ingredienti di origine animale come latte, burro, uova, miele, carne, pesce, crostacei, etc. Il veganismo è una filosofia alimentare nata ufficialmente nel 1944 ma che ha le sue radici nell’antica Grecia con i pitagorici. I motivi per i quali una persona vegana non consuma prodotti con ingredienti di origine animale possono essere diversi, ma prima fra tutti vi è la volontà con la propria scelta economica (non comprare), sociale (mostrare che non consuma) ed etica (non vuole ingerire quegli alimenti) di non partecipare ad un sistema economico e produttivo che sfrutta e uccide altri esseri viventi (insetti compresi). Esiste anche chi compie la scelta vegana per motivi legati alla salute, essendo questo regime alimentare ritenuto più salubre rispetto ad una dieta onnivora non bilanciata, ed eliminando di  fatto colesterolo, la maggior parte dei grassi saturi e introducendo molte fibre, vitamine, minerali.

Un prodotto che in etichetta presenta “Può contenere tracce di latte, uova” etc…, può ritenersi vegano?

Sì, un prodotto che in etichetta riporta le indicazioni, per legge, di una possibile contaminazione crociata, può ritenersi vegano e viene considerato tale anche da quelle realtà che, in Europa o nel mondo, certificano con un marchio un prodotto come “vegano”. Ma cosa significa “contaminazione crociata”? Secondo i protocolli di sicurezza alimentare definiti dagli standard HACCP, una contaminazione crociata è “il processo con cui i microbi vengono involontariamente trasferiti da una sostanza o da un oggetto all’altro, con effetti nocivi”.
Questo significa che, per esempio, un’azienda che produce bevande vegetali (di soia, di riso, etc.) e che nel suo stabilimento produce anche latte di origine animale, sarà tenuta in etichetta a segnalare che il prodotto potrebbe (ma non necessariamente) essere contaminato con tracce di sostanze animali (anche in parte infinitesimale). La Vegan Society, che dal 1990 certifica con i suoi procedimenti prodotti vegani spiega chiaramente che “chiede all’azienda che qualsiasi prodotto che desideri portare il marchio Vegan non contenga ingredienti di origine animale, non sia stato testato su animali (su iniziativa dell’azienda o per suo conto, o da soggetti sui quali l’azienda ha un effettivo controllo) e che la contaminazione crociata sia ridotta al minimo possibile”. Inoltre spiega: “Molti prodotti adatti ai vegani possono essere realizzati o preparati nella stessa struttura degli allergeni non vegani, a condizione che qualsiasi contaminazione incrociata sia gestita accuratamente”.

A supporto di questo, la FoodDrinkEurope, afferma che “la (potenziale) presenza di tracce involontarie di sostanze non vegane o non vegetariane non dovrebbe essere un ostacolo all’etichettatura di un prodotto come vegano o vegetariano fintanto che vengono prese misure ragionevoli per prevenire la contaminazione. Il marchio vegano della Vegan Society può essere applicato anche agli alimenti che riportano una dichiarazione ‘può contenere’, a condizione che vi siano solide prove che dimostrino che il rischio di contaminazione crociata ( o cross-contaminazione) è stato gestito in modo efficace”.

In questo articolo Corriere della Sera scrive un’inesattezza: un prodotto non cessa di essere vegano perché in etichetta è presente la dicitura “potrebbe contenere tracce di”.

Un prodotto certificato vegano è adatto per gli allergici alle sostanze di origine animale?

Non è detto che sia così. Va chiarito in modo inequivocabile che il marchio “vegan” su un prodotto non è garanzia dell’assenza di contaminanti di origine animale (allergeni). La stessa Vegan Society scrive: “Non sosteniamo che i prodotti registrati con il marchio Vegan siano adatti a persone con allergie ai prodotti di origine animale; ciò dipende dagli standard raggiunti dai singoli produttori”. Chi sa di avere allergie o intolleranze deve informarsi attraverso le etichette oppure direttamente dal produttore, sempre e comunque.

È possibile che un prodotto contenga tracce di prodotti di origine animale che non siano indicate in etichetta?

Secondo gli standard di sicurezza, no. Questi allergeni devono necessariamente essere indicati in etichetta proprio perché le conseguenze sulla salute dei consumatori possono essere molto gravi e portare persino al decesso di chi li consuma ignaro della loro presenza. Possono esserci degli errori umani? Certamente. In un laboratorio o in un’azienda possono crearsi le condizioni affinché un prodotto venga a contatto con un altro (per esempio: tagliare della carne con un coltello con il quale poi si taglierà del pane, usare lo stesso tagliere per verdure e crostacei, toccare con le mani contaminanti diversi senza prima averle lavate accuratamente con acqua calda e sapone, etc…) ma se ciò non viene valutato da certificatori esterni o auto dichiarato dall’azienda, sull’etichetta questa possibile contaminazione potrebbe non comparire. Queste situazioni, però, prevedono l’intervento delle autorità competenti in materia che provvedono alle indagini, al sequestro dei lotti di prodotti potenzialmente contaminati e alla verifica della regolarità delle certificazioni dell’azienda e della formazione dei dipendenti.

In sintesi, una persona allergica a qualche sostanza di origine animale può mangiare vegano con la certezza di non stare male?

No, perché la definizione di “vegano” non ha nulla a che vedere con quella di “privo di allergeni”, una definizione quest’ultima che prevede protocolli di verifica specifici per i singoli prodotti, aziende e anche aree geografiche.

Un vegano può mangiare, eticamente parlando, prodotti che “potrebbero contenere tracce di…”?

Sì, anche perché sarebbe davvero molto difficile poter acquistare sempre e solo prodotti che vengono realizzati da aziende che trattano solo alimenti vegetali: sono molto poche sia in Italia che all’estero. Come tutte le questioni di carattere etico, però, il confine è labile. Una persona vegana potrebbe decidere, per esempio, di voler acquistare prodotti che arrivano solo da aziende 100% vegane ma dovrebbe verificarlo personalmente, dato che non esistono protocolli di controllo o legislazioni a riguardo. In ogni caso va ricordato che la dicitura “potrebbe contenere tracce di” non significa che il prodotto che state mangiando contenga effettivamente ingredienti di origine animale bensì che potenzialmente anche solo una micro particella di un allergene (arachidi, soia, crostacei, uova, latte, etc.) potrebbe essere venuta a contatto con il prodotto in modo, ovviamente, non consapevole.

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