Fumetti vegetariani e vegani: da Dogbert a Ranma, passando per Dylan Dog

Non solo cinema e letteratura, anche il mondo dell’animazione e dei fumetti ha dato vita a personaggi vegetariani, portavoce di un chiaro messaggio animalista

Uno è un ingegnere elettronico scrupoloso e frustrato, un onesto lavoratore alle prese con gli ingranaggi arrugginiti di un sistema impiegatizio ottuso; l’altro è il suo cane vegetariano Dogbert il cui scopo nella vita è conquistare il mondo e assoggettare tutti gli umani. Dilbert e Dogbert sono i due protagonisti della pungente striscia satirica a fumetti creata nel 1989 dall’americano Scott Adams intitolata per l’appunto “Dilbert”.

Che coppia!

Nato inizialmente come personaggio secondario per far dialogare il protagonista umano con qualcuno, progressivamente il beagle Dogbert assume un ruolo sempre più centrale nella storia, diventando un vero e proprio antieroe e la personificazione oscura e cinica, megalomane ma anche spietatamente onesta, della personalità nascosta del suo autore.

Tramite le sue battute irriverenti e provocatorie Dogbert si prende gioco della stupidità umana, bacchetta il suo padrone senza sosta (anche se poi finisce sempre per proteggerlo e difenderlo nelle difficoltà) e nel suo essere vegetariano come l’autore Scott Adams, cerca di spiegare i perché di una scelta così insolita per un predatore come lui: “Non capisco perché tu, o chiunque altro, debba diventare vegetariano” chiede Dilbert al suo cane. “Vuoi dire perché non prendo animali morti, li cucino fino a quando non diventano cancerogeni e poi li mangio invece di mangiare qualcosa di nutriente? È questa la tua domanda?” risponde lapidario Dogbert; “Esatto. C’è una buona ragione? Sei entrato in una setta?”, “A quanto pare”.

Ma Dogbert non è l’unico vegetariano del fumetto: a fargli compagnia c’è il dinosauro ingenuo Bob (un altro animale nato carnivoro) che, nascostosi dall’estinzione in casa di Dilbert, dichiara in una striscia di mangiare solo ed esclusivamente vegetali.

“Vuoi un po’ di pollo, Bob?”// “Ti ho detto che sono vegetariano, mangio verdura”// “E i pesci? Mangi i pesci?”/ “I pesci non sono vegetali” // “E le vongole? Le mangi?” /”No, ma tu inizi a sembrarmi appetibile”

Non meno sferzante è lo stesso Scott Adams che alla domanda: “Cosa vorrebbe dire a tutti i fans di Dilbert e di Scott Adams riguardo alla scelta vegetariana?”, l’autore ha riposto: “Io non dò consigli, solo informazioni. Se pensate che la carne sia essenziale e benefica nella vostra alimentazione, studiate meglio l’argomento”.

Il vegan a fumetti

Il mondo dei cartoni animati e dei fumetti è popolato di personaggi, secondari o principali, nati vegetariani. Dai più celebri, come l’investigatore dell’occulto Dylan Dog e la piccola Lisa Simpson (con l’indiano Apu), ai più nascosti, ma famosi tra gli appassionati del genere. Gli amanti dei manga e degli anime giapponesi certo avranno ben presente il mitico Ranma Saotome, protagonista del manga Ranma 1/2 nato nel 1987 dalla china di Rumiko Takahashi che, tra una mirabolante avventura e un’inaspettata trasformazione da uomo a donna, dichiara al suo acerrimo nemico Ryoga Hibiki (alias l’adorabile porcellino nero P-Chan): “Se non fossi vegetariano ti mangerei“.

Fumetti vegetarianiRimanendo nel mondo dell’animazione giapponese non si può non citare Rei Ayanami, la taciturna e malinconica eroina della fortunatissima serie Neon Genesis Evangelion, nonché l’acrobata quattordicenne Nadia protagonista di un cartone famosissimo negli anni ’90 arrivato in Italia come Il mistero della pietra azzurra, in cui il tema principale che sottende la storia riguarda proprio il rapporto tra uomo e natura e i pericoli insiti nello sviluppo tecnologico.

“Carini e coccolosi” sono invece i protagonisti delle strisce a fumetti di Liz Climo: dolcissimi animaletti in un mondo senza ambientazioni si scambiano battute divertenti sull’attualità e riflessioni antispeciste con grande delicatezza e intelligenza.

E che dire del buffissimo Sid, il bradipo doppiato in Italia da Claudio Bisio, della saga L’era glaciale?  Nel terzo capitolo della serie targata Blue Sky Studios, il simpatico Sid cerca di insegnare a tre scettici (e molto affamati) cuccioli di dinosauro che lo stile di vita migliore per la salute è proprio quello vegetariano: “Noi non mangiamo animali vivi, punto”.

Anche se non contiene personaggi esplicitamente vegan friendly, forse vale la pena spendere due parole per la serie animata BoJack Horseman (disponibile su Netflix). In un mondo surreale dove animali parlanti antropomorfizzati condividono la scena con umani veri e propri, questo cartone animato nato nel 2014 affronta con ironia spietata le contraddizioni della società capitalista americana e molto spesso tocca temi delicati e controversi, anche inerenti all’ambiente e agli animali, con l’occhio onesto di una satira pungente ed intelligente. L’episodio 5 della seconda stagione, ad esempio, è dedicato all’allevamento intensivo dei polli. A contendersi il mercato del pollo fritto c’è, da un lato, la spietata Chicken 4 dayz il cui slogan è “mangia il pollo senza fare domande” e che “imbottisce i suoi polli di ormoni, tenendoli chiusi in gabbie minuscole”; dall’altro invece l’allevamento biologico Gentle Farms il cui gestore è niente di meno che un gallo (che ovviamente ben sa come trattare i suoi simili) e dove i polli posso addirittura giocare a calcio balilla e godere di “una vita meravigliosa”.

Oltre a ironizzare sul fatto che non esiste differenza fra l’allevamento intensivo e quello bio giacché tutti i polli, dell’uno e dell’altro allevamento, sono ugualmente destinati ad essere uccisi e spesso troppo giovani, quello che colpisce è la riflessione circa la presupposta differenza tra certi tipi di animali (gli amici) e tutti gli altri (il cibo). “Ehi, aspetta pà, ma noi siamo polli. Io non voglio essere mangiato” dice il figlio dell’allevatore-gallo nella pubblicità della Dolce Fattoria. “Figliolo, questi animali non sono come noi, vengono allevati per poi essere mangiati e sono geneticamente modificati per un sapore unico”, spiega il gallo agli spettatori precisando che ai pulcini vengono iniettati “con amore dei deliziosi ormoni naturali, rendendoli polli da tavola e spazzando il campo da possibili questioni morali”. Il paradosso è chiaro: polli umanizzati che allevano polli per essere mangiati (e che non riescono a parlare solo perché intontiti dai farmaci), ma chi decide che uno merita di vivere e l’altro no?

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