David Attenborough: mangiare carne “di qualità”? Un’ipocrisia della classe media

Nel presentare il suo ultimo documentario, il divulgatore britannico ha raccontato perché non dovremmo mangiare carne e come scegliere quella bio sia solo un paravento per la coscienza (anche la sua) in subbuglio

Diversi anni fa, ormai, ci fu chi come Micheal Pollan lo definì il “dilemma dell’onnivoro”, quello che attanaglia chiunque inizi a guadare al nostro sistema alimentare con maggior spirito critico, al di là delle abitudini consolidate e del paravento del marketing commerciale. Un dilemma capace di mettere in difficoltà chiunque si renda consapevole di quello che c’è dietro il nostro piatto, soprattutto quando questo qualcuno è un uomo illuminato, grande conoscitore della nostra amata Terra e dei pericoli che sta correndo ad opera dell’uomo, come David Attenborough. Il naturalista e divulgatore inglese, autore di alcuni tra i più bei film documentari di sempre dedicati alla natura e agli animali, sta presentando in questi giorni l’ultimo dei suoi lavori, “David Attenborough: A Life On Our Planet”, in uscita su Netflix Italia il prossimo 4 ottobre. Mangiare carne “ruspante”, ha detto il regista nel presentarlo, “è un’ipocrisia borghese”.

L’ipocrisia che agita la coscienza

In un’intervista a Radio Times, sir Attenborough ha raccontato di non ricordare da quanto tempo non mangi carne, “forse qualche anno”, ma che ogni tanto ciò accade: “Sono abbastanza benestante da permettermi carne di qualità, ma questa è un’ipocrisia della classe media“, ha detto non nascondendo come, quando gli capiti di mangiare pollo o pesce “abbia problemi con la coscienza. “Il pianeta – ha aggiunto – non può supportare miliardi di mangiatori di carne. Se tutti mangiassimo solo piante, avremmo bisogno solo della metà della terra che usiamo al momento”.

L’umanità a un bivio

Nel nuovo film in arrivo, il divulgatore britannico, 94 anni, ripercorre i momenti decisivi della sua vita e, in parallelo, quella che è stata la devastazione ambientale del Pianeta in quest’ultimo secolo. “Stiamo chiudendo la natura in cattività”, anticipa nel suggestivo trailer del documentario. “Questa è la mia testimonianza, la mia idea del futuro. La storia di come abbiamo commesso l’errore più grande. E di come, se agiamo ora, possiamo porvi rimedio”.

Proprio agli effetti dell’antropizzazione, alle conseguenze del riscaldamento globale e dell’inquinamento da plastica, Attenborough ha dedicato tutti i suoi ultimi anni di lavoro (con documentari recenti come Il nostro Pianeta e Cambiamento climatico: i fatti) e di impegno nell’opinione pubblica mondiale, anche “benedicendo” l’attivismo dei movimenti giovanili, come quelli guidati da Greta Thunberg e da Extinction Rebellion. Nel presentare l’ultimo film, non poteva mancare un riferimento a quanto sta accadendo con la diffusione del Covid-19: “Il mondo – ha detto Attenborough – è in un momento crucialeL’umanità – ha aggiunto – è a un bivio e penso che il mondo naturale sia davvero seriamente minacciato”. Il momento migliore, verrebbe da aggiungere, per ascoltare la propria coscienza e abbandonare le ipocrisie iniziando a scegliere un’alimentazione vegetale sana per la natura (e rispettosa degli animali). 

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