Plastica, nuovo report Wwf: “Effetto Covid, rischiamo un’epidemia di plastica”

In occasione della Giornata mondiale delle tartarughe, l’allarme: tra mascherine e cambiamento dei consumi, il virus ha frenato la lotta all’inquinamento da plastica con gravi conseguenze per ambiente ed ecosistemi

Dovevano essere gli anni del cambio di passo decisivo nella lotta all’inquinamento da plastica: potrebbero trasformarsi in quelli capaci di portarci dritti a una vera e propria “epidemia di plastica”. Complici l’uso massiccio (e lo scorretto smaltimento) delle mascherine anti-Covid e un netto cambiamento nelle abitudini di consumo indotto dalla pandemia, la sfida all’abuso di plastica, che pure prima del pandemia aveva iniziato a registrare passi in avanti significativi, ha subito nell’ultimo anno e mezzo una netta battuta d’arresto. E’ quanto emerge dall’ultimo report del Wwf  “La lotta al Covid frena quello all’inquinamento da plastica” diffuso in occasione della Giornata mondiale delle tartarughe marine del 16 giugno, che fa il punto sull’impatto della plastica su ecosistemi e ambiente.

Effetto Covid: le mascherine

Nella già complessa lotta all’inquinamento da plastica, rileva il Wwf, da più di un anno a questa parte si è inserita una variabile che, per numeri e impatto globale, rende la sfida ancora più difficile: le mascherine monouso. Dispositivi indispensabili per limitare contagi e diffusione del virus, sono realizzate in fibra di plastica: ne vengono usate mediamente 7 miliardi al giorno in tutto il mondo, 900 milioni solamente in Europa. In peso, stima il Wwf, si parla di 2700 tonnellate di plastica che finiscono quotidianamente tra i rifiuti o disperse in natura.

Nel migliore dei casi, il primo, pur smaltite correttamente, essendo costituite da plastica composita e potenzialmente infette, non possono essere avviate al recupero e riciclo. Nell’ipotesi peggiore, la seconda, non fanno che aggravare enormemente il problema dei rifiuti plastici che soffocano gli ecosistemi. In acqua, le mascherine tendono infatti a galleggiare, ma ne esistono di più pesanti, che affondano o restano sospese a tutte le profondità: sono stati già osservati pesci, tartarughe, mammiferi marini e uccelli che le hanno ingerite intere o sono rimasti vittime degli elastici. Le mascherine, inoltre, dopo poche settimane di permanenze nell’ambiente si frammentano in microfibre, che possono accumulare e rilasciare sostanze chimiche tossiche e microrganismi patogeni, a danno dell’ambiente ma anche della nostra salute.

Il cambiamento dei consumi

Quello delle mascherine, tuttavia, è solamente uno dei problemi e, forse, nemmeno il peggiore. L’impatto maggiore del Covid sull’inquinamento da plastica potrebbe derivare, infatti, dal cambiamento nelle abitudini e nei consumi verificatosi nell’ultimo anno e mezzo. Se pre-pandemia, ha calcolato il Wwf, si stimava intorno al 40-45%  il consumo di prodotti confezionati rispetto allo sfuso, con la pandemia si è arrivati al 60%. Non solo: il 46% delle persone che prima prediligeva lo sfuso è tornata ad acquistare prodotti imballati per effetto della cosiddetta “safe attitude”, cioè il ritenere più sicuri da contaminazioni i prodotti confezionati (anche se, a oggi, non sia stato segnalato alcun caso di trasmissione del virus attraverso il consumo di alimenti).

A incidere c’è poi l’aumento degli acquisti online e dei servizi di delivery del cibo, e con essi dei relativi imballaggi di plastica. Il monouso, spesso proprio in plastica, è stato adottato anche per tutti i bar e ristoranti obbligati per mesi al take away. E’ così –  l’allarme lanciato dal Wwf – che gli attuali 2 miliardi di tonnellate di rifiuti prodotti ogni anno potrebbero aumentare ulteriormente portandoci a una “epidemia di plastica”.

Un passo indietro

Numeri alla mano, quindi, la lotta al Covid si sta rilevando un freno fortissimo per quella alla plastica. E questo nonostante gli ultimi anni pre-pandemia fossero stati caratterizzati da una maggior sensibilità verso il problema sia a livello individuale che istituzionale.

Nel 2019, ricorda il Wwf, erano state 368 milioni le tonnellate di plastica prodotte globalmente, con un calo leggero, ma costante della produzione registrato in Europa. Proprio l’Unione europea ha varato nel 2020 la cosiddetta “Plastic Tax”, che in Italia, dopo svariati rinvii dovuti proprio alla pandemia, dovrebbe entrate in vigore a gennaio 2022. Sempre dal 1° gennaio 2021, inoltre, per l’Ue è diventato più difficile usare i Paesi in via di sviluppo come “discarica” per la plastica in applicazione della Convenzione di Basilea. E, ancora, da quest’anno sono stati banditi piatti, posate e cannucce di plastica grazie all’entrata in vigore della Direttiva (UE) 2019/904 il cui scopo è eliminare l’usa e getta e promuovere un approccio circolare ai consumi (in Italia dovrebbe entrare in vigore il prossimo 3 luglio).

Le tartarughe, vittime della plastica

Il Wwf ha scelto non a caso di pubblicare il suo ultimo report in occasione della Giornata mondiale delle tartarughe marine, che si celebra il 16 giugno. Proprio queste ultime sono, infatti, una delle specie maggiormente soggette a intrappolamento e ingestione di plastica: solo negli ultimi sei mesi delle 230 tartarughe marine che sono state trovate in difficoltà e portate nei centri di recupero Wwf di Molfetta e Policoro, circa 30 hanno rilasciato plastica nelle vasche o comunque avevano rifiuti di plastica nello stomaco o nell’intestino, che hanno provocato conseguenze più o meno gravi sulla loro salute.

In generale, ricorda ancora il Wwf, solo nell’ambiente marino, il numero di specie colpite da rifiuti plastici (di varia natura e di varie dimensioni) è aumentato di oltre il 159% nel periodo 1995-2015 (passando da 267 a 693 specie) e nei due anni successivi, dal 2015 al 2018, è ulteriormente raddoppiato arrivando a circa 1.465 specie. 

Cosa possiamo fare noi

Seppur i numeri, a livello globale, indicano una tendenza non certamente positiva, agire si può, a partire anche da piccole azioni quotidiane volte a ridurre, per prima cosa, proprio il consumo di plastica usa e getta. Se delle mascherine anti-Covid, per ora, non possiamo fare a meno, possiamo tuttavia smaltirle sempre correttamente e agire su altri aspetti delle nostre abitudini quotidiane: fare la spesa sfusa, prediligere l’acqua del rubinetto e la borraccia a quella in bottiglia, fare scelte “meno waste” in cucina, negli acquisti per l’igiene personale e della casa o in viaggio, sono azioni facili e alla portata di ciascuno di noi.

 

 

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