Veganismo: ecco 5 idee base per comprenderlo

Ci sono personaggi che, più di altri, hanno esposto il loro pensiero in modo chiaro e “gentile”: ecco cinque persone che parlano di vegan senza allontanare gli altri

Cosa rispondere agli onnivori

No, non si tratta di veganizzare il mondo. Il punto è ben diverso e ha a che vedere con il cambiare un sistema filosofico, politico, sociale (ed economico) che da sempre si basa su premesse e credenze vecchie e superabili, già fin da subito. Il nostro sistema di alimentazione è culturale, non esistono animali da mangiare e altri da coccolare, possiamo mangiare 100% vegetale già da oggi senza rischi per la salute e non c’è nessun buon motivo per non farlo. Facile. La possibilità di rendere più vegetale l’alimentazione mondiale non è solo un obiettivo da inguaribili sognatori, bensì una necessità molto pratica legata, per esempio, al cambiamento climatico.

Esistono dei pensatori, degli attivisti, che più di altri sono riusciti a sintetizzare idee e propositi sul percorso necessario verso un’alimentazione sempre più vicina al veganesimo. Le loro idee, le loro parole hanno una forza e una chiarezza particolari e la caratteristica che li accomuna è la capacità di non allontanare gli interlocutori bensì di incuriosirli e farli riflettere.

Melanie Joy: “Ricordiamo che tutti siamo stati onnivori”

È il tema del primo di una serie di video (qui in alto) realizzati dalla psicologa americana Melanie Joy e rivolti ai vegani che vogliano rafforzare le proprie argomentazioni, trovando al contempo un metodo più efficace per difendere la scelta vegan in modo chiaro e facilmente comprensibile a chi “sta dall’altra parte”. Questa idea permea anche il saggio “Perchè amiamo i cani, mangiamo i maiali e indossiamo le mucche”, per il quale la psicologa è famosa a livello internazionale: tutti noi, prima di diventare vegani, siamo stati vittime di quello che la Joy definisce “carnismo“, un sistema di credenze che ci viene imposto dalla società e in qualche modo istituzionalizzato e che, quindi, opera al di fuori della nostra consapevolezza e senza il nostro consenso.

Questa ideologia imposta ci porta a considerare giusto mangiare certi animali e non altri, ma senza pensare realmente a cosa stiamo facendo: se la “dittatura della consuetudine” ci porta a credere che mangiare carne sia “normale”, “naturale” e “necessario”, diventa invece indispensabile fare la connessione tra il cibo che mangiamo e la sua provenienza, senza dimenticare che tutti siamo stati vittime di questo sistema, che permea la società pur rimanendo efficacemente nascosto.

Da leggere: Perchè amiamo i cani, mangiamo i maiali e indossiamo le mucche


Tobias Leenaert: “Essere vegani non è la cosa più importante”

Attivista per i diritti degli animali impegnato a tentare di “veganizzare” il mondo, Tobias Leenaert lavora attraverso il suo blog “The vegan strategist” per rendere note le migliori strategie pratiche necessarie per veicolare il messaggio vegano a chi vegano non è. Tra le sue idee più significative c’è la questione legata a quello che mangiamo: Leenaert sostiene infatti che sia più importante l’impatto e l’effetto che la nostra comunicazione ha sugli altri che non quello che mettiamo nel piatto ogni giorno.

Tobias Leenaert

È quella che lui definisce “opinione lenta” a fare davvero la differenza, ovvero la capacità di non buttarsi in mezzo a un argomento senza averne una buona conoscenza, ma anche di empatizzare con chi ha un’opinione diversa dalla nostra, in modo da spiegare le proprie argomentazioni senza risultare aggressivi o offendere. Il tutto, sottolinea, senza avere la pretesa che gli altri prendano una decisione immediatamente: chi ci sta di fronte potrebbe avere bisogno di diverso tempo per riflettere su un determinato argomento, senza comunque arrivare alle nostre stesse conclusioni.

Da leggere: “How to create a vegan world”


Ed Winters: “Anche il singolo può fare la differenza”

Lo sostiene fermamente Ed Winters, noto sul web come Earthling Ed, attivista che nel 2006 ha aperto un canale Youtube per portare avanti la sua “missione”: dare voce ai miliardi di animali che ogni anno vengono uccisi, torturati e sfruttati dall’uomo, ma sempre con estrema gentilezza e buon senso. Durante il suo percorso come attivista, Ed si è distinto per la sua capacità di rispondere in maniera inconfutabile alle argomentazioni dei non vegani rispetto a questa scelta di vita: una capacità certamente non da tutti, che ha portato il giovane a raccogliere in un e-book scaricabile gratuitamente 50 motivazioni dei “carnisti” e 50 risposte logiche a queste argomentazioni.

Earthling Ed

Tra queste, spicca certamente quella all’obiezione che, prima o poi, qualunque vegetariano o vegano si è sentito fare almeno una volta, che riguarda l’inutilità di questa scelta personale su scala globale. Ed ci ricorda invece che ognuno di noi può essere fonte di ispirazione per gli altri e che qualsiasi cambiamento sociale, anche quelli più macroscopici, ha avuto origine dai singoli individui; se così non fosse, sostiene Ed, ancora oggi esisterebbero la schiavitù e l’apartheid.

Da leggere: 50 motivazioni dei “carnisti” e 50 risposte logiche a queste argomentazioni


 

Will Tuttle: “Siamo tutti vittime della dissonanza cognitiva”

“Siamo quello che mangiamo” sostengono in molti e tra questi anche Will Tuttle, autore del saggio ormai divenuto best seller “Cibo per la pace“, un vero e proprio manifesto a favore della scelta vegana e dei diritti animali. Secondo l’autore, il cibo è metafora di quello che siamo e ha una forte connotazione di carattere culturale. Nella nostra società, però, viene nascosto un aspetto fondamentale legato al nostro modo di alimentarci, ovvero il modo in cui gli animali vengono rinchiusi, maltrattati e poi uccisi per diventare il nostro cibo. Viviamo sotto quella che Tuttle definisce la più grande ombra culturale del nostro tempo, che mette a tacere la nostra intelligenza etica e ci impedisce di realizzare come realmente la produzione di carne sia frutto di sfruttamento e sofferenza, in quella che possiamo definire una vera e propria dissonanza cognitiva.

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Se è vero che gran parte della nostra identità, culturale e non, è data da quello che portiamo in tavola, mangiare carne frutto di violenza e sopraffazione non può che essere, secondo Tuttle, una delle concause della violenza che permea il mondo in cui viviamo.

Da leggere: Cibo per la pace


Susie Coston: “Conoscere gli animali cambia la prospettiva”

A dirlo è Susie Coston, ex veterinaria americana e ora direttore nazionale del Farm Sanctuary, la più grande organizzazione negli Stati Uniti che si occupa di salvare animali dagli allevamenti, donando loro una nuova vita. La donna racconta le storie dei “suoi” animali con tanto umorismo e grazia, con l’obiettivo di portare le persone a riconoscere negli animali individui con una vita e un carattere propri, e non più solo “macchinari” nati per soddisfare i bisogni dell’uomo.

Susie Coston

“Come tutte le persone, ognuno di questi animali ha un passato alle spalle – dichiara Susie – e la maggior parte di loro proviene da un luogo pieno di mancanze, ma una volta qui sono al sicuro. Sono convinta che se la maggior parte delle persone riuscisse a vederli per come sono davvero, non sarebbe più in grado di mangiarli“.

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