Sperimentazione animale, arriva la tassa: il no dei ricercatori

È legge la norma che prevede il pagamento di una “tassa” per il rilascio e il rinnovo delle autorizzazioni alle attività di ricerca che prevedono l’impiego di animali. Un incentivo allo sviluppo dei metodi alternativi, che però non piace ai ricercatori

Si riapre in Italia il dibattito sulla sperimentazione animale per scopi scientifici. A fine luglio è diventato, infatti, legge con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, il decreto che determina la cosiddetta “tassa” sugli esperimenti animali approvato lo scorso marzo. Un provvedimento accolto come un segnale incoraggiante delle associazioni animaliste e, invece, duramente criticato dai ricercatori, preoccupati che un nuovo “balzello” posso costituire un ulteriore impedimento alla ricerca in campo medico.

Cosa prevede la norma 

Il decreto, il numero 173 del Ministero della Salute, determina “le tariffe spettanti al Ministero ai fini del rilascio delle autorizzazioni relative alla protezione degli animali utilizzati a scopi scientifici”. Di fatto, il provvedimento dà attuazione a quanto previsto da una Direttiva europea del 2010 relativa proprio alla protezione degli animali nella sperimentazione scientifica e, in sostanza, prevede un tabellario di tariffe che gli istituti di ricerca dovranno versare d’ora in poi al Ministero della Salute al quale spetta esaminare le domande di autorizzazione, modifica o rinnovo delle attività che impiegano gli animali per la ricerca. Si parla di cifre contenute, che vanno dai 152 ai 1160 euro a seconda del procedimento che il Ministero dovrà seguire. 

La reazione degli animalisti

Una sorta di “tassa”, dunque, che, come ha fatto notare l’Enpa “può rappresentare un incentivo allo sviluppo e all’applicazione di metodi di ricerca a ‘crudeltà zero’”. Un obiettivo che, in effetti, il Ministero della Salute pare aver messo in agenda con l’istituzione ufficiale, lo scorso giugno, di un gruppo di lavoro per la promozione di metodi alternativi all’impiego di animali nelle sperimentazioni scientifiche del quale faranno parte, oltre ai rappresentati istituzionali, anche esperti sui metodi alternativi in bioetica e sperimentazione animale. L’iniziativa è stata presentata dal Ministro della Salute, Giulia Grillo, come uno “strumento di civiltà. Il monitoraggio delle sperimentazioni sull’utilizzo di animali – ha spiegato – è una conquista etica, ma anche scientifica. Occorre bilanciare gli interessi della ricerca e della scienza con la necessità di andare oltre i metodi tradizionali per ridurre al massimo fino a superare l’utilizzo degli animali”.

Il no dei ricercatori 

Sulla tassa, però, è arrivata immediata la protesta dei ricercatori, che hanno chiesto al Governo una moratoria. Sei società scientifiche (Società italiana di Farmacologia, Tossicologia, Neurologia, Neuroscienze, Fisiologia, Immunologia Clinica e Allergologia) e il presidente dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Silvio Garattini, hanno infatti scritto una lettera ai Ministri della Salute, dell’Economia e dell’Istruzione nelle quale sostengono che le tariffe rappresentano “un ulteriore aggravio economico e amministrativo allo svolgimento delle ricerche indipendenti” in un quadro già complesso come è quello della ricerca in Italia. Eppure, sono proprio i ricercatori a far notare come la tariffazione sulla sperimentazione animale fosse attesa già dal 2014, necessaria, se non altro, perché l’Italia si adeguasse a quanto previsto in materia a livello europeo.

Il tema è quella della salvaguardia del benessere animale, ma anche dell’innovazione nel campo della ricerca medica e farmacologica. “È davvero difficile comprendere come i nostri ricercatori, invece di percorrere la strada che porta allo sviluppo di tecnologie di ultima generazione – fa infatti notare l’Enpa – si arrocchino a difesa di sistemi ottocenteschi, scientificamente non validi e superati anche dal punto di vista etico” con il rischio “di perdere una volta per tutte il treno dell’innovazione”.

Rimane ora da vedere se e come il Ministero accoglierà le richieste dei ricercatori. Il sottosegretario alla Salute, Armando Bartolazzi, ha fatto sapere che potrebbe esserci una “rimodulazione” della norma per snellire le procedure. C’è da augurarsi che ciò non rappresenti un passo indietro, anche a fronte dell’impegno assunto recentemente dal Governo con l’istituzione del gruppo di lavoro per la promozione dei metodi alternativi. Proprio il Ministro Grillo, non più tardi di qualche settimana fa, ha infatti ribadito come l’indirizzo dell’attuale Governo sia quello di “una sperimentazione il più possibile incruenta e, in prospettiva, per il superamento dell’uso degli animali. Il nostro compito – ha detto – è quello di favorire il progresso scientifico e, allo stesso tempo, cercare alternative all’utilizzo di animali per i trial. Non sarà un processo immediato, ma non è un obiettivo impossibile da raggiungere”.

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