Suini torturati negli allevamenti: “È la prassi, la grande distribuzione può cambiare le cose”

Essere Animali lancia una petizione per chiedere che la grande distribuzione dica “no” a prodotti che arrivano da allevamenti intensivi in cui si pratichino attività illegali e che provocano sofferenze agli animali

Una nuova indagine condotta dall’associazione Essere Animali documenta le condizioni aberranti in cui vivono oltre 9 milioni di suini all’interno degli allevamenti intensivi italiani: questa volta i riflettori sono puntati sulle scrofe gravide e poi in gestazione – costrette a trascorrere gran parte della propria vita rinchiuse all’interno di gabbie piccolissime – ma anche sui suinetti di pochi giorni, castrati e mutilati (illegalmente) senza l’impiego di farmaci anestetizzanti e analgesici. Il campione delle aziende prese in considerazione, dislocate tutte tra il nord e il centro Italia, è piuttosto ampio (le immagini provengono infatti da 20 allevamenti diversi) e comprende anche strutture che hanno ottenuto la certificazione DOP.

“Siamo di fronte a un problema diffuso e strutturale che coinvolge l’intera industria alimentare in Italia ed è causa di ingiustificata sofferenza per animali sensibili e intelligenti – dichiarano i portavoce di Essere Animali – Con la diffusione di questa indagine lanciamo la campagna #SOSpig, con la quale ci rivolgiamo con una petizione alla grande distribuzione organizzata, affinché le catene di supermercati si impegnino ad abbandonare queste pratiche terribili”.

La richiesta, infatti, prevede che i supermercati prendano una posizione netta riguardo a queste pratiche, rifornendosi solo presso allevamenti che abbiano eliminato l’utilizzo delle gabbie per le scrofe e le procedure di mutilazione per i suinetti.

“La Grande Distribuzione Organizzata detiene la quota principale del mercato, può quindi influenzare i produttori e allo stesso tempo deve tenere conto delle richieste delle persone in quanto consumatori” dichiara l’associazione animalista.

Allevamenti di suini in Italia: pratiche anacronistiche e illegali sono la norma?

Le immagini ottenute da Essere Animali, anche attraverso infiltrati che hanno lavorato all’interno degli allevamenti muniti di telecamere nascoste, mostrano realtà aberranti: le scrofe da riproduzione, che in Italia sono oltre 500mila, sono costrette a vivere gran parte della loro vita all’interno di gabbie così piccole da impedire loro perfino di girarsi, in un ciclo di gestazione che si ripete 5-7 volte prima che la loro produttività cali e vengano per questo mandate al macello. Nella prima fase, che inizia con l’inseminazione artificiale, “le scrofe sono letteralmente incastrate tra le gabbie, con il corpo martoriato di piaghe e infezioni dovute al continuo sfregamento contro le sbarre – affermano i portavoce di Essere Animali – Ma la sofferenza è anche psicologica. I maiali infatti se privati di ogni stimolo manifestano apatia e comportamenti stereotipati, come lo scuotimento ripetuto del capo”.

Ciclo di vita scrofe allevamenti italiani

Una tortura che non termina con il parto ma che anzi, se possibile, si aggrava ulteriormente perché ben presto si estende anche ai cuccioli: taglio della coda e castrazione chirurgica, nei 20 allevamenti sotto inchiesta, sono risultati all’ordine del giorno sui suinetti di pochi giorni di vita, anche se Essere Animali ricorda che “il taglio sistematico della coda è una pratica illegale, eppure effettuata sul 98% dei maiali allevati in Italia, come evidenziato dalla Commissione Europea in un audit realizzato nel novembre 2017″. Tutto questo, in teoria, allo scopo di evitare atti di cannibalismo – frequente quando i maiali vivono in condizioni di forte stress psico-fisico – anche se si tratta di un fenomeno che andrebbe limitato fornendo agli animali i giusti arricchimenti ambientali. Per quanto riguarda la castrazione, si effettua per prevenire il cattivo sapore nella carne (quello che viene definito “odore di verro”), ma richiede l’impiego di farmaci anestetici per legge solo se effettuata da medici veterinari e su maiali con più di sette giorni di vita; per il resto, invece, si pratica “a tappeto” in queste modalità. “L’operazione causa dolore intenso e persistente – affermano i portavoce di Essere Animali – I suinetti urlano e si dimenano di fronte alla madre, ma non viene somministrato loro nulla per alleviare il dolore. In molti allevamenti abbiamo documentato anche frequenti illegalità, come castrazioni effettuate da operatori dell’allevamento senza anestesia e analgesia su maiali con più di sette giorni di vita”.

Il parere degli esperti

Veterinari, etologi ed esperti di benessere animale hanno detto la loro a riguardo: il dottor Enrico Moriconi, Medico Veterinario e Consulente Tecnico Etologia e Benessere Animale, ritiene che

 “le condizioni di stabulazione delle scrofe e delle scrofette nelle gabbie di gestazione determinano una sofferenza fisiologica per l’immobilità e le conseguenze sulla muscolatura”.

Dello stesso parere anche il dottor Luciano O. Atzori, Biologo ed Esperto in Sicurezza degli Alimenti e in Tutela della Salute, che ricorda come

“in pochi sanno che i suini provano paura, gioia, affetto e altre emozioni che spesso, ovviamente, non riescono ad esternare per le brutali condizioni nelle quali sono costretti a vivere. Sono esseri senzienti e sofferenti ai quali in condizioni di stress fisico ed emotivo viene negata la propria natura“.

La dottoressa Manuela Martinetti, Medico Veterinario e Ispettore delle Carni si schiera con Essere Animali per la battaglia contro lo spazio insufficiente concesso agli animali:

“È inconcepibile che creature senzienti e sensibili e, nel caso dei suini, particolarmente intelligenti, siano confinati in tali orridi e angusti spazi, oppure mutilati in una logica da catena di montaggio”.

L’obiettivo dell’associazione, dunque, è quello di influenzare i metodi produttivi attraverso la richiesta veicolata tramite le catene di supermercati, ma rimane fondamentale anche il ruolo di noi consumatori che indirizziamo l’andamento del mercato attraverso quello che scegliamo di mettere (o non mettere) nel carrello ogni giorno. Ciò che chiede l’associazione,inoltre, è qualcosa che altri stati dell’Unione Europea e non hanno già ottenuto da tempo: come spiegato dall’associazione ai nostri microfoni, per esempio “le gabbie di gestazione sono illegali in Regno Unito e Svezia, mentre in Australia l’industria suinicola ha abbandonato volontariamente il loro utilizzo su pressione dei consumatori; allo stesso modo dieci stati dell’America e alcune regioni della Nuova Zelanda le hanno gradualmente eliminate”. Lo stesso si può dire per la castrazione chirurgica – in Olanda, per esempio, nessun supermercato accetta più carne di suini castrati per il mercato interno – e per la mutilazione della coda, vietata in Svezia, Norvegia, Finlandia e Svizzera. L’Italia, invece, rimane nel novero dei numerosi stati in cui questi progressi non sono stati ancora raggiunti.

Crediti foto in apertura: Essere Animali

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