Oxford: linee guida alimentari quasi tutte da cambiare se si vuole più salute e meno inquinamento

Uno studio per la prima volta mette a confronto le linee guida nazionali dei singoli paesi con i riferimenti dettati da Oms e The Lancet.

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Il British Medical Journal ha pubblicato uno studio realizzato dall’Università di Oxford che, per la prima volta, ha messo a confronto le linee guida nutrizionali di 85 paesi con le indicazioni sia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, sia con le indicazioni del The Eat-Lancet, studio completissimo del 2019 redatto da 34 esperti di tutto il mondo sul tema alimentazione e impatto ambientale. Il risultato è che, seguendo rigidamente le linee guida proposte dagli Stati, i benefici sulla salute e sul pianeta non sarebbero così decisivi come richiesto da numerosi accordi sul clima, fra i quali quello di Parigi. Inoltre, dato interessante, sarebbero troppe le porzioni di carni rosse consigliate dalle indicazioni analizzate.

Non basta

Il problema emerso grazie a questo studio è dirimente. Ben 83 linee guida alimentari su le 85 analizzate non sarebbero sufficienti (seppur seguite alla lettera) per raggiungere nemmeno uno degli obiettivi per la salute e per il clima fissati in questi utili anni. Il perno principale è la scarsa quantità di frutta, verdura, cereali integrali e frutta secca segnalati nelle indicazioni nutrizionali e la quantità di carni rosse, sempre troppo elevate.

Lo studio di Oxford, condotto dal team capitanato dal professor Lukas Schwingshackl, spiega che le migliori indicazioni sul tema di come orientare le proprie abitudini alimentari per avere una salute migliore e un minore impatto sull’ambiente sono quelle pubblicate nel 2019 da The Lancet con il documento realizzato dalla The Eat Lancet Commission on food, che ha visto 37 scienziati di fama mondiale provenienti da tutto il mondo riunirsi per rispondere a questa domanda:
“Possiamo nutrire una futura popolazione di 10 miliardi di persone con una dieta sana all’interno dei confini del pianeta?”.
La risposta è che è possibile ma che la chiave di volta è l’alimentazione a base vegetale: “
Una dieta di riferimento universale e sana – si legge nel documento – è basata su un aumento del consumo di alimenti sani (come verdura, frutta, cereali integrali, legumi e frutta secca) e una diminuzione del consumo di alimenti non sani (come la carne rossa, lo zucchero e i cereali raffinati). Ciò apporterebbe importanti benefici per la salute, oltre ad aumentare la probabilità di raggiungere gli obiettivi riguardanti lo sviluppo sostenibile”.

Pomodori colorati e zucchine ai pinoli e maggiorana

Verdure, frutta, cereali integrali e frutta secca: questa dovrebbe essere la base dell’alimentazione mondiale per garantire maggiore salute e un minore impatto sul clima

Dato che “Le malattie non trasmissibili hanno contribuito a più del 70% dei decessi totali in tutto il mondo nel 2017” lo studio di Oxford mostra come, seguendo alla lettera le linee guida alimentari proposte da The Lancet, la percentuale di miglioramento su questo fronte sarebbe del 34% superiore alle linee guida nazionali che si fermano al 15%. Insomma, seguire le linee guida diramate dai singoli stati non solo non sarebbe sufficiente ma queste linee potrebbero essere soppiantate con un successo di più del doppio della percentuale sulla diminuzione delle morti per malattie non trasmissibili, facendo riferimento alle linee guida di The Lancet. Stessa cosa dicasi per l’impatto ambientale: le linee guida alimentari dei singoli stati permetterebbero una diminuzione delle emissioni di Co2-equivalente del 13%, mentre con le linee di The Lancet si avrebbe un dato tre volte superiore con una diminuzione del quasi 40%.

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