IPCC, il nuovo report: “Non c’è più tempo, le conseguenze sul clima sono irreversibili”

Le conseguenze della crisi climatica le stiamo già vedendo e vivendo: il gruppo di studio dell’ONU non pone accenti ottimistici e mostra solo una fotografia di un futuro terribile

Ci vorrebbero circa 20 o 30 anni affinché le conseguenze positive di un vero taglio attuato ora alle emissioni di gas serra derivanti da attività umane portassero i suoi frutti sulla qualità dell’aria e su eventi meteorologici estremi. Ma questo taglio, ormai lo abbiamo capito anche dall’esito del pre summit sull’alimentazione tenutosi a Roma qualche settimana fa, non ci sarà.

Il comunicato stampa che accompagna l’annuncio dei dati del sesto report realizzato dall’IPCC, ossia l’ente creato nel 1988 dall’ONU per studiare e valutare gli impatti sul clima delle attività umane, è duro e fosco.
“Il report è una fotografia della realtà, ora abbiamo un quadro molto più chiaro del clima passato, presente e futuro, che è essenziale per capire dove siamo diretti, cosa si può fare e come ci possiamo preparare” ha detto la co-presidente del gruppo di lavoro I dell’IPCC, Valérie Masson-Delmotte. E sta tutto lì il punto “come ci possiamo preparare“, le promesse e gli accordi mancati sulle riduzioni delle emissioni da parte di molti paesi mondiali, è una firma sulla condanna ad un futuro incontrollabile, con estati sempre più calde, eventi atmosferici catastrofici – come quelli che già stiamo osservando anche in questa estate 2021 – sempre più frequenti e danni, già da ora, completamente irreversibili.

Dal 2018, Greta Thunberg, ispira milioni di giovani in tutto il mondo a contrastare la crisi climatica ma anche le sue grida sono rimaste senza risposta da parte della politica internazionale

“Molti dei cambiamenti osservati nel clima – si legge nella nota stampa dell’IPCC – sono senza precedenti da migliaia, se non centinaia di migliaia di anni, e alcuni dei cambiamenti già messi in moto – come il continuo aumento del livello del mare – sono irreversibili per centinaia o migliaia di anni”. Insomma, quello che si può fare adesso, in alcuni casi, è stare a guardare, mentre la politica continua la sua marcia senza freno verso un modello di crescita esponenziale che – sembra quasi retorico dirlo – non è più sostenibile.

Nel report il gruppo di lavoro, composto da 234 scienziati ed esperti provenienti da 66 paesi diversi, ai quali si aggiungono 517 autori che hanno portato anch’essi il loro contributo, vengono elencate solo alcune delle conseguenze con le quali dovremo fare i conti e che saranno diverse a seconda delle regioni del mondo alle quali si fa riferimento:

  • Il cambiamento climatico sta intensificando il ciclo dell’acqua. Questo porta piogge più intense e inondazioni associate, così come una più intensa siccità in molte regioni.
  • Il cambiamento climatico sta influenzando i modelli delle precipitazioni. Alle alte latitudini, è probabile che le precipitazioni aumentino, mentre si prevede che diminuiscano in gran parte delle regioni subtropicali. Sono attesi cambiamenti nelle precipitazioni monsoniche, che varieranno a seconda della regione.
  • Le aree costiere vedranno un continuo aumento del livello del mare per tutto il XXI secolo, contribuendo a inondazioni costiere più frequenti e gravi nelle aree basse e all’erosione costiera. Eventi estremi del livello del mare, che prima si verificavano una volta ogni 100 anni, potrebbero verificarsi ogni anno entro la fine di questo secolo.
  • Un ulteriore riscaldamento amplificherà lo scioglimento del permafrost, e la perdita di copertura nevosa stagionale, lo scioglimento dei ghiacciai e delle lastre di ghiaccio, e la perdita del ghiaccio marino artico estivo.
  • I cambiamenti nell’oceano, incluso il riscaldamento, le ondate di calore marine più frequenti, l’acidificazione degli oceani e la riduzione dei livelli di ossigeno sono stati chiaramente collegati all’influenza umana. Questi cambiamenti influenzano sia gli ecosistemi oceanici che le persone che dipendono da essi, e continueranno almeno per il resto di questo secolo.
  • Per le città, alcuni aspetti del cambiamento climatico possono essere amplificati, incluso il calore (dato che le aree urbane sono di solito più calde delle zone non urbanizzate), le inondazioni dovute a forti precipitazioni e l’aumento del livello del mare nelle città costiere.

Gli allevamenti intensivi contribuiscono per il 14,5% alle emissioni di gas serra mondiali

Un panorama che non dobbiamo sforzarci di immaginare dato che è facile vederne gli effetti già ora aprendo qualsiasi giornale o guardando qualsiasi notiziario. “Il ruolo dell’uomo rispetto a questa situazione è ormai fuori discussione – continua Valérie Masson-Delmott – quello che va fatto è stabilizzare il clima e ciò richiederà riduzioni forti, rapide e sostenute delle emissioni di gas serra, e il raggiungimento di emissioni nette di CO2 pari a zero. Limitare altri gas serra e inquinanti atmosferici, specialmente il metano, potrebbe avere dei benefici sia per la salute che per il clima”.

La foto di apertura è di Dave Herring per Unsplash

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