Gandhi, la persona dietro il mito: 5 cose che fece come tutti noi

La storia del Mahatma attraverso 5 episodi del suo percorso verso la scelta vegetariana che possono insegnarci molto.

“La grandezza di una nazione e il suo progresso morale si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali”

Questa è solo una delle tante citazioni di Gandhi, filosofo e promotore del pensiero non violento, prese a monito da tanti di coloro che condividono una filosofia di vita basata sul rispetto di tutte le creature viventi. E’ vero però che troppo spesso ricordiamo le idee ma conosciamo poco di chi le ha rese forti e fondanti, ma dietro ogni citazione c’è una persona, un percorso soggettivo, debolezze, speranze e volontà.

L’articolo non ha la pretesa di dipingere un Gandhi inedito, ma semplicemente di raccontare la storia dietro la storia, portando alla luce il percorso dell’uomo prima ancora che diventasse “mito” e simbolo. Perché la storia di Gandhi potrebbe essere quella di molti di noi.

1. La ricerca dell’individualità

L’iniziazione di Gandhi alla dieta vegetale inizia in maniera particolare: non avviene per sua spontanea volontà ma a causa del contesto culturale nel quale è immerso. Nasce e cresce in una famiglia di induisti modello, la madre, molto religiosa, educò il figlio secondo gli insegnamenti basati sui Veda, corpus di letteratura sacra induista: Si diventa degni della salvezza quando non si uccide alcun essere vivente” si legge nei testi, e ancora: “Chi uccide gli animali, non può provare piacere nel messaggio della verità assoluta”. Questo è l’ambiente quotidiano del giovane Gandhi, ma la religione con le sue regole imposte dall’alto non fecero subito breccia nell’animo del ragazzo, desideroso, come tutti gli adolescenti, di trovare da solo la propria strada, libero da ogni imposizione. L’alimentazione vegetale, imposta, divenne una sorta di regola da infrangere.

2. Gli utili incidenti di percorso

L’età della ribellione arrivò anche per il futuro Mahatma: la sua trasgressione fu quella di mangiare carne insieme ad un amico. Egli gli assicurò che il gesto lo avrebbe reso forte e coraggioso; i suoi compagni, infatti, attribuivano al mangiare carne, la capacità degli inglesi di dominare l’India grazie ad una forza superiore. L’allora influenzabile e suggestionabile Gandhi cedette, ma questo episodio si rivelò indispensabile per la costruzione del suo futuro impegno animalista. Un “peccato” quello delle libagioni a base animale che non confessò mai ai suoi genitori e che gli procurò rimorsi e incubi notturni nei quali appariva, come si scopre in alcune biografie accurate, “una capra viva che belava dentro di lui”.

3. La ricerca disperata di locali in cui mangiare

Ed eccoci arrivati al punto cruciale: la ricerca dei ristoranti vegani. Anche Gandhi affrontò le piccole difficoltà giornaliere di una scelta alimentare “diversa” a causa di un contesto poco preparato. Ha 18 anni Gandhi quando prende la decisione di studiare legge in Inghilterra, la madre restia all’idea, alla fine acconsente ma non senza compromessi: il figlio doveva impegnarsi seriamente a non mangiare carne. Gandhi prese molto seriamente il voto dato il forte rispetto che nutriva verso la madre e si impegnò a fondo. Di certo non fu facile: immaginate le strade di una Londra del fine 800 e la ricerca disperata di un posto dove mangiare. Vi ricorda qualcosa? La ricerca non fu facile ma già allora alcuni locali della grande città accontentavano le richieste di chi non mangiava carne e fu proprio in uno di questi locali che Gandhi conobbe i membri della Società Teosofica (fondata nel 1875 da H.P. Blavatsky con lo scopo di stabilire una fratellanza universale) i quali lo incoraggiarono a studiare le religioni ma soprattutto la propria, al fine di scoprirne i fondamenti, compreso quello alla base della sua scelta vegetariana compiuta dal giovane studente fino a quel momento in modo inconsapevole.

4. La lettura che ti cambia la vita

Non è raro scegliere di seguire un’alimentazione a base vegetale dopo aver letto un libro sul tema. Non fu diverso neppure per Gandhi: sempre in un ristorante trovò una copia del libro di Henry SaltLa giustificazione del vegetarismo“: leggerlo rappresentò la svolta decisiva per il giovane studente indiano. Il libro di Salt lo aveva convinto della motivazione morale e delle basi etiche che sottostavano a quell’abitudine che per lui era sempre e solamente stata imposta dalla propria famiglia a causa del proprio credo religioso.

“Da quando ho letto questo libro, posso dire di essere diventato vegetariano per scelta”.

5. Il confronto con gli altri

Sergio Michilini, BUONGIORNO SIGNORI TOLSTOJ E GANDHI, 2012, olio su tela, cm.70×73

Compiere scelte importanti durante la propria vita spesso ci porta ad avere la necessità di un confronto con altri per cercare una guida, un’ispirazione. Gandhi decise di intraprendere molte conversazioni epistolari con esponenti illustri di una dieta che escludesse completamente gli animali. Tra questi decisivo fu il carteggio con Lev Tolstoj, (7 lettere che poi l’autore russo chiese al futuro Mahatma di pubblicare con il titolo “Lettere ad un’indù): “A quel tempo credevo nella violenza – scrisse Gandhi nel 1928 – la sua lettura mi guarì dal mio scetticismo e fece di me un fermo credente nell’ahimsa (non violenza, ndr)”.

La storia di Gandhi e del suo percorso può raccontarci molto sulle strade di tutti noi, sull’innalzarsi su piedistalli fatti di purezza etica e su un punto ancora più importante: chiunque può fare la differenza.

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