Olio di palma, l’EFSA conferma: “Il glicerolo è cancerogeno”

L’olio di palma continua a far discutere: l’EFSA mette in guardia l’opinione pubblica sui rischi legati a un abuso di alimenti contenenti oli e grassi di palma, specialmente nei bambini

Olio di palma EFSAL’olio di palma fa male: a confermarlo un dossier dell’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare). Dopo un decennio di studi scrupolosi e certosini è stato ufficialmente stabilito che pur trattandosi di un derivato vegetale, si tratta a tutti gli effetti di un “grasso saturo” e come tale il suo consumo deve essere limitato per gli effetti pericolosi che avrebbe sul sistema cardiovascolare, senza però dimenticare l’immane impatto ambientale sulle foreste tropicali del Borneo causato dalle coltivazioni. Il problema sottolineato dalla ricerca è legato a tre sostanze: i glicidil esteri degli acidi grassi (GE), 3-monocloropropandiolo (3-MCPD), e 2-monocloropropandiolo (2-MCPD) e loro esteri degli acidi grassi. Si tratta di sostanze che si formano negli alimenti si formano “durante le lavorazioni alimentari, in particolare quando gli oli vegetali vengono raffinati ad alte temperature (circa 200° C)”.

Perché fa male?

Nelle 160 pagine del dossier, si legge che

“i contaminanti presenti nell’olio di palma, ma anche in altri oli vegetali, nelle margarine e in alcuni prodotti alimentari trasformati, danno adito a potenziali problemi di salute”, in particolare nei bambini.”

Secondo la dottoressa Helle Knutsen, che presiede il gruppo dei ricercatori dell’EFSA, infatti, “ci sono evidenze sufficienti che il glicidolo sia genotossico e cancerogeno e l’esposizione a queste sostanze in bambini che consumano “esclusivamente alimenti per lattanti costituisce motivo di particolare preoccupazione, in quanto è fino a dieci volte superiore alla soglia considerata di lieve preoccupazione per la salute pubblica“. I bambini sono i più esposti ai rischi connessi dall’abuso di olio di palma per due motivi: la loro incapacità di eliminare quantità eccessive di tossine e la presenza di olio di palma in dosi massicce nella maggior parte dei cibi per l’infanzia.
L’autorità Europea per la Sicurezza Alimentare ha dichiarato anche però:

La disamina del gruppo ha messo in luce che i livelli di GE negli oli e grassi di palma si sono dimezzati tra il 2010 e il 2015, grazie alle misure volontarie adottate dai produttori. Ciò ha contribuito a un calo importante dell’esposizione dei consumatori a dette sostanze.

Solo olio di palma?

Il rapporto non è incentrato esclusivamente sull’olio di palma, ma riguarda anche tutte le sostanze nocive che si formano durante le lavorazioni alimentari, in particolare durante la raffinazione degli oli vegetali ad alte temperature. E’ vero anche, però, che i più alti valori per le suddette sostanze analizzate sono state rintracciate proprio negli oli e grassi di palma (mediamente almeno 5 volte superiori a quelli presenti in altri oli). Tra i cibi, diversi dagli oli e grassi, i più alti livelli delle sostanze sono invece state rinvenuti nelle patatine, nei rustici e nei biscotti.

Sebbene l’olio di palma rappresenti la scelta principale delle industrie in Italia, oggi, grazie a diverse petizioni promosse da chance.org che ha raccolto più di 175mila firme, troviamo sempre più prodotti sul mercato “palm free”.

E adesso?

Ora è il momento dell’Unione Europea che attraverso le sue commissioni e i suoi Stati membri, dovrà valutare e “riflettere su come gestire i potenziali rischi per i consumatori legati all’esposizione a tali sostanze negli alimenti” come sottolinea la stessa EFSA che come ente è tenuta solamente alla valutazione dei rischi e ad emettere un parere scientifico. Lo stesso ente ha anche invitato con una serie di raccomandazione alla possibilità di effettuare ulteriori ricerche “per colmare le lacune nei dati e migliorare le conoscenze sulla tossicità di queste sostanze, in particolare di 2-MCPD (una delle tre sostanze analizzate), e sull’esposizione dei consumatori ad essi tramite l’alimentazione.

Serena Porchera

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