Carne coltivata: Israele è il primo Stato ad approvare il commercio di quella bovina

Negli Stati Uniti e a Singapore è già possibile commercializzare quella creata da cellule di pollo

Negli scorsi giorni il ministro della Salute israeliano Uriel Menachem Bosso ha confermato l’approvazione da parte del suo governo della commercializzazione della carne coltivata ottenuta tramite cellule bovine. Si tratta della prima volta nel mondo per questo tipo di cellule dato che negli Stati Uniti e a Singapore il sì alla vendita è stato confermato solo su prodotti derivati dalla coltivazione in vitro di cellule di pollo.

Il prodotto che arriverà in commercio si chiama “Aleph Cuts” e viene prodotto da una delle primissime start up, Aleph Pharms, che lavorarono al tema anni fa: ha sede a Rehovot, città che si trova a 20 chilometri a sud della capitale Tel Aviv. Il ministro ha accompagnato la notizia spiegando le motivazioni di questa scelta, come ha riportato l’agenzia stampa Ansa: “La scelta nasce in considerazione della crescente domanda globale di proteine e dell’importanza di produrre prodotti di origine non vivente come fonti alimentari alternative”.

Un’immagine delle fettine di carne coltivata prodotta in Israele partendo da cellule bovine (fonte: https://aleph-farms.com/)

Che cos’è la carne coltivata e come viene prodotta da Aleph Pharms

La carne coltivata, erroneamente chiamata “sintetica”, è un prodotto animale che viene creato attraverso la coltivazione in laboratorio di tessuti muscolari partendo però solo da una raccolta singola di cellule animali. Come spiega l’azienda israeliana sul proprio sito, il percorso che porta alla produzione della carne coltivata si riassume in queste fasi:

  1. Vengono raccolti, una sola volta, ovuli fecondati di bovino. “Queste cellule – spiegano – hanno il potenziale per trasformarsi, crescendo, nei diversi tipi di cellule che compongono la carne, come le cellule muscolari e quelle che producono collagene”.
  2. Le cellule vengono poi spostate in un ambiente di coltura controllato, chiuso e ad una temperatura costante, nel quale vengono nutrite attraverso un medium di coltivazione, ossia un liquido che contiene “carboidrati, grassi, aminoacidi, vitamine, minerali e proteine non di origine animale”.
  3. Le cellule raggiungono lo stadio per poter essere strutturate in base alla necessità attraverso una “matrice proteica vegetale composta da soia e grano, che consente alle cellule di formare la forma e la consistenza di un Aleph Cut”.
  4. La carne coltivata viene raccolta dopo 4 settimane, viene confezionata e preparata alla vendita.

Si tratta di un prodotto adatto a chi è vegano?

È una domanda complessa. Il prodotto in sé non prevede l’uccisione dell’animale ma le sue cellule vengono in ogni caso prelevate ed utilizzate (una forma di sfruttamento del suo corpo che, nel caso di Aleph Pharm, prevede anche l’inseminazione della mucca, dato che l’ovulo prelevato è fecondato). Non si tratta di una procedura che provoca dolore all’animale e va chiarito che il sistema utilizzato dall’azienda israeliana prevede una sola raccolta di cellule. Sul sito Aleph Farm spiega: “Non abbiamo intenzione di allevare mucche perché tutto ciò di cui abbiamo bisogno è una raccolta una tantum delle uova fecondate della mucca. Da lì possiamo coltivare tagli Aleph Cuts. Su larga scala, prevediamo di produrre migliaia di tonnellate di bistecche da questa singola raccolta“. Ecco perché in termini pratici questa carne che è a tutti gli effetti animale, ossia non è creata partendo da soia, grano, proteine vegetali, etc., potrebbe però andare incontro all’idea di creare un prodotto dal sapore e dalla caratteristiche organolettiche simili (o persino migliorate) alla carne ma senza uccidere nessun animale.

La carne coltivata e l’Italia

Nel nostro paese l’attuale governo Meloni ha condotto una dura battaglia ideologica e politica contro l’ipotesi dello sviluppo e la possibile vendita della carne coltivata sul territorio giungendo a vietarla con una legge che, di fatti, non vieta nulla dato che nessuna azienda ha chiesto di poterla studiare o commercializzare. Sarà in ogni caso l’Unione Europea a valutare la possibilità che questo tipo di prodotti (che nessuno sarà obbligato a consumare) circolino sul nostro territorio, magari prodotti all’estero.

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