Benjamin Franklin, vegetariano incostante

Fu la lettura di un testo all’età di 16 anni a portare Benjamin Franklin sulla strada del vegetarianismo alla quale non rimase sempre fedele ma di cui ammirò i principi per tutta la vita

benjamin franklin

Quella del vegetarismo e del veganismo, si sa non è una moda. La storia di questi movimenti e approcci alimentari ha radici profondissime che risalgono all’antichità e molti personaggi illustri a un certo punto della loro vita hanno deciso di votare la loro esistenza alla causa animalista.

Tra gli altri Benjamin Franklin fu (almeno per un periodo della sua vita) un famoso vegetariano che lasciò sull’argomento precise considerazioni e riflessioni scritte in chiave sia etica che pratica. La lettura del libro Wisdom’s Dictates (1691), compendio del ben più lungo romanzo The Way to Health, Wealth and Happiness (150 pagine anziché le 670 dell’originale) di un teosofo inglese di fine ‘600 chiamato Thomas Tryon sarà fondamentale per la sua conversione a 16 anni.

Tryon raccomandava “una dieta frugale, magra e pura, non a base di carne, perché la temperanza e la purezza nella qualità e nella quantità di cibi e bevande non solo rendono la gente sana ma anche pronta, vivace e veloce nell’adempimento di tutte le azioni necessarie alla vita e conserva la mente nella serenità, nell’acutezza e vigore e tutti gli offici del corpo del dovuto tono, forza ed agilità”. Ma sottolineava pure le ragioni etiche per evitare di cibarsi di carne “poiché uccidere e mangiare le carni e il sangue delle bestie non può essere reputato umano“. Inoltre “i lamenti di quelle creature che patiscono il dolore, non mancano mai di produrre disgrazia agli autori di questa sofferenza. Tutti gli animali del campo sono in un certo senso nostri fratelli, e il grande Creatore di tutti gli esseri ha disposto la stessa maniera e lo stesso metodo riguardo alla loro generazione, decadimento e corruzione che ha disposto anche per l’uomo; le creature di Dio portano l’immagine del loro Creatore nella stessa misura in cui noi pure la portiamo”.

Tyron quindi estende la regola aurea cristiana del fare del bene ed essere pietosi fino a comprendere il regno animale: “Fare a tutte le creature di Dio quello che vorremmo fosse fatto a noi” è uno dei principi della “vera religione e della felicità”.

Nel libro di Tryon, Franklin trovò anche molte ricette (circa una settantina) cui ispirarsi e replicare ma a differenza del primo, che pose un fortissimo accento sulle implicazioni morali e sulle radici cristiane di un atteggiamento umano rispettoso verso le altre specie, Franklin adottò un approccio più pragmatista basato sull’idea che una dieta vegetariana comporti un risparmio di denaro e di tempo non indifferente; sebbene non giudicasse l’alimentazione a base di carne non salutare né elogiasse eccessivamente i benefici di una dieta priva di carne sul corpo e sullo spirito, Franklin ebbe certamente contatti con la comunità quacchera sita in Philadelphia che guardava con orrore allo schiavismo e portava avanti l’idea di una riforma sociale radicale che includeva anche l’abolizione dell’uso degli animali per ricavarne cibo e vestiti.

Nonostante Franklin abbia oscillato tutta la vita tra un regime vegetariano e uno onnivoro (celebre fu la sua affermazione di fronte ad alcuni pesci pescati: “Se voi vi mangiate l’un l’altro, non vedo perché noi non dovremmo mangiare voi”), la sua presa di posizione a favore del vegetarismo ebbe molto peso sui contemporanei.

Furono proprio gli scritti di Franklin, assieme a quelli del filosofo Jean-Jacques Rousseau, a far scaturire una generazione di vegetariani fra l’America e l’Europa che ebbe molti e differenti volti.

Serena Porchera

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