Il “libro della speranza” di Jane Goodall

L’ultimo libro dell’etologa ne ripercorre la straordinaria vita lasciandoci un messaggio di speranza che invita ciascuno all’azione

Si può, giunti all’ultimo miglio di una vita lunga e piena che ha attraversato la Seconda Guerra Mondiale e la guerra fredda, l’11 settembre e una pandemia globale, continuare a sperare? E cos’è davvero la speranza, di cosa può nutrirsi in un’epoca segnata ancora da guerre, ingiustizie sociali e da una crisi ecologica che sembrano non lasciare scampo? Ce lo spiega la più leggendaria delle etologhe, Jane Goodall, nell’ultimo dei suoi scritti edito anche in Italia da Bompiani, “Il libro della speranza. Manuale di sopravvivenza per un pianeta in pericolo”.

Finché c’è speranza

A 89 anni, Goodall ripercorre qui tutta la sua vita, dall’infanzia in Inghilterra alla ricerca pionieristica sugli scimpanzé a Gombe, in Tanzania, fino al ruolo di Messaggera di Pace delle Nazioni Unite. Lo fa attraverso lunghe chiacchierate, fatte a cavallo della pandemia, con il giornalista americano Douglas Abrams. A colpire, del racconto che attraversa quasi un secolo di vita della scienziata e, insieme dell’umanità tutta, non è solo la straordinarietà della vita vissuta da Goodall quanto lo sguardo fiducioso che l’etologa ancora conserva. Pur avendo assistito “dalla prima fila” ai danni che l’uomo è riuscito a fare all’ambiente, soprattutto in quest’ultimo secolo, Goodall – è il messaggio che emerge tra le righe di questo libro godibilissimo nella lettura – continua a credere fermamente in un’alleanza ancora possibile tra l’uomo e il Pianeta, che passa dall’impegno e dall’azione di ciascuno.

L’impegno di ciascuno

Sul tema della speranza e di quello che ciascuno può mettere in campo per la tutela del pianeta Goodall si è d’altra parte spesa sempre nel corso della sua vita, anche negli ultimi anni nei quali più volte è tornata a far sentire la propria voce nelle occasioni più diverse – compreso il lancio di una linea di vestiti vegan insieme a Leonardo Di Caprio – prendendo posizione sia sul tema del cambiamento climatico che della pandemia e delle relative cause legate all’antropizzazione.

Proprio nel pieno dell’emergenza Covid, intervenendo a un incontro del National Press Club americano, aveva detto: “Sebbene ci sia una finestra di speranza, la cosa importante è che ci uniamo e facciamo la nostra parte. Pensiamo alle scelte che facciamo ogni giorno rispetto a ciò che compriamo, a ciò che mangiamo. Se tutti mangiassero meno carne o, meglio ancora, niente carne – aveva sottolineato – non solo questo ridurrebbe la crudeltà verso gli animali, ma avrebbe anche un enorme, positivo, impatto sull’ambiente. Sono le “piccole scelte”, quelle che ognuno può mettere in campo per fare la differenza, aveva aggiunto in quell’occasione Goodall ricordando “che ogni giorno della nostra vita produce un qualche tipo di impatto. Per favore, scegliamo di avere un impatto etico, per rendere il mondo un posto migliore”.

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