Moda, Helsinki bandisce la pelle dalle passerelle

Nuovo passo avanti nel mondo della moda: dal 2019 quella di Helsinki sarà la prima fashion week internazionale durante la quale non sfileranno capi in pelle animale

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Svolta cruelty free per la settimana dalla moda di Helsinki. A partire dalla prossima estate sulle passerelle finlandesi non sfileranno più capi in pelle. La decisione è stata presa dopo una richiesta formalizzata dalla Peta. L’associazione animalista internazionale aveva, infatti, recapitato agli organizzatori della fashion week nordica la richiesta di eliminare la vera pelle dagli eventi di moda ricordando cosa c’è dietro l’industria dei capi in pelle. E Helsinki ha detto sì: “Alla Fashion Week di Helsinki, con il supporto della Nordic Fashion Week Association, stiamo prendendo una posizione attiva contro la crudeltà verso gli animali e il disastroso impatto ambientale causato dall’utilizzo della pelle”, ha fatto sapere la fondatrice, Evelyn Mora. Incentrata sulla sostenibilità, la settimana dalla moda finlandese diventerà, dunque, la prima dal prossimo luglio a mettere al bando la vera pelle.

La decisione di Helsinki è solo l’ultima di una serie di prese di posizione arrivate negli ultimi tempi dal mondo del fashion. Sono molti, infatti, gli stilisti che hanno deciso di bandire la pelle animale dalle proprie collezioni, a partire da Stella McCartney. Altri, come Giorgio Armani, Versace, Gucci e Michael Kors, hanno per il momento fatto il primo passo dicendo no nelle loro collezioni alle pellicce. Posizione etica, ma anche scelta commerciale, a fronte di un incremento costante della domanda di capi in “pelle” vegetale prodotta a partire da mela, foglie, sughero o funghi. I grandi brand internazionali seguono il trend: secondo una ricerca dello scorso anno della società di consulenza Grand View Research (GVR) l’industria della “finta pelle” arriverà, infatti, a fatturare 85 miliardi di dollari entro il 2025.

Nella sua richiesta alla camera della moda finlandese, la Peta aveva ricordato come “ogni anno l’industria della pelle costringe più di 1 miliardo di animali a vivere in allevamenti intensivi in confinamento estremo e a subire la castrazione senza antidolorifici prima del terrificante viaggio verso il macello. La pelle – sottolinea ancora la Peta – è un co-prodotto lucrativo dell’industria della carne, che è uno dei settori più inquinanti al mondo, e il più grande contributore al cambiamento climatico. E le concerie, che usano formaldeide, derivati del catrame di carbone, coloranti a base di cianuro e altre sostanze chimiche pericolose, sono note per il loro contributo all’inquinamento dell’acqua e del suolo nelle loro vicinanze”.

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