40mila X tatuate per gli animali, Alfredo Meschi “Il mio corpo è messaggio”

Con “Progetto X” Alfredo Meschi usa la body art per ricordare gli animali uccisi nel mondo ogni secondo: un segno per ognuno

Alfredo Meschi tatuaggi vegano

Usare la propria pelle tatuata come una superficie dove mostrare al mondo i numeri dell’odio. E’ ciò che ha fatto Alfredo Meschi, artista, regista, attore teatrale e autore di saggi: sul suo corpo sono incise 40.000 X a ricordo dei 40.000 animali uccisi ogni secondo a scopo alimentare. Un principio, quello dell’antispecismo che guida la sua vita e che ha voluto incidere sulla sua pelle in una lunga e dolorosa operazione di body-art.
Del resto non c’è strumento più forte dell’arte per veicolare un messaggio che arrivi dritto al cuore.

tatuaggio

Perché proprio il tatuaggio e non un’altra forma artistica?

E’ partita come un’esigenza personale, poi strada facendo ha assunto una connotazione politica. Doveva essere un’esperienza forte e qualcosa che mi rimanesse addosso ma prima ho considerato anche altre forme, come le cicatrici che lentamente si rimarginano. L’inchiostro però è indelebile, le cicatrici spariscono col tempo, il tatuaggio no. Doveva essere un’esperienza condivisibile con gli altri, che restasse; certo non è stato facile: 100 ore di aghi in zone anche molto dolorose per due mesi e mezzo di lavoro.

Come è avvenuto il passaggio al veganismo?

imageOnestamente non lo so. Da piccolo ho avuto un imprinting negativo: a 5 o 6 anni mio padre mi portò con lui a caccia in Kenya. Tutti i bambini percepiscono che sia qualcosa di sbagliato, è una consapevolezza che appartiene al loro Dna però le influenze della famiglia e del contesto, soprattutto da piccoli, sono molte forti ed è difficile affrancarsi. Fortunatamente papà era un esploratore della natura, oltre che un cacciatore, e quindi mi ha avvicinato al fascino verso una natura forte e selvaggia.
Da qui a come sono giunto alla svolta definitiva resta un mistero. Sicuramente avrà influito la vicinanza di una carissima amica vegana di Livorno che gestiva un centro di alimentazione vegana e biologica negli anni ’80.
Ho smesso di mangiare formaggio, che era il mio cibo preferito, dopo che ho visto un video, neanche tra i più cruenti, di un vitellino sottratto alla madre. E’ stata una conversione progressiva, non c’è stato un unico evento che mi ha indotto a cambiare vita.

Come influisce il tuo essere vegano sul tuo essere artista e sulle tue opere?

Influisce totalmente anche se sono vegano solo da un paio di anni e questa è la mia prima “opera vegana”. Al di là dell’esperienza personale forte, ciò che cerco di fare è comunicare al mondo, attraverso performance antispeciste e trasformandomi in un marchio ambulante. Ho trasformato il mio corpo in un messaggio. Essere antispecista per me è essere partigiano. Il veganismo è la coerenza antispecista nell’indispensabile pratica del quotidiano. Il mio attivismo, che mi piace chiamare “artivismo” è lotta e coscientizzazione permanente.

Quali sono, se ci sono, le reazioni delle persone a questa tua “nuova pelle”?

alfredo-meschi-macello-e1467317403433Molto varie. Commosse da chi già condivide le stesse idee, curiosità nella migliore delle ipotesi da chi non le condivide. Più spesso sbigottimento e repulsione, anche all’interno della mia stessa famiglia. Non ho interrotto i legami con loro, ma certo molti parenti non hanno gradito questa scelta. Io invece non ho avuto ripensamenti: è sempre la mia pelle, non ci vedo niente di innaturale.
In alcuni luoghi poi incontro più difficoltà che in altri soprattutto quando mi mostro con la placca di plastica all’orecchio come le mucche: a livello energetico una reazione negativa del pubblico non passa inosservata. Spesso poi i commenti sui social sono impietosi.

Performer come Hermann Nitsch o Damien Hirst mettono in mostra aniamli imbalsamati o mutilati. E’ arte secondo te?

L’arte deve essere legata alla dimensione sociale. Queste “manifestazioni artistiche” non ce l’hanno. Dalla “Merde d’Artiste” di Manzoni tutto è possibile ma per me è inconcepibile. Non ho mai avuto occasione di assistere a queste performance ma francamente non so come reagirei.

Il prossimo progetto a cui stai lavorando?

Fino a metà novembre sono impegnato con “Progetto X”, un tour in tutta Italia per proporre una mostra fotografica e una serie di laboratori sul tema dell’antispecismo. Poi sto elaborando un progetto fotografico che per ora si chiama “Cartoline dal Paradiso, lettere dall’Inferno” basato sull’accostamento distonico tra scene di ecologia profonda e narrazione tragiche. Ad esempio in Sardegna si trova la scogliera Carloforte, è un luogo splendido, uno scenario mozzafiato ma che si trasforma in un inferno quando ha inizio la mattanza dei tonni. Lo scopo è proprio quello di mostrare, attraverso foto, video e performance, come un luogo suggestivo (il Paradiso) nasconda in realtà un retroscena di morte (Inferno).

Serena Porchera

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