Sulla carne coltivata non avete capito niente

Le parole della premier Giorgia Meloni durante il summit della COP28 sul clima sono l’ennesima riprova che nulla ferma la retorica scorretta e piena di bugie

È difficile dire la verità quando si fa politica eppure andrebbe fatto. È difficile conoscerla se la maggior parte dei giornali non fa domande ma amplifica solo dichiarazioni. È facile, invece, stimare i danni che la campagna contro la carne coltivata di questo governo sta facendo, e farà,  al progresso sulla ricerca di proteine ottenute con sistemi alternativi a quelli degli allevamenti intensivi.

La premier Giorgia Meloni durante un suo intervento al summit di Cop28 (incontro organizzato per discutere sul cambiamento climatico organizzata dal settimo produttore mondiale di petrolio, gli Emirati Arabi Uniti), ha fatto cenno anche al tema dell’alimentazione: “Non voglio andare verso un mondo in cui i ricchi possono mangiare alimenti naturali e ai poveri vanno quelli sintetici, con un impatto sulla salute che non possiamo prevedere: non è il mondo che voglio vedere”. In questa frase ci sono numerosi errori grossolani, certamente non ingenui bensì volti al sostegno di una crociata ideologica e di comodo che il Governo ha scatenato da mesi sulla carne coltivata.

Per prima cosa, sostenere che il cibo sia “sintetico” non significa nulla. Anche se Meloni non cita direttamente la carne coltivata, il riferimento è chiaro. La carne alla quale si fa riferimento, che viene studiata da almeno un decennio, non ha nulla di “sintetico” inteso con l’accezione negativa che gli si vuole affibbiare. Si tratta di cellule prelevate con metodi non invasivi da animali vivi e coltivate in bio reattori (come quelli che si usano per la birra) con l’obiettivo di ridurne l’impatto in termini di emissioni e di violenza contro gli animali.

In seconda battuta la carne sintetica non potrà ragionevolmente diventare un cibo per “i poveri”. Uno degli ostacoli maggiori alla sua diffusione (oltre alle visioni miopi degli stati come il nostro, a ben vedere l’unico, al momento) sono proprio gli attuali costi di produzione nonché il fatto che ancora non ci sono infrastrutture che possano supportarne una produzione massiva. Si sta studiando, si è a buon punto, ma all’estero. E, ad ora, se in Italia si volesse investire su questo tema sarebbe decisamente controproducente data la linea che sta seguendo il Governo. Il cibo di qualità costa tanto per motivi ben diversi, spesso proprio dettati dalla politica e fra di essi proprio la carne da parte di quelli prodotti masssivamente e a basso costo.

Terzo, sventolare davanti al naso degli elettori l’idea che “non si sa bene se faccia bene o male, ma dato che è sintetica… insomma, vedete voi” è davvero un giochetto facile da scoprire. Non possiamo prevedere l’impatto sulla salute di prodotti che non esistono, come la carne coltivata. Se mai questo tipo di alimento arrivasse sulle tavole sarebbe solo ed esclusivamente perché ha già passato tutti i controlli dell’EFSA, come succede per ogni benedetto prodotto messo in commercio. Quello che invece possiamo prevedere, anzi, li vediamo già, sono gli effetti mostruosi che la crisi climatica genera. Cercare un modo meno medievale di produrre carne e derivati (con tutto il rispetto per il Medioevo che fu un’epoca profondamente illuminata, da certi punti di vista) dovrebbe essere in cima alla lista delle cose da fare, non un grimaldello elettorale per compiacere le lobby degli allevatori.

Continuare ad opporre con chiari trucchetti retorici da bassa scuola sofista il bene del cibo tradizionale al male del cibo “sintetico” ha davvero stufato chiunque abbia un minimo di senso delle realtà. Lo ha spiegato benissimo la senatrice a vita Elena Cattaneo qualche settimana fa: “L’intera campagna si fonda semplicemente su un volantino di Coldiretti a due colonne, che separa il ‘buon’ cibo ‘naturale’ dal ‘cattivo’ cibo ‘sintetico’ fatto di cellule impazzite in bioreattori”.

La crisi climatica ha bisogno di soluzioni politiche che nascano da pensieri complessi, da una cultura diffusa della sostenibilità, non dai volantini da fiera di paese.

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