Ricordati di “Camminare”, solo così sarai un uomo libero: la lezione di Thoreau

Nell’apparente semplicità di una banale azione come “camminare”, il filosofo americano Henry David Thoreau vedeva non solo l’affermazione di sé, ma anche un potente mezzo per la libertà.

Se ad oggi volessimo fare una passeggiata nella natura, probabilmente dovremmo considerare a monte l’organizzazione di una serie di step: il “dove e quando”, la scelta di un outfit da camminata e, ovviamente, un itinerario che preveda un percorso in auto di andata e ritorno dal luogo di partenza. Questo perché ormai prima di raggiungere la natura incontaminata serve macinare chilometri su chilometri di strada asfaltata a causa della deforestazione dilagante e dell’inarrestabile espansione delle città. Incredibile ma vero ad oggi una cosa così semplice come una lunga camminata nella natura selvaggia, finisce per essere vittima degli schemi della nostra quotidianità.

Il mondo nel quale abitiamo nel ventunesimo secolo però è ben diverso da quello che il filosofo americano Henry David Thoreau probabilmente aveva davanti a sé quando usciva di casa nella prima metà dell’Ottocento tra le distese alberate di Concord, in Massachusetts. Sono questi luoghi e le riflessioni scaturite dalla pratica di perdersi in essi il centro di “Camminare” pubblicato postumo nel 1863.

Il libro di Thoreau

Il saggio è un raro e prezioso scorcio tra i pensieri dell’autore, che sentiva nell’esplorazione assolutamente nuova della natura una immensa felicità, volto a raccontare e “insegnare ex novo” una delle azioni più importanti e ricorrenti della nostra esistenza, come se l’avessimo dimenticata. Quante volte infatti camminiamo, anche se immersi nella natura, dimenticando il nostro corpo? Quello che Thoreau intende con il camminare infatti, è tutt’altro che il semplice vagabondare o il muoversi verso una destinazione e ben lontano dall’essere esercizio fisico.

Non vorrei avere ogni uomo, né ogni parte di uomo addomesticata, più di quanto non vorrei che ogni ettaro di terra fosse lavorato

Passeggiare dalle 3 alle 4 ore al giorno per lui era una vera e propria esigenza fisica di vita e di affermazione. Scrive più volte come stare solo nella sua stanza lo facesse sentire come se stesse accumulando ruggine e che nei giorni in cui saltava la sua camminata, sentiva di aver commesso un peccato da espiare. Perché è nella natura selvaggia che c’è vita, il futuro per Thoreau non prende vita tra i campi coltivati e i villaggi, ma tra le paludi impervie e instabili. Ed ecco che una azione così banale e sottovalutata come il camminare senza meta, tra le pagine del libro, diviene piano piano un potente simbolo di affermazione della propria libertà senza precedenti. Una uscita dagli schermi della società che ci vuole, come afferma l’autore stesso,  a vivere una vita meccanica come quella della locomotiva.

I semi dell’istinto sono conservati per un periodo indefinito sotto le spesse pelli dei bovini e dei cavalli. Non ci si aspetta da una mandria nessuna allegria. E invece io un giorno ho visto un branco di una dozzina di tori e mucche rincorrersi e divertirsi in impacciate capriole, come topi enormi o anche quasi come gattini.

Libertà, un diritto di nascita

Questo rifiuto ideologico verso l’uomo e la natura addomesticati per lui, trova una facile comparazione con la vita degli animali. Spesso infatti rimane incantato nel constatare come gli animali domestici riescano a riaffermare i propri diritti di nascita nel momento in cui lasciano il sentiero battuto: come quando la vacca del vicino irrompe fuori dal suo pascolo nelle prime fasi della primavera e guada coraggiosamente i fiumi ghiacciati. Il testo di Thoreau dunque è un libro piccolo ma un vero e proprio inno alla libertà, all’importanza di restare in contatto con l’ambiente che ci circonda e di uscire dagli schemi sociali perché, usando le parole di Thoreau: “Se molti uomini geneticamente sono inclini a farsi comandare, questa non è una ragione valida per cui tutti debbano sottomettere le loro nature allo stesso modo”.

Le altre opere di Thoreau

Tra gli altri suoi scritti, “Walden ovvero Vita nei boschi” e il saggio “Disobbedienza civile” sono considerati i testi più importanti poiché rappresentano il pensiero filosofico dello scrittore. Thoreau infatti sentiva non solo l’urgenza di comunicare come il rapporto dimenticato tra uomo e natura fosse tra le cause della sofferenza umana, ma anche di dover combattere le ingiustizie sociali. Per questi motivi infatti rimane memorabile il periodo di due anni dal 1845 al 1847 in cui per sperimentare una vita semplice e per attuare una forma di protesta pacifica contro il sistema, si stabilì in una piccola capanna nei boschi da lui stesso costruita presso il lago di Walden.

Ecco dunque questa vasta, selvaggia, vacillante madre di noi tutti, la Natura; eppure noi siamo svezzati così presto dal suo seno per essere lasciati alla società, a quella cultura che è esclusivamente un’interazione dell’uomo sull’uomo – una sorta di riproduzione incestuosa in grado di procreare al massimo una nobiltà inglese, una civiltà destinata ad avere una rapida estinzione.

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