Regina Victoria: un’antivivisezionista nel 1800

Aspetto austero e cuore d’oro, ecco la storia di un amore e di quella volta che un cane divenne Cupido per la Regina

Regina Vittoria animalista

La Regina Victoria è decisamente meno austera di come la si dipinge. Forse non sapete, per esempio, che adorava il suo amico a quattro zampe, Dash, che le fu regalato all’età di 12 anni e che fu una delle prima a boicottare la vivisezione, pratica utilizzata da medici e studiosi del tempo. Proprio questo amore per gli animali decretò la nascita di una della più importanti associazioni anti vivsezioniste del mondo. Ma vediamo la storia.

Il piccolo Dash, dicevamo: lo amò a tal punto che dopo la sua scomparsa fu lei stessa a scrivere le righe che lo accompagnarono nell’al di là, proprio sulla tomba del piccolo amico che venne sepolto nei giardini di Adelaide House.  “Qui giace Dash, lo Spiniel preferito da sua Maestà, la regina Victoria, per volere della quale è stata eretta la lapide – si legge – Egli morì il 20 Dicembre 1840, nel suo nono anno. Nel suo affetto non c’era egoismo, nella sua allegria non c’era malizia, nella sua fedeltà non c’era inganno. Tu che leggi se vuoi essere amato in vita e  compianto da morto, segui l’esempio di Dash”.

C’è sempre stata una lunga tradizione di amore per i cani all’interno della famiglia reale, sia per la caccia (purtroppo) che come animali domestici da compagnia. La regina Victoria non ha fatto eccezione e nel corso della sua lunga vita ha avuto molti bellissimi cani, ma Dash rimase sempre il suo preferito. La Regina teneva un diario personale in cui l’amato Spaniel viene spesso menzionato. Il quattro zampe ebbe un ruolo da Cupido anche nell’unione fra la sovrana e  Alberto di Sassonia nel 1836. Al loro primo incontro Victoria rimase colpita dall’aspetto di Alberto, certo, ma a convincere definitivamente la donna furono le attenzioni che l’uomo rivolse al piccolo Dash, al loro modo di giocare, di stare insieme, tutti elementi che Victoria riportò puntualmente nel suo diario. “Se piace a Dash, piace a me” avrà forse pensato la sovrana… E a quanti di noi è capitato di innamorarci di qualcuno proprio dopo averlo visto alle prese con coccole ed intese con un animale? Insomma, Victoria, una di noi.

Regina Vittoria animalista
Torniamo ai cani. Vittoria amò molto anche un’altra razza di cani, i carlini, che fece arrivare dalla Cina con il suo benestare: li amava molto e arrivò persino a diventarne allevatrice lei stessa,  ne possedeva ben 36. Nell’animo della regina si rivelò presto un germe “animalista” tanto che fu proprio lei a vietare il taglio delle orecchie per questa razza, decretando questa usanza come “pratica inutile e oltremodo crudele”.

Grazie a questo grande amore verso tutti gli animali troviamo la Regina Victoria al primo posto fra i monarchi animalisti in tutto l’impero britannico. E’ anche grazie a lei che durante tutte le epoche si formarono associazioni a favore dei diritti degli animali. In particolare parliamo della “Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals”, un ente di beneficenza che opera in Inghilterra e nel Galles, che promuove il benessere degli animali: l’associazione più antica e più grande nel Regno Unito. Nel 1876 fu questo ente a scrivere, su indicazione della stessa Victoria, il “Cruelty to Animals Act” i cui punti fondamentali erano:

1 – Chi vuole fare esperimenti sugli animali, deve avere una licenza
2 – Il fine della sperimentazione deve essere alleviare le sofferenze non quello di effettuare dimostrazioni
3 – Esperimenti su cani, gatti, cavalli, muli ed asini richiedono una licenza speciale
4 – Il curaro non deve essere considerato un anestetico e il suo uso è proibito (Si era scoperto che questo veleno paralizzava solamente i muscoli ma non impediva di sentire dolore, come si credeva ndr)

Ovviamente siamo agli albori dell’attenzione agli animali e al loro sentire ma teniamo presente che in Francia si dovette aspettare il 1963 per le prime leggi a tutela degli animali (tanto che molti medici, per utilizzare il curaro senza problemi e continuare i propri esperimenti, si trasferirono in terra francese) e la situazione in Germania, Italia e Spagna non fu molto diversa. Quasi cento anni di differenza, non certo una bazzecola: quindi, “God Save The Queen”.

 

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