Moby Dick, lo street artist che dipinge quello che vogliamo ignorare

L’impegno a difesa degli animali e della loro salvaguardia della natura di Moby Dick, uno degli street artist italiani più famosi a livello internazionale, che ha fatto delle battaglie animaliste il cuore del proprio lavoro.

Dare voce a chi non ce l’ha. Come i lupi e i rinoceronti apparsi sulle pareti del Teatro dell’Opera di Firenze. O i capodogli, con la nave di Sea Sheperd, al quartiere romano del Trullo. O, ancora, lo squalo luccicante dipinto qualche settimana fa a Santa Severa, sul litorale laziale. Marco Tarascio, in arte Moby Dick, è uno degli street artist italiani più famosi a livello internazionale e alla salvaguardia dei diritti animali ha deciso di dedicare gran parte del proprio lavoro. Romano, una laurea in scenografia ed esposizioni in giro per l’Italia e il mondo (alla Biennale di Venezia, a New York e Tokyo, tra gli altri), dal 2014 Marco collabora con associazioni animalisti internazionali, come Sea Sheperd, e realizza murales con al centro il tema della difesa ambientale.

Come scegli i tuoi soggetti e perché?

La megattera, i lupi e i rinoceronti al Teatro dell’Opera sono tutti animali in via di estinzione e cacciati molte volte in maniera spietata. Altri, invece,come il leopardo nebuloso al Trullo, a Roma, sono addirittura ormai estinti: ci vuole più attenzione e tutela. E per fare da cassa di risonanza posti come il Teatro dell’Opera di Firenze sono perfetti.

Sono soprattutto il mare e il suo ecosistema il tema ricorrente delle tue opere. Da dove nasce questa passione?

La passione per il mare c’è da quando sono bambino, da sempre, come quella per l’arte e gli animali. Ho cercato di coltivarle senza abbandonarne nessuna. Anzi, cercando di legare queste tre cose e proteggerle. Fortunatamente, grazie anche alle associazioni animaliste con le quali collaboro, l’idea sta funzionando e il messaggio di dar voce agli animali arriva sempre più chiaro.

 

Realizzi molti dei tuoi murales con performance live. Come reagiscono normalmente le persone?

Sì, è da tempo che oltre che sui muri e ancor prima con i quadri mi esibisco con le performance live, che io semplicemente chiamo “azioni dirette tra le persone”. Le associazioni animaliste mi chiamano spesso per fare da cassa di risonanza alle loro battaglie durante eventi e manifestazioni: dipingere a due metri dalle persone una tigre o uno squalo di due metri è un modo per dare loro la possibilità di fare domande. Mi chiedono cosa possono fare nel loro piccolo per gli animali. Molte volte, invece, osservano semplicemente in silenzio.

La periferia romana è una delle ambientazioni ricorrenti dei tuoi murales. È solo perché Roma è la tua città?

Nella periferia romana ci sono nato e la conosco bene perché l’ho vissuta. In qualche modo, la sento più mia e fare arrivare i messaggi a zone degradate e molte volte abbandonate è sempre più difficile, ma il riscontro è positivo. Come al parco Jonio, dove ho disegnato una megattera, sempre a tutela dei mari e degli animali che lo ospitano, in un parco che era completamente abbandonato e sporco ed è stato riqualificato grazie all’impegno di volontari. Fortunatamente, più il tempo passa e più il seguito aumenta, la gente si informa, chiede il perché della scelta di quel particolare muro o di quell’animale. C’è un valore aggiunto sociale e un valore fatto di semplici persone, che anche se molte volte non sono animaliste, sposano però la causa e il messaggio.

Possiamo dire che c’è un movimento artistico animalista e antispecista?

Sono stato assistente di Roa quando ha disegnato al quartiere Prati di Roma un cucciolo dell’orsa Daniza, uccisa da un dardo che doveva invece semplicemente addormentare. Una morte che non finisce qui, sulla quale anche io a breve dirò la mia. Non credo che ci sia ancora un vero e proprio movimento, ma ci sono singoli artisti che si occupano di questi temi da una vita e sono fedeli a questo messaggio anche nella propria vita privata non mangiando carne e pesce, stando a contatto con oasi e canili per dare il proprio aiuto ogni giorno o imbarcandosi per giorni in mare per portare il proprio contributo.

Impegno animalista e scelta vegana vanno quindi di pari passo anche nella tua vita privata?

Trovo assurdo che un artista che si dedica a questi temi poi possa farsi la sera una grigliata di carne o di pesce, nutrirsi degli stessi animali che poi vorrebbe salvare con il proprio lavoro.

Ci saranno ancora gli animali e la difesa dei loro diritti nelle tue prossime opere? A cosa stai lavorando?

Certo, sto lavorando a un lavoro antispecista per una stazione di Roma. Nella mia vita farò questo fino a quando riuscirò e non smetterò di portare avanti questo messaggio perché gli animali non hanno voce, ancor meno animali silenziosi e distanti da noi come le balene, che non possono gridare la propria sofferenza. Per questo, c’è bisogno di chi lo faccia per loro.

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