Antonio Monaco: “Essere vegani è la necessità dell’inutile”

L’integralismo (e l’ipocrisia) vegano pensa che una volta che una persona mangia, si veste e si diverte in un certo modo sia tutto a posto e che sia tutto ciò che si può fare.

Antonio Moncao

Per la nuova puntata di questo speciale dedicato alle riflessioni sul tema del veganesimo, Vegolosi.it ha il piacere di ospitare Antonio Monaco, editore che dal 1988 con la casa editrice Edizioni Sonda, ha pubblicato libri collegati alle tematiche dell’animalismo e dell’alimentazione vegan. Ecco la sua riflessione realizzata per il nostro magazine online.

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I miei genitori mi hanno educato ad evitare lo spreco più inutile: il tempo, cioè la propria vita. Mi dicevano e mi mostravano in pratica come fare cose utili e come non perdere tempo. Una forma di “zero sprechi” ante litteram, ma più radicale. Mi sono ritrovato ad essere vegano, ormai da molti anni, per non essere complice della crudeltà verso gli altri animali. Le singole buone ragioni per diventarlo (non uccidere, stare meglio, rispettare il pianeta ecc.) da sole non bastano: semplicemente, nella mia esperienza, non posso non esserlo. E così ho imparato che ci sono cose inutili da fare, ma assolutamente necessarie.

Ne avevo avuto qualche segnale, devo dire, in diverse occasioni. Ne ricordo due. Quando mi sono innamorato di Paola. Quante cose inutili abbiamo fatto: baciarsi, passeggiare, tenersi per mano… Ci rinuncerei? Neanche per sogno. Quando per la prima volta ho visto un pesco in fiore (tanti decenni fa) e poi ho constatato che solo una parte di quei fiori sono diventati frutto. Un’esuberanza biologica inefficiente? No, un modo per essere certi almeno di un risultato parziale.

L’integralismo (e l’ipocrisia) vegano pensa che una volta che una persona mangia, si veste e si diverte in un certo modo sia tutto a posto e che sia tutto ciò che si può fare. Non è così: questi comportamenti sono dei semplici esperimenti di libertà e di amore. Segnano l’inizio di un’avventura. Chi ha letto la “biografia” di Gandhi sa che lui chiamava esperimenti di libertà tutti quei tentativi di essere e fare conciliando le regole sociali, le convinzioni del suo ambiente e il desiderio profondo di praticare la nonviolenza. Praticare il veganismo è uno di questi tentativi, essenziale anche se produce poco.

Certamente se sei vegano fai poco bene, ma se non lo sei fai molto male. Diventando vegani riusciamo ad aprire una porta, che ci può far entrare in un mondo nuovo. Ma è solo l’inizio. Entrando in una terra sconosciuta e facendo nuove scoperte, si abbandonano certezze e abitudini, e si sperimentano molte novità e si trovano risposte più adeguate alle nostre domande e ai nostri problemi. La convivenza con gli animali non è un problema risolto con il veganismo.

L’asimmetria che c’è nel rapporto tra noi e la natura non si risolve solo con l’etica. Ci vogliono idee nuove, pratiche più complesse, soluzioni innovative nella politica, nell’economia, nei rapporti sociali e familiari. Ma come accade nella ricerca scientifica solo percorrendo molte strade inutili si può arrivare a una meta.

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