“I cacciatori nelle scuole cercano solo nuovi adepti, sono l’anti democrazia”

La caccia rappresenta l’anti democrazia secondo Massimo Vitturi della LAV, nulla di educativo, insomma, nelle lezioni che alcuni rappresentanti degli armaioli italiani portano in giro nelle scuole della provincia di Brescia

La vicenda delle lezioni nelle scuole elementari di Gardone Valtrompia dedicate alla caccia e al ruolo ambientalista dei cacciatori ha suscitato moltissime polemiche ma per capire meglio la realtà della caccia in Italia abbiamo raggiunto Massimo Vitturi, responsabile dell’area animali selvatici della LAV.

I cacciatori sostengono di essere amici della natura poiché operano una selezione della fauna assolutamente necessaria per evitare proliferazione di animali selvatici: è davvero così?

Per quanto riguarda la caccia di selezione, questo è certamente l’argomento più utilizzato dai cacciatori per tentare un po’ di greenwashing della loro categoria, peccato però che sia l’esempio più chiaro e eclatante del fallimento di ogni politica gestionale attuata nei confronti degli animali selvatici. Basti pensare che dal 2005 la caccia di selezione agli ungulati è esercitabile per 365 giorni l’anno in qualsiasi orario. Ciononostante, è sufficiente dare uno sguardo ai media per raccogliere infinite segnalazioni che riguardano i danni lamentati dagli agricoltori alle loro colture e per i quali gli imputati sono immancabilmente i cinghiali, appunto ungulati che sono cacciabili in qualsiasi momento dell’anno. Ma oltre alla caccia di selezione non bisogna dimenticare altre gravissime azioni legate alla caccia e che nulla hanno a che fare con la presunta amicizia dei cacciatori con la natura: la caccia comporta l’uccisione di milioni di uccelli migratori ogni anno.

Ma è vero che esistono animali come lepri e fagiani che sono allevati per poi essere cacciati?

Certamente. Esistono due “strade” diciamo. Da una parte esistono le aree definite di ripopolamento e cattura ossia luoghi sul territorio nei quali i cacciatori portano un certo numero di animali femmine e maschi per garantire in un determinato lasso di tempo la riproduzione. Appena questa è avvenuta con successo questi animali vengono catturati, solitamente con le reti, e poi liberati in aree dove invece la caccia è consentita. In questo periodo di ripopolamento i cacciatori uccidono milioni tra volpi, gazze, cornacchie, perché cacciando naturalmente lepri e fagiani risultano dei “competitor” a livello naturale.
Esistono poi dei veri e propri “allevamenti” di questi animali. Qui l’uomo li cura, gli da da mangiare e da bere. E’ qui che i cacciatori li comprano a migliaia per liberarli poi sul territorio e cacciarli. Peccato che questi animali siano abituati all’uomo e si avvicinano ad esso per poi trovarsi a faccia a faccia con pallettoni e fucili.

A suo parere quali sono le motivazioni per le quali si arriva a proporre incontri sul ruolo dei cacciatori a bambini così piccoli?

Considerato il luogo (le valli bresciane) ritengo sia un’azione di proselitismo a lungo termine esercitata dagli armieri al fine di procurarsi clienti per il futuro. Non è solo una mia opinione, perché confermata da un dossier elaborato dall’associazione degli industriali delle armi da caccia e sportive – ANPAM – e presente sul loro sito https://www.anpam.it/dati-di-settore. I dati contenuti nel dossier, confrontati con gli analoghi raccolti nel 2010, evidenziano una flessione superiore al 16% nel volume di affari legato al mercato interno delle armi da caccia. E’ chiaro che di fronte a tali evidenze gli industriali stiano cercando nuovi adepti.

Esistono a suo avviso aspetti “educativi” della caccia?

L’unico aspetto educativo che posso riconoscere nella caccia è di tipo antropologico, dimostra quello che poteva essere l’uomo qualche migliaio di anni fa e tali sono oggi i cacciatori, relitti di epoche facenti oramai parte del trapassato remoto della nostra specie. Al contrario la caccia è costituita esclusivamente di aspetti dis-educativi che incidono profondamente e gravemente sulla formazione di un individuo, che a causa della caccia apprende le dinamiche di un rapporto con il diverso fondate esclusivamente sulla soppressione fisica dell’altro. Concetto diametralmente opposto alla teoria dell’inclusione sulla quale la nostra società ha gettato le basi della sua cultura democratica.

Quali sono i danni che l’attività venatoria crea alla fauna (oltre alla morte stessa dell’animale, chiaramente) e all’ambiente?

I danni più evidenti sono certamente rappresentati dal sangue versato dagli animali. Ho stimato che i calendari venatori delle regioni consentono l’uccisione di 428 milioni di animali l’anno, un numero impressionante! Ma altri danni concreti riguardano la sparizione di alcune specie, quali all’esempio più sopra lepri e fagiani, ma anche il declino di altre, soprattutto uccelli migratori. Ci sono poi le introduzioni di animali a fini venatori che hanno alterato gli equilibri ambientali in molte aree, pensiamo ai cinghiali provenienti dall’est Europa che hanno oramai soppiantato i cinghiali autoctoni, ma anche i daini e i mufloni sono stati introdotti in alcune zone per mero interesse dei cacciatori e ora dimostrano di essere un problema per la tutela della natura. Non bisogna poi dimenticare il disturbo che l’attività venatoria arreca agli animali, anche nel periodo riproduttivo, i rapaci che vengono prelevati dai nidi per essere addestrati alla caccia e infine ma non ultimo, le migliaia di tonnellate di piombo sversate ogni anno sul territorio.

Qual è il rapporto fra politica e cacciatori?

Io credo che la politica sia fondamentalmente disinteressata alla questione venatoria, fatta eccezione per le connessioni relative ai danni da fauna selvatica e quindi alla gestione delle specie più dannose. Il disinteresse politico generalizzato, comporta quindi la presa in carico delle questioni venatorie da parte di coloro che hanno un interesse preciso sull’argomento, cioè i cacciatori eletti.
E sulla questione elettorale c’è da tenere presente che i cacciatori sono molto compatti dal punto di vista politico (a differenza di ambientalisti e animalisti) e quando si tratta di eleggere uno di loro nelle amministrazioni locali e nazionali lo fanno senza alcuna incertezza. E’ successo anche nelle recentissime politiche che hanno visto l’elezione del senatore ligure Bruzzone, da anni responsabile del dipartimento caccia del suo partito, ma anche alla camera dove è stata eletta Maria Cristina Caretta, presidente della confederazione delle associazioni venatorie e lunga-manu di Sergio Berlato cacciatore già eurodeputato, ora consigliere regionale veneto che ha fatto approvare la legge che sanziona con ammenda di 3.600€ chi dovesse disturbare i cacciatori.

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