Vita in gabbia: storie di animali infelici

Gli spettacoli con animali hanno da sempre fatto parte della Storia dell’uomo ma i molteplici incidenti mortali degli ultimi anni hanno acceso i riflettori sulla crudeltà e la pericolosità di tenere gli animali in gabbia per puro divertimento

zoo

Il primo zoo moderno nasce a Vienna nel 1752. La corrida come la conosciamo risale al XIV secolo. Il circo ha origine addirittura nell’antico Egitto. Ci sono molte storie che raccontano dell’assurdità di un sistema che strappa dal loro habitat gli animali. Ve le raccontiamo.

Cecil, trofeo di caccia

leone cecil

Cecil era un leone maschio di tredici anni, simbolo e principale attrazione del parco nazionale di Hwange, in Zimbabwe, anche grazie alla sua peculiare criniera nera. Nell’estate del 2015 è stato ucciso, decapitato e scuoiato da un collezionista di trofei e dentista californiano, Walter Palmer, dopo che era stato attirato con un’esca fuori dall’area protetta della riserva con la complicità di due guardie del parco, debitamente corrotte.

“La morte di Cecil non è una tragedia solo per lo Zimbabwe, ma anche per i suoi sei cuccioli – aveva dichiarato Johnny Rodrigues, a capo della Zimbabwe Conservation Task Force – i leoni maschi che tenteranno di conquistare le tre leonesse di Cecil non permetteranno mai che essi restino in vita”.

Oppah Muchinguri-Kashiri, il ministro dell’ambiente del Paese africano ha dichiarato che il cacciatore Palmer aveva tutti i permessi in regola per effettuare quella battuta di caccia (per cui ha speso 55.000 dollari) e per questo non potrà essere incriminato. Solo una violenta pioggia di insulti e proteste, tante da costringere Palmer a chiudere il suo studio dentistico e sparire dalla scena per un periodo, hanno reso giustizia a una morte assurda e crudele.

I pinguini di Odense

Nel 2015, 5 pinguini dello zoo danese di Odense hanno cercato di fuggire e riconquistare la libertà. La scena, anziché far riflettere, è stata ripresa dal guardiano dello zoo e postato su Youtube riscuotendo più di un milione di like. Nessuno si è posto il problema del perché i pinguini volevano scappare e la vicenda è stata archiviata tra risate e ridicoli paragoni con il celebre film DreamWorks, Madagascar.

La tigre Tatiana

Tatiana era una tigre siberiana di 9 anni del peso di 135 kg ospite dello zoo di San Francisco. Nel 2007 è scappata dalla sua gabbia il giorno di Natale saltando oltre un muro di sei metri. Dopo aver aggredito tre persone durante la fuga (di cui una deceduta) è stata abbattuta a colpi di fucile dalle guardie del parco.

L’inconscienza dell’uomo

Animali zoo

Il 22 maggio 2016 il ventenne Franco Luis Ferrada Roman ha deciso di togliersi la vita entrando nudo nella gabbia dei leoni nello zoo di Santiago del Cile. Il risultato? I due felini, un maschio e una femmina, sono prima stati colpiti con gli idranti e poi abbattuti per salvare la vita dell’incosciente umano, considerata “primaria” dalla direttrice dello zoo Alejandra Montalba.

Il dramma dell’orca Tilikum

tilikum

Un caso famosissimo (oggetto anche del film documentario Blackfish) è quello di Tilikum (“amico”), un’orca di 35 anni del peso di sei tonnellate e dal carattere imprevedibile. Catturato quando aveva 2 anni al largo delle coste dell’Islanda nel 1983 e inviato inizialmente al Sealand of the Pacific (Canada), è stato responsabile della morte di ben tre persone. La prima ad essere uccisa è stata Keltie Byrne, nel 1991, addestratrice di 20 anni. L’orca l’ha fatta annegare dopo che è caduta nella vasca del parco di Sealand. Nel 1999 ha causato la morte di Daniel Dukes, 27 anni, il quale era rimasto abusivamente nel parco acquatico, questa volta in Florida, ore dopo la chiusura, per nuotare con i cetacei.

Infine il 24 febbraio 2010 al SeaWorld di Orlando, in Florida, è morta per annegamento durante lo spettacolo, dopo essere stata trascinata sul fondo della vasca, la stimatissima addestratrice Dawn Brauncheau.

Oggi Tilikum è seriamente malata e sta morendo. La sua storia ha richiamato l’attenzione del mondo sulle misere condizioni di vita di questi mammiferi che, strappati dalle acque gelide del Polo, vengono trapiantati in climi completamente diversi e fatti esibire per il divertimento degli umani.

“La vita di Tilikum è il soggetto di Blackfish, ma quando ho iniziato a fare le riprese mi terrorizzava. Lo vedevo nei miei incubi”, racconta la regista Cowperthwaite. “Solo quando ho appreso della sua cattura e conosciuto la sua vita in cattività, allora ho iniziato a capire la profondità di questa tragedia così complessa”.

La follia dello shamu (dal nome della prima orca assassina ospitata nel parco acquatico negli anni ’60, oggi designa in generale gli show con le orche di SeaWorld) ha condannato un’orca libera a esibirsi in uno spettacolo che l’ha separato dalla famiglia, condannata alla cattività, alla noia e a una patologia cronica che la sta uccidendo, a subire la violenza di altre orche e ad aggredire gli addestratori.

“Per qualche motivo egoista mi piaceva lavorare con Tilikum e non dubito che i suoi attuali addestratori abbiano provato seriamente a dargli una vita dignitosa”, dice Jett, che nel 1995 ha lasciato SeaWorld e ora è professore ricercatore alla Stetson University, vicino a Orlando. “Ma Tilikum è una figura tragica e ho pensato spesso a quanta paura, confusione e stress abbia dovuto sopportare”.

Era così facile empatizzare con Tilikum che pochi nel pubblico o nello staff di SeaWorld sono riusciti ad arrabbiarsi o prendersela con lui per la morte di Brancheau, nonostante la sua fama e la sua bravura. In fondo, tutti si erano resi conto che erano state le condizioni in cui viveva, e non Tilikum stesso, a uccidere Brancheau.

Come ha affermato la regista a fine riprese:

“Nessuno si domanda se le orche siano d’accordo a vivere prigioniere in una vasca, a saltare e scuotere la testa a comando. I progetti umani non possono sostituirsi alla vita naturale e libera di altri individui, ed è certamente ora che questa sorta di esperimento abbia fine”.

John Hargrove, che lavorava come addestratore senior a SeaWorld Texas quando Brancheau è morta, racconta che la maggior parte degli addestratori -inclusi gli amici più stretti di Brancheau- hanno fatto il possibile per prendersi cura di Tilikum anche dopo l’incidente.

“Eravamo dispiaciuti per lui, perché sapevamo che la sua vita sarebbe cambiata per sempre. Che sarebbe stato più isolato, con meno contatto e interazioni. Non volevamo fosse trattato come un mostro ma con dignità e rispetto, ogni giorno”.

Il futuro: lo zoo virtuale

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Mai più animali in gabbia negli zoo e nei parchi a tema. La natura in mostra sarà virtuale grazie a un’idea di Tony Christopher, fondatore del Landmark Entertainment Group. Immagini, suoni, effetti speciali, tutti in realtà aumentata, faranno percepire ai visitatori la sensazione di trovarsi in mezzo alla savana o nella giungla di fronte ad animali in carne e ossa: divertimento ed esperienze interattive al di là della prigionia e dello sfruttamento.
Dalla Cina questa idea rivoluzionaria verrà esportata, si spera, in almeno altre 20 o 30 destinazioni per la curiosità di circa 5 milioni di persone: l’era degli animali in gabbia esposti allo sguardo meravigliato del pubblico umano, dopo secoli di storia, è finalmente giunta alla fine.

Serena Porchera

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