Acqua del rubinetto: il 77,6 % degli italiani la beve. Più facile e più “green”

Ottimo anche il dato sui più giovani che sembrano essere stati influenzati dall’attivista Greta Thunberg.

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I consumi degli italiani stanno cambiando anche in base al quadro socio-economico complessivo, il 77,6% della popolazione italiana ha bevuto acqua del rubinetto (trattata e non) negli ultimi 12 mesi, con un tasso di crescita sul 2018 che sfiora il 4%.

Cosa dicono i dati?

A mostrare questa buona notizie, è una ricerca commissionata da Aqua Italia (federata Anima – Confindustria) che presenta i dati della ricerca realizzata da Open Mind Research su un campione di 2000 individui e che rileva i dati degli ultimi 12 mesi. Un dato interessante che, soprattutto nella fascia dei più giovani (18-24 anni), con il 43,7% contro il 32,1% della media nazionale dello scorso anno, ha probabilmente subito quello che viene definito un “effetto Greta Thunberg”.

In generale il consumo è più consapevole, quindi, anche se purtroppo il nostro paese, come spiegato da una ricerca di Legambiente del 2018, mostrava l’esorbitante consumo pro-capite di 206 litri annui, facendo dell’Italia il primo paese in Europa e il secondo nel mondo (dietro solo al Messico) per consumo di acqua imbottigliata, stando a i dati forniti da Censis.

La borraccia in acciaio inossidabile, magari anche termica, è un ottimo acquisto: garantisce di poter avere sempre con noi acqua senza doverla acquistare in bottiglia quando siamo fuori casa.

Perché bere l’acqua del rubinetto?

Tra tutti coloro che hanno dichiarato di bere la famosa “acqua del sindaco”,  il 48,7% dichiara di farlo sempre o quasi sempre. I motivi principali per i quali quest’anno gli intervistati hanno dichiarato di bere l’acqua del rubinetto (trattata o non trattata) afferiscono principalmente alla “comodità nel disporne” (25%), all’“attenzione per l’ambiente” (24,8%) ossia evitare di trasportare e smaltire bottiglie in plastica. Fra le altre motivazioni rilevate dallo studio troviamo “la consapevolezza che “l’acquedotto comunale fa maggiori controlli sull’acqua rispetto ai produttori dell’acqua in bottiglia” (24%), la bontà dell’acqua, “la bevo perché è buona” (23,2%) e il “minor costo rispetto all’acqua in bottiglia” (19,7%).

L’acqua del rubinetto è sicura?

L’acqua del rubinetto, così come quella in bottiglia, è sottoposta a rigidi controlli sulla base di specifiche normative, che differiscono per l’una e per l’altra acqua per quanto riguarda la concentrazione degli elementi disciolti ammessi e i trattamenti e i controlli ai quali sono sottoposte. Nello specifico:

  • Il Decreto Legislativo 31/2001 è il testo di riferimento che, recependo la Direttiva Europea 98/83/CE, disciplina il campo delle acque potabili e definisce i parametri analitici ai quali un’acqua deve sottostare per poter essere definitiva potabile. Il Decreto 31 indica quindi quali devono essere le caratteristiche dell’acqua per “uso umano”, stabilisce i valori massimi delle diverse sostanze che possono trovarsi disciolte in acqua e fornisce i parametri di sanitizzazione, ovvero di utilizzo del cloro, in grado di garantire che l’acqua di acquedotto arrivi al contatore priva di contaminazioni. L’osservanza di questi parametri viene controllata sia dalle Asl che dalle aziende di gestione della distribuzione dell’acqua.
  • Il Decreto Ministeriale 10/2/2015 è, invece, il testo di riferimento per le acque in bottiglia.

C’è da osservare che le due normative presentano delle differenze rispetto ad alcuni parametri relativi alla concentrazione ammessa di alcune sostanze, tanto che molti parametri, normati per le acque di rete, non hanno limite per le acque in bottiglie. L’acqua di rubinetto è, cioè, sottoposta a un disciplinare molto più rigido e restrittivo rispetto a quello delle acque in bottiglia. Ciò si spiega in base alla diversità di provenienza, di trattamento e trasporto delle due tipologie di acqua, ma è un dato che alcune acque in bottiglie, se fossero sottoposte alla normativa delle acque del rubinetto, non risulterebbero potabili (ad esempio perché con una concentrazione troppo alta di solfati che rischierebbe di intasare le tubature domestiche sul lungo periodo).

Se l’acqua del rubinetto non è buona, cosa faccio?

Se l’acqua del rubinetto “non piace” c’è una terza opzione, quella del trattamento domestico, che permette di avere un’acqua più rispondente al proprio gusto e alle proprie necessità (ad esempio un’acqua “meno dura”, meno clorata o semplicemente gasata). È ciò che fanno quelli che chiamiamo comunemente “depuratori” e che, è bene ricordare, vanno ad agire sul gusto e su alcune caratteristiche organolettiche di un’acqua, quella del rubinetto, che, salvo espressi divieti, è già potabile e quindi sicura. Ne esistono di diverso tipo e trattano l’acqua in maniera differente a seconda delle necessità per filtrazione, osmosi inversa, addolcimento o addizionando CO2 (gasando, di fatto, l’acqua). Diffusissimi all’estero, i sistemi di trattamento domestico dell’acqua sono sempre più comuni anche in Italia: hanno un costo variabile, che rappresenta certamente un investimento a livello familiare, e richiedono un’attenta manutenzione periodica, ma rappresentano una delle alternative all’acqua in bottiglia. Ulteriore alternativa è quella dell’acquisto di acqua in bottiglia di vetro con vuoti a rendere o, dove possibile, l’approvvigionamento presso le “case dell’acqua“: ce ne sono più di 900 in tutta Italia.

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