Cosmesi e test sugli animali: alla Cina il primato negativo

La Cina rimane indietro: 300.000 animali usati ogni anno per testare i nuovi prodotti ma c’è qualche spiraglio

Sperimentazione animale Cina

La Cina non è certo il paese che più si distingue per la sua sensibilità nei confronti della causa animalista e dopo il primato per la nazione con la più grande fabbrica al mondo di animali clonati e quello per il consumo di carne (soprattutto di maiale), ecco che se ne profila un altro all’orizzonte: la Cina è il primo Paese al mondo per uso di animali nell’industria cosmetica. Come riportato da Il Fatto Quotidiano, infatti, oltre 300.000 animali, in particolare modo topi e conigli, ogni anno vengono usati dall’industria della bellezza per testare i nuovi prodotti destinati al mercato cinese.

Sperimentazione animale: ma è abolita o no?

Sebbene dal 2014, per legge, non siano più obbligatori i test sugli animali da laboratorio per tutti quei prodotti dedicati alla cura del corpo (come creme, shampoo, saponi e trucchi), a favore di altri strumenti di analisi (come l’analisi tossicologica in una cultura di tessuto in vitro), la nuova norma non si estende però ai prodotti d’importazione, a quelli di “uso speciale” made in China o dall’alto potenziale allergenico, come le tinte per capelli e le creme solari.

Risale infatti a 30 anni fa una vecchia legge che impone alle case cosmetiche di effettuare test obbligatori sugli animali per poter esportare in Cina: una sperimentazione sicuramente più rapida e ritenuta maggiormente affidabile rispetto alle alternative cruelty-free. Sebbene qualche anno fa questa normativa sia stata allentata – grazie alle pressioni sempre più insistenti delle organizzazioni animaliste -, marchi sempre più importanti sul mercato europeo come Lush sono ancora sconosciuti nei negozi cinesi: “La sicurezza nell’ambito dei prodotti creati in Cina è un grave problema” afferma Peter Li, China policy specialist di Humane Society International. “Le autorità temono che questa sicurezza possa essere minacciata se la tendenza al ricorso ai test sugli animali verrà messa in discussione”.

Cauto ottimismo

Qualche spiraglio positivo c’è: come racconta Sixth Tone, l’Institute for Food and Drug Control della provincia del Zhejiang ha aperto un laboratorio per la sperimentazione di metodi alternativi in collaborazione con l’americano Institute For In Vitro Sciences (IIVS) e si spera che il trend possa prendere piede anche se con fatica, in vista anche di un adeguamento all’attuale situazione europea dove, per regolamento n.1223/2009, modificato nel luglio del 2013, è categoricamente vietato alle case produttrici di cosmetici le sperimentazioni sugli animali. Molti ignorano infatti quanto siano “spesso crudeli e dolorosi questi test, per gli animali coinvolti” come afferma Guo Longpeng, portavoce della divisone cinese di PETA.

“Per verificare la sicurezza degli ingredienti nei prodotti di bellezza, questi poveri animali sono costretti a ingerire una grande quantità di materiali la cui tossicità è sconosciuta, o vengono provati ingredienti su parti del loro corpo molto sensibili – perfino negli occhi. La sperimentazione animale deve essere gradualmente superata”.

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