Rischi della dieta vegana? Ecco le risposte punto per punto

Una nuova serie di “informazioni” anti-vegane circolano in rete a supporto della pubblicazione di un libro sul tema, però secondo un dottore queste informazioni non sono valide

Da qualche settimana girano in rete alcune infografiche che metterebbero in evidenza i rischi di carenze di una dieta vegana. Il tutto serve a lanciare una nuova pubblicazione, alla quale non faremo riferimento, che avrebbe come obiettivo quello di sfatare i miti di una scelta alimentare che non sarebbe affatto salutare, tutt’altro.

In base a questi dati abbiamo contattato la presidente della Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana, la dottoressa Luciana Baroni, per chiederle dei lumi sulle informazioni fornite dalle infografiche in questione. Ecco le sue risposte.

Rischi dieta vegan

Il titolo dell’infografica dedicata al lancio del volume contro i pericoli della scelta vegana

“Nelle società moderne la gran parte delle malattie e morti sono causate dalla dieta a base di cibi animali e sarebbero prevenibili con l’adozione di una dieta vegana. Preoccuparsi quindi delle carenze dei vegani significa dimostrare di non avere gli strumenti per poter capire quello che è il vero problema di salute della popolazione legato all’alimentazione. Per spiegare questo paradosso prendiamo ad esempio l’Italia e le malattie cardiovascolari, che sono fortemente legate al consumo di grassi e proteine animali e sarebbero prevenibili massimizzando la presenza di cibi vegetali, ricchi di fibre e antiossidanti, nella dieta: anche nel nostro Paese queste malattie rappresentano la prima causa di morte, essendo responsabili del 44% di tutti i decessi (http://www.epicentro.iss.it/focus/cardiovascolare/cardiovascolari.asp).

Nel 2012 sono state responsabili di 184.737 morti: le malattie ischemiche del cuore hanno causato 75.098 decessi, le malattie cerebrovascolari 61.255 decessi e le altre malattie del cuore 48.384 (http://www.istat.it/it/files/2014/12/Principali_cause_morte_2012.pdf). Questo significa che ogni singolo giorno del 2012 sono morte 21 persone ogni ora, 1 ogni 3 minuti, e solo in Italia. Ora, sostenere la tesi che una dieta vegana possa danneggiare la salute provocando carenze rappresenta, nella più benigna delle ipotesi, un madornale errore di valutazione di quelli che sono i problemi reali. Ma altri possono essere gli scopi di questo genere di posizioni, ad esempio balzare agli onori della cronaca, visto che ormai parlare male della dieta vegana rende famosi.

1- Carenza di Vitamina B12/innaturalità dell’assunzione di integratori


Continuare a indicare i vegani come unici possibili soggetti a rischio di carenza di B12 si configura come un autentico attentato alla salute pubblica. Infatti la gran parte degli individui carenti sono onnivori che non riescono ad assorbire adeguatamente la vitamina dal cibo che consumano. Questo perché negli alimenti la vitamina è in forma coenzimatica, legata alle proteine: è questo legame che molti individui non riescono a rompere, e non riescono quindi a liberare la vitamina rendendola disponibile per l’assorbimento intestinale. Sull’innaturalità di assumere integratori, credo che a nessuno piaccia essere preso in giro. Bisogna quindi che i lettori sappiano che la vitamina B12 presente nei cibi animali non è prodotta dall’animale, ma l’animale la riceve dal mangime addizionato con integratori di questa e molte altre vitamine e minerali. Più della metà della produzione mondiale di vitamina B12, infatti, è utilizzata per fortificare il mangime (Feed Industry, vedi figura). Invece, quando si parla di integratori per uso umano, in essi la vitamina è nella forma perfetta per essere assorbita dall’organismo di tutti coloro che hanno difetti di assorbimento: è in forma cristallina, già libera per l’assorbimento.

Vitamina b12 prodotta nel mondo

Carenza di Omega 3

Tutti coloro che non consumano pesce, anche se onnivori, presentano un’assunzione limitata di omega-3 a lunga catena. Un’adeguata assunzione di omega-3 può tuttavia essere ottenuta in una dieta vegana a partire da noci, semi di lino, olio di lino e semi di chia, che sono alimenti ricchi di acidi grassi omega-3 essenziali. L’organismo è in grado a partire da questi di produrre gli acidi grassi omega-3 a catena più lunga (EPA e DHA) attraverso una via di bioconversione endogena. Le alghe, che stanno alla base della catena alimentare per gli omega-3, possono rappresentare una fonte supplementare di omega-3 a lunga catena. E’ infatti raccomandato in alcune situazioni come gravidanza, allattamento, e infanzia fino al compimento del 3° anno di vita, di garantire all’organismo una fonte affidabile di questi grassi. Assumerli da pesce in quantità adeguate significa assumere contestualmente una pericolosa quantità di inquinanti. Le quantità di pesce che mantengo a livelli di sicurezza le assunzioni di inquinanti sono così basse da non permettere di soddisfare i fabbisogni: ad esempio, secondo l’ US Environmental Protection Agency (EPA), il limite massimo che soddisfi il principio di precauzione per il salmone corrisponde a 1 porzione ogni 5 mesi! 

Carenza di amminoacidi essenziali che sono solo nella carne


Gli aminoacidi essenziali non sono solo nella carne, ma si trovano anche nella soia, negli pseudocereali, in alcune verdure e frutti. Comunque qualunque dieta vegana che includa tutti i gruppi vegetali è adeguata nell’apporto di aminoacidi e nella qualità proteica. Il problema è invece la digeribilità, per la quale è previsto un lieve incremento delle assunzioni di riferimento. Invito l’autore a documentarsi meglio su questo argomento a lui palesemente ignoto, magari consultando il documento in italiano a cura della SINU sulle diete vegetariane (http://www.sinu.it/public/aa-documento%20SINU-diete%20vegetariane.pdf ), che nel capitolo “proteine”, recita: “Una meta-analisi del 2003 che include studi sul bilancio azotato ha evidenziato come non ci siano differenze significative nel fabbisogno di proteine in relazione alla fonte dietetica delle stesse (animali o vegetali). Tuttavia, nelle diete vegetariane la digeribilità delle proteine è ridotta. Pertanto, sebbene il fabbisogno metabolico per le proteine dei vegetariani non si discosti da quello dei non vegetariani, potrebbe essere opportuno aumentare del 5-10% rispetto ai LARN il livello di assunzione minima raccomandata per la popolazione (PRI). Tali quantità sono generalmente assicurate dal consumo quotidiano e variato di alimenti appartenenti a tutti i gruppi vegetali, anche in condizioni di elevato fabbisogno (anziani, donne in gravidanza e allattamento e nei bambini in crescita).


Carenza di zinco

Riguardo alla carenza di zinco nei vegani, da una ricerca condotta oggi 12 maggio 2017 su Pubmed (la Biblioteca Nazionale di Medicina US), risulta che, a partire dal 1981, sono stati pubblicati in tutto 7 lavori sull’argomento, di cui 1 è off-topic (in media 1 ogni 4 anni!), il che la dice lunga di quanto l’argomento preoccupi la comunità scientifica (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=%22zinc+deficiency+vegan%22).  Tra questi lavori uno solo, condotto in Svezia nel 1981 (Am J Clin Nutr. 1981 Nov;34(11):2464-77, Nutrient intake and health status of vegans. Chemical analyses of diets using the duplicate portion sampling technique), ha valutato le assunzioni di zinco nei vegani: queste risultano ben superiori a quelle degli onnivori (6.5 nei vegani e  4.7 mg/1000 kcal negli onnivori). Nonostante in alcuni documenti lo zinco venga considerato un minerale a rischio di carenza, non esiste ad oggi in letteratura alcun case-report di carenza di zinco, né tantomeno studi di popolazione che riportino problemi legati alla carenza di zinco nei vegani. Lo zinco è ampiamente disponibile nel regno vegetale a partire da cereali, legumi, frutta secca oleaginosa e semi, che sono cibi regolarmente consumati dai vegani.

La conclusione

In conclusione, scrivere addirittura un libro incentrato sui rischi di carenza della dieta vegana, quando ogni giorno gli onnivori muoiono per malattie che sarebbero in gran parte prevenibili spostando le proprie abitudini alimentari verso questo tipo di dieta, significa, per essere gentili, avere le idee poco chiare e fare un cattivo servizio ai propri lettori. Approcciare il problema in questo modo è indicativo di mancanza delle più basilari competenze in questo campo, e i contenuti di questa pubblicazione, rappresentando un pesante travisamento della realtà, sono in realtà pericolosi per il pubblico generale, in quanto i vegani, essendo molto meglio informati su questi argomenti, sanno di poter stare tranquillissimi. E’ davvero ai limiti della farsa che qualcuno, con competenze tutte da dimostrare, si prodighi a dare consigli sulla salute a persone che mediamente sono più sane del resto della popolazione. Nei paesi ricchi non sono certo le malattie da carenza il pericolo, ma le malattie dell’abbondanza. Ma forse negare questa evidenza e proporsi come paladino di una campagna anti-vegan può essere un modo di preoccuparsi della salute e della sopravvivenza non propriamente dei vegani, ma di qualcos’altro.

Articolo realizzato da Luciana Baroni a cura di Federica Giordani

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