Il primo stato che scomparirà a causa della crisi climatica
Grazie all’accordo con l’Australia la popolazione verrà trasferita, ma si tratta di un evento davvero incredibile nel suo genere.

Si chiama Tuvalu ed è uno stato insulare polinesiano composto da più isole e situato nell’Oceano Pacifico a metà strada tra le isole Hawaii e l’Australia. Di recente i suoi abitanti – circa 10mila – hanno iniziato a partecipare ai sorteggi organizzati dal governo australiano per poter ottenere i visti per trasferirsi lì. Il motivo è presto detto: secondo le valutazioni scientifiche questo piccolo stato-arcipelago verrà sommerso quasi completamente dalle maree entro il 2050 o forse anche prima. Tuvalu, quindi, diventerà il primo stato al mondo a dover evacuare completamente la propria popolazione a causa dell’innalzamento del livello del mare causato dalla crisi climatica.
I visti per la popolazione vengono emessi annualmente e chi non rientrerà nelle selezioni dovrà aspettare gli anni successivi, ma l’accordo con l’Australia c’è e tutta la popolazione avrà modo di trasferirsi lì con tutte le garanzie del caso. Tutto a posto, insomma, perché la popolazione è relativamente poca mentre l’Australia è molto grande e gli spazi lì non mancano di certo. Anche lo stato di Antigua e Barbuda, altro arcipelago questa volta a nord del Venezuela, sono in condizioni potenziali simili. Entrambi gli stati nel 2023 avevano partecipato ad un’udienza storica presso il Tribunale internazionale per il diritto del mare (ITLOS) di Amburgo, in quello che è considerato il primo caso di “giustizia climatica” incentrato sull’Oceano. Ad intentare la causa non erano soli bensì insieme alla Commissione dei piccoli Stati insulari sui cambiamenti climatici e il diritto internazionale (COSIS) che ospita Bahamas, Niue, Palau, St. Kitts e Nevis, St. Lucia, St. Vincent e Grenadine e Vanuatu.
Il tema è semplice: le emissioni di questi stati sono piccolissime, eppure i danni del riscaldamento globale saranno con molta probabilità proprio loro a sperimentarli per primi. La richiesta della causa quindi era facile: il COSIS sostenne che la maggior parte dei Paesi fosse obbligata a proteggere l’ambiente marino in base alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, anche dalle emissioni di gas serra. Il tribunale si espresse nell’estate del 2024 con un parere consuntivo (ossia non vincolante) affermando che le emissioni di carbonio possono essere considerate anche inquinanti marini e che i Paesi hanno l’obbligo di adottare misure per mitigarne gli effetti sugli oceani. Già, perché va ricordato che l’oceano assorbe il 25% delle emissioni di CO2 e il 90% del calore in eccesso, generando il 50% dell’ossigeno del pianeta.
A quanto pare il parere non è servito ed ora i primi a dover iniziare a fare armi e bagagli da qui ai prossimi anni sono gli abitanti di Tuvalu.
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