Clima, lo Stato italiano citato in giudizio per inazione contro la crisi

Primo contenzioso per il clima nella storia dell’Italia: 203 ricorrenti civili, sostenuti da una rete di giuristi, accusano lo Stato di inadempienza alle responsabilità climatiche

Sono oltre duecento i ricorrenti che, guidati dall’associazione A sud – da anni impegnata nella difesa del clima -, e assistiti da un team legale di avvocati e docenti universitari, hanno, per la prima volta, citato in giudizio lo Stato italiano per le gravi inadempienze e l’inerzia nell’affrontare l’attuale crisi climatica globale. L’ Italia segue così la scia dei contenziosi climatici, che hanno già visto sotto processo oltre 40 Paesi del mondo, grazie alla campagna, lanciata e coordinata da A Sud ed evocativamente chiamata “Giudizio Universale”, per sottolineare la portata globale che al giorno d’oggi la sfida climatica ha assunto, nonché la necessità di azioni concrete di contrasto da parte delle nazioni.

Il primo contenzioso climatico nella storia del nostro Paese è stato presentato il 5 giugno scorso all’Hotel Nazionale di Montecitorio da parte di 24 associazioni, 17 minori (rappresentati in giudizio dai genitori) e 162 adulti, di fronte al Tribunale Civile di Roma contro lo Stato, rappresentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Oggi scriviamo la pagina italiana della storia del movimento globale per la giustizia climatica. La via legale è uno strumento formidabile per fare pressione sullo Stato affinché moltiplichi i suoi sforzi nella lotta al cambiamento climatico”, spiega Marica Di Piero portavoce di A Sud, associazione capofila tra i ricorrenti alla causa, da anni impegnata nel rispetto della giustizia ambientale e nella difesa dei diritti umani messi a rischio dall’emergenza climatica, “Come società civile abbiamo il compito di fare tutto il possibile per scongiurare la catastrofe alle porte, per questo abbiamo deciso di promuovere la prima causa climatica italiana”.

Una causa fondata sulla scienza

Dai dati scientifici e dai calcoli effettuati da Climate Analytics, importante organizzazione indipendente per la ricerca sul cambiamento climatico, in uno specifico report per A Sud in merito alla valutazione dei trend di riduzione delle emissioni nel nostro Paese “seguendo l’attuale scenario delle politiche italiane, l’Italia non riuscirà a raggiungere il suo modesto obiettivo di ottenere una riduzione del 36% entro il 2030 come stimato dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC). […] Tra i Paesi europei che pianificano il passaggio dal carbone al gas, l’Italia ha il più alto consumo di gas pianificato per gli anni 2020. Sebbene l’Italia stia puntando a una quota del 30% di energia rinnovabile nel consumo finale lordo di energia entro il 2030, non ha attualmente le politiche in atto per raggiungere questo obiettivo”.

Secondo i dati, l’Italia non si sta impegnando abbastanza per raggiungere gli obiettivi climatici del 2030

Non solo, “ad oggi, l’attuale obiettivo dell’Italia rappresenta un livello di ambizione così basso che, se altri Paesi dovessero seguirlo, porterebbe probabilmente a un riscaldamento globale senza precedenti di oltre 3°C entro la fine del secolo”.

Gli obiettivi della causa

La causa non mira a risarcimenti economici, ma ha come principale obiettivo dei ricorrenti chiedere al Tribunale di dichiarare che lo Stato italiano è responsabile di inadempienza nel contrasto all’emergenza climatica e che l’impegno messo in campo è insufficiente a centrare gli obiettivi di contenimento della temperatura definiti dall’Accordo di Parigi. Tale insufficienza avrebbe, infatti, come conseguenza la violazione di numerosi diritti fondamentali motivo per cui è necessario riconoscere un clima stabile e sicuro come diritto fondamentale per l’uomo.

Tra i principali obiettivi: la riduzione dei gas serra

I ricorrenti hanno inoltre chiesto allo Stato di ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 92% entro il 2030, tenendo conto delle responsabilità storiche dell’Italia nelle emissioni di gas serra e delle sue attuali capacità tecnologiche e finanziarie attuali.

Perché il clima deve diventare un diritto umano fondamentale

L’importanza della legalità climatica è stata sostenuta dalla rete dei Giuristi per il clima, un team composto da avvocati, ricercatori, giuristi e docenti universitari esperti in Diritto climatico, a disposizione dei Cittadini e delle associazioni che rivendicano il diritto umano al clima – inteso come un diritto costitutivo del diritto alla vita -. Attraverso il Diritto climatico si legalizzano il rispetto e l’osservanza di quelle obbligazioni che lo Stato, le istituzioni pubbliche e le imprese private devono assumersi nei confronti delle presenti e future generazioni.

Ne consegue che quando tali obbligazioni climatiche non sono rispettate “è dovere civico agire per garantire la protezione di tutte le forme di vita dalle minacce o dai danni connessi ai cambiamenti climatici antropogenici e alla perdita di biodiversità del pianeta Terra”, continua la Rete dei giuristi per il clima. “Non chiederemo al giudice alcun risarcimento, ma piuttosto di ordinare allo Stato di abbattere le emissioni di gas serra per portarle a un livello compatibile con il raggiungimento dei target fissati dall’Accordo di Parigi al fine di tutelare e proteggere i diritti fondamentali dell’uomo”.

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