Gli Usa dichiarano guerra ai deserti alimentari

argoodman_stockbox2011-2A Delridge, un quartiere a sud ovest di Seattle, gli abitanti che vogliono comprare cibo di qualità si trovano di fronte a un dilemma: cambiare due autobus per arrivare alla bottega più vicina oppure superare una collina a piedi o in bicicletta. «La maggior parte delle persone tendono ad andare il meno possibile ad acquistare cibo salutare, diventando dipendenti dai negozi più convenienti vicini a casa», dice Carrie Ferrence alla rivista Architectural Record. Insieme ad alcuni amici ha fondato Stockbox, un gruppo di ricerca che studia in che modo gli abitanti della città hanno accesso a cibo fresco che propone attraverso una catena di piccoli negozi all’interno di container.

Cibo sano, cibo lontano

Quello di Seattle non è l’unico esempio di questo genere: la disponibilità di prodotti alimentari sani, soprattutto per le fasce di popolazione più povere, è un problema che da anni affligge i grandi centri urbani degli Stati Uniti. Si chiamano deserti alimentari, aree che si estendono per chilometri all’interno delle megalopoli in cui è impossibile avere accesso a prodotti di qualità. Sono diffuse soprattuto nei quartieri periferici delle città, ma anche nelle zone rurali degli Stati più poveri. L’ultimo rapporto del dipartimento dell’Agricoltura americano stima che 23,5 milioni di persone vivono in luoghi in cui il supermercato più vicino dista almeno due chilometri. Un dato che secondo le autorità porterebbe la popolazione ad avere cattive abitudini alimentari, aumentando il rischio di obesità e di malattie legate a una dieta basata su cibo spazzatura.

Botteghe itineranti per tutti?

Ma diversi gruppi stanno sperimentando delle soluzioni a basso impatto ambientale per risolvere la questione. A Chicago, una delle città con il più alto tasso di criminalità in America, il progetto Fresh Moves Mobile Markets propone autobus trasformati in botteghe nelle aree più povere cinque giorni alla settimana. Nel 2011, il primo anno di attività, i market mobili hanno servito oltre 11.000 clienti. Anche a Brooklyn, New York, lo studio Abruzzo Bodziak Architects sta lavorando a un progetto che prevede di riempire i lotti di terreno vuoti tra un palazzo e l’altro con serre per la coltivazione idroponica. L’associazione non profit Cypress Hills Local Development Corporation ha già preso in gestione 11 spazi abbandonati in cui costruire gli orti urbani temporanei. I kit progettati una volta che il lotto sarà costruito possono essere rimontati in un’altra area vuota dello stesso tipo. Altri progetti sono nati a New Orleans su terreni distrutti dalla furia dell’uragano Katrina che mescolano l’idea di fattoria urbana con quella di negozio mobile. L’aumento di queste esperienze mette in luce come le botteghe itineranti possano porre le basi per un cambiamento e la nascita di una filiera diffusa su tutto il territorio. «Coltivare e vendere questi prodotti non porrà certo fine ai deserti alimentari, ma rappresenta un passo in più nel processo che porta a uno stile di vita salutare», ha concluso Carrie Ferrence di Stockbox.
Da New York, Angelo Paura

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