“La famiglia si fa a tavola”: i consigli della pediatra Carla Tomasini

Il libro che ci guida alla scoperta del comportamento alimentare dei bambini per affrontare il momento di pasti in famiglia con maggior serenità e consapevolezza

Il momento dei pasti in famiglia, soprattutto in presenza di bambini piccoli, si rivela spesso complicato. E, invece, è proprio nei momenti trascorsi insieme a tavola che si pongono le basi non solo per un’alimentazione equilibrata, ma anche per un rapporto con il cibo sano e una condivisione di esperienze e ricordi destinati a rimanere nel tempo. Parte da qui la pediatra Carla Tomasini, specializzata in alimentazione a base vegetale, in questo suo ultimo libro, “La famiglia si fa a tavola”, nel quale ci guida con facilità alla scoperta del comportamento alimentare dei bambini, con consigli utili per affrontare le piccole e grandi sfide quotidiane che ruotano intorno alla tavola. E anche per comprendere molto del proprio rapporto con il cibo, anche da adulti. Ecco, allora, alcuni punti utili da tenere a mente per sedersi a tavola tutti insieme in famiglia con maggior serenità e consapevolezza.

Rispettare la capacità di autoregolazione dei bambini

“Avrà mangiato abbastanza?”: è questa la domanda che spesso ci si pone davanti all’irrequietezza che in molti casi i bambini dimostrano a tavola, soprattutto quando si mostrano poco interessati al cibo. E, allora, che fare? Innanzitutto ricordarsi che le “quantità” contano, ma non sono tutto: nutrirsi non significa solamente portare a casa una certa quantità di calorie, ma anche costruire un rapporto con il cibo. Se i bambini smaniano per alzarsi da tavola, la cosa importante è aiutarli man mano a prendere confidenza con i propri bisogni interni e ad apprendere il concetto di sazietà. In questi casi, chiedere ai bambini se sono sicuri davvero di non avere più fame è il modo che abbiamo per far sì che imparino a riconoscere e a rispettare le proprie sensazioni corporee ed evitare che da adulti non abbiano freni davanti al cibo.

In generale, è bene ricordare che valutare eventuali carenze spetta unicamente al pediatra, in base all’andamento della curva di crescita. La cosiddetta “inappetenza” dei bambini è una vera e propria patologia che sarà, nel caso, il medico a diagnosticare. In tutti gli altri casi, se la curva di crescita valutata dal pediatra è costante, vuol dire che non ci sono problemi.

I vegetali sono davvero i migliori “cibi amici” per i bambini, ai quali ricorrere anche fuori pasto perché sfamano molto e hanno una densità calorica molto bassa

E se pensiamo mangino “troppo”? Rispettare la capacità di autoregolazione dei bambini a tavola è un ottimo esercizio di autonomia: se lasciati fare da sé, nel contesto di un’alimentazione sana e variegata, è difficile che i bambini esagerino col cibo. Da questo punto di vista, i vegetali sono i migliori “cibi amici” ai quali ricorrere sempre: sfamano molto e hanno una densità calorica molto bassa. Anche quando poco dopo essersi alzati da tavola i bambini tornano alla carica perché hanno ancora fame, meglio evitare di dare loro dolcetti, patatine o merendine: anche in questo caso, frutta o verdura sono la scelta migliore.

Attenzione ai “mescoloni”

Spesso star dietro ai “gusti” dei bambini è complicatissimo: lo stesso cibo che un giorno li fa impazzire, il giorno dopo non vogliono neanche vederlo nel piatto. Per questo, può essere utile conoscere quali sono i meccanismi attraverso i quali i bambini si rapportano agli alimenti e come questi evolvono con la crescita. Se tra i due e i cinque anni proprio non ne vogliono sapere di alcuni alimenti, per esempio, è tutto nella norma dal momento che i bambini razionalizzano il concetto di che cosa sono i cibi solo verso i 5-6 anni e tendono a non riconoscere i cibi mescolati rispetto ai cibi separati. È per questo che può succedere che mangino insieme la pasta coi ceci e i ceci da soli no, o viceversa. Per sicurezza poi – perché così ci ha programmati la natura per garantire la sopravvivenza della specie – vogliono riconoscere molto bene quello che hanno nel piatto e in molti casi, dai 18 mesi fino ai 6 anni circa, a evitare alimenti verdi, rossi, arancioni, dal sapore acido o amarognolo. Per questo i bambini abituati solo ai “mescoloni” (o ai “nascondoni”, che spesso prepariamo per propinare loro determinati alimenti) finiscono a un certo punto per rifiutare i piatti nei quali non capiscono bene cosa ci sia dentro.

Un momento delicato: lo svezzamento

Una fase delicata del rapporto col cibo dei bambini è sicuramente rappresentato dallo svezzamento. Nel passaggio dall’alimentazione liquida a quella solida – due modalità che possono viaggiare per molto tempo in parallelo – può sembrare che i bambini “non mangino”. In questa fase sono molti i fattori da tener presenti. Innanzitutto, che tempi e modalità cambiano molto da bambino a bambino e numerosi sono i fattori che influenzano il passaggio. Uno di questi è l’approccio allo svezzamento: con le classiche pappe i bambini sono molto veloci nel passare dal latte al cibo solido perché, in realtà, stanno ancora mangiando qualcosa di molto simile al latte nella consistenza. In questo caso, il bambino può sembrare più autonomo, ma a ben vedere non sta ancora mangiando il cibo nella sua reale consistenza. Con l’autosvezzamento, al contrario, il passaggio può sembrare inizialmente più lento, ma in questo caso i bambini stanno guadagnando maggior autonomia sia nella capacità oro-masticatoria che nella manipolazione del cibo e nell’uso delle posate.

Quello dal cibo liquido a quello solido è un passaggio delicato, che comporta modalità e tempi che variano da bambino a bambino e che investe anche la relazione con la diade

Anche in questo caso poi, non va trascurato l’aspetto relazionale: il latte – che sia allattamento al seno o col biberon – ha molto a che fare con il rapporto con i genitori (con la mamma, in modo particolare). Il passaggio al cibo solido richiede, da questo punto di vista, tempo e sicurezza e alcuni bambini possono avere bisogno di rimanere più tempo nella modalità legata alla nutrizione con il latte perché è quella che dà loro più tranquillità.

Regole a tavola

Spesso i genitori di oggi hanno paura a dare “regole” ai propri bambini perché temono di essere percepiti come dei “genitori cattivi”. Invece, i bambini hanno bisogno di indicazioni chiare: senza, infatti, i più piccoli avvertono un’assenza e una mancanza di protezione, anche quando hanno davanti un genitore presente e attento. Dare regole significa, invece, indicare una via. Il discorso vale anche a tavola. Ogni famiglia deciderà quali sono le proprie regole, ma spesso basta davvero poco. Ovvero, fare appello al buon senso e dare il “buon esempio”: lo stare tutti insieme a tavola, il sedersi comodi, non scendere dalla sedia per correre mentre si mangia (per evirare il rischio di soffocamento) e non sprecare il cibo sono indicazioni di base sempre valide, per tutti.

No ai cartoni animati

A volte si pensa che “distrarre” i bambini con tablet e cartoni animati sia un “trucchetto” utile a farli mangiare di più e con maggior voglia. E, invece, l’effetto che si ottiene è esattamente l’opposto: i cartoni animati rischiano di essere solamente dei “distrattori emotivi” che focalizzano l’attenzione dei bambini su altro rendendoli inconsapevoli di quello che stanno facendo a tavola. Mentre guardano tablet e cellulari, i bambini non sono connessi all’azione che stanno compiendo. Il rischio? Quando, con il passare del tempo, torneranno a “connettersi” con ciò che trovano nel piatto, probabilmente non avranno sviluppato un vero rapporto con il cibo né la capacità di riconoscere il senso di sazietà e i messaggi collegati al cibo che il corpo dà loro, con possibili conseguenze negativi sul loro rapporto col cibo.

 

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