Olimpiadi invernali 2018: una storia vegan tra abbigliamento e salvataggi

Atleti impegnati a salvare i cani dall’industria della carne coreana e aziende attente a produrre capi di abbigliamento sportivo cruelty-free: Olimpiadi invernali 2018 all’insegna della scelta etica e responsabile

A due giorni dalla fine delle Olimpiadi invernali 2018, che si sono svolte nella contea di Pyeongchang, in Corea del Sud, è tempo di tirare le somme: tra medaglie agognate, vinte o rimandate alle prossime gare, in questi giochi c’è stato spazio anche per la moda etica e l’attivismo per i diritti animali. Bisogna ricordare, infatti, che la Corea del Sud è tristemente nota per essere l’unico paese al mondo in cui è ancora considerato legale e socialmente accettabile il commercio di carne di cane per l’alimentazione umanaCome riporta il Daily Mail, non è bastato il divieto da parte del Governo di servirla durante i giochi olimpici – per molti una mossa per “fare bella figura” con i paesi occidentali – perché questa pratica aberrante avesse fine, almeno per un periodo. I ristoratori locali hanno infatti ignorato questa proibizione, sostenendo che si tratti di una “tradizione portata avanti da sempre”.

Una pattinatrice dal cuore d’oro

Non tutti, però, hanno girato il volto dall’altra parte: la pattinatrice canadese Meagan Duhamel, vegana e due volte campionessa del mondo, ha infatti compiuto un gesto di grande cuore, salvando due cani dall’industria della carne coreana. Grazie al sostegno dell’associazione animalista locale Free Korean Dogs, ha infatti salvato Mootae, un meticcio bassotto dalle lunghe orecchie e lo sguardo furbissimo, che ha preso posto nel suo cuore (e nella sua casa!). Con lui anche un secondo cagnolino è stato sottratto dalla gabbia in cui era rinchiuso per finire tra le braccia amorevoli di un’altra famiglia canadese, ma non è tutto: la 33enne canadese è da sempre impegnata per fermare questo massacro, tanto che lavora come volontaria per salvare quanti più cani possibile da questo commercio e trasferirli in Canada.

Gus Kenworthy Olimpiadi invernali cani Corea

Gus, lo sciatore che ha fatto chiudere il macello di cani

Anche Gus Kenworthy, sciatore freestyle statunitense, ha però contribuito a dire “basta” al massacro di cani in Corea: grazie all’aiuto della Humane Society International – associazione americana che si occupa della difesa degli animali a livello internazionale – ha infatti permesso la chiusura di un allevamento di cani destinati al macello. I quasi 100 cani che vi erano rinchiusi hanno trovato una sistemazione tra gli Stati Uniti e il Canada e Beemo, una dolcissima cucciola di pochi mesi (con l’atleta nella foto qui in alto), vivrà con lui e il suo compagno nella loro casa in Canada. “C’è una discussione da fare sul perché mangiare i cani faccia parte della cultura coreana. E, anche se personalmente non sono d’accordo, penso che non sia compito mio imporre gli ideali occidentali alla gente del posto – ha dichiarato l’atleta – Il modo in cui questi animali vengono trattati, tuttavia, è completamente disumano e la cultura non dovrebbe mai essere un capro espiatorio per giustificare tale crudeltà”.

Dopo aver visitato personalmente l’allevamento e aver preso coscienza di come vivessero i cani rinchiusi lì (una struttura considerata tra le “migliori” per il benessere animale), l’atleta ha fatto di tutto perché i cani venissero liberati il prima possibile. “Mi era stato detto che i cani di questa particolare fattoria erano tenuti in “buone condizioni” continua – ma erano malnutriti e maltrattati fisicamente, stipati in piccole gabbie coperte di filo spinato ed esposti al clima invernale gelido e alle condizioni estive roventi. Quando arrivava il momento di ucciderne uno, il tutto avveniva fatto di fronte agli altri cani mediante elettrocuzione, a volte lasciando che la morte arrivasse dopo 20 minuti di agonia. Nonostante le convinzioni di alcuni, questi cani non sono diversi da quelli che consideriamo animali domestici a casa”.

Solo vegan: l’abbigliamento delle Olimpiadi per il team canadese

A tutto questo si aggiunge una buona notizia per quanto riguarda l’abbigliamento, almeno per il team canadese alle Olimpiadi: gli atleti, infatti, sono stati vestiti per tutta la durata delle gare dall’azienda Hudson’s Bay Company, impegnata a produrre capi di abbigliamento sportivo etico e responsabile. Parliamo infatti di materiali high-tech di altissima qualità e performanti, ma senza crudeltà: tessuti ottenuti senza sfruttamento animale e con un occhio di riguardo anche alla questione ambientale. L’azienda, tra l’altro, ha ottenuto anche il sostegno di PETA per il proprio impegno a favore di una moda etica e sostenibile.

 

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