Arriva “Animals farmed”, la serie del The Guardian sugli allevamenti intensivi

A breve verrà lanciata “Animals Farmed”, una serie dedicata a spiegare l’impatto degli allevamenti sulla nostra salute, gli animali e l’ambiente

Qual è il prezzo che si paga per la produzione industriale di carne, pesce e derivati animali in genere? A dircelo è  “Animals farmed”, una nuova serie di documentari realizzata dal quotidiano britannico The Guardian in collaborazione con l’Open Philanthropy Project – progetto che sovvenziona attività solidali di vario genere – e The Bureau of Investigative Journalism, organizzazione indipendente che si occupa di portare alla luce realtà di sfruttamento e ingiustizia nascoste nella nostra società.

Obiettivo della serie è quello di indagare sui metodi di allevamento moderni, sulla produzione di carne e derivati animali in generale e sull’impatto che questa ha sul benessere animale, la nostra salute e l’ambiente, avvalendosi della collaborazione di attivisti e giornalisti da tutto il mondo. Ma non solo: le indagini si interesseranno anche di come e quanto stia cambiando l’atteggiamento del benessere animale negli ultimi anni, parleranno delle migliori alternative sostenibili alla carne, intervisteranno coloro che si dedicano alla protezione degli animali negli allevamenti e tanto altro, per cercare quanto di buono si possa ancora trovare in questo tipo di attività. La serie verrà pubblicata mensilmente sul sito del quotidiano britannico; per vederla, basterà iscriversi con il proprio indirizzo email alla newsletter del giornale. È richiesta anche la collaborazione dei lettori: inviando una mail all’indirizzo [email protected], infatti, sarà possibile suggerire argomenti da approfondire, consigliare letture sull’argomento o, semplicemente, inviare un proprio commento sul lavoro svolto.

Allevamenti intensivi: un disastro a livello globale

C’era una volta un tempo in cui la carne era un lusso da concedersi poche volte in un mese; oggi, invece, si tratta di uno degli alimenti più consumati al mondo, grazie anche ai costi di produzione (e quindi, di vendita) ridotti al minimo. La storia degli allevamenti intensivi parla chiaro: nel corso di pochi decenni, l’uomo è riuscito a stravolgere completamente i metodi di produzione tradizionali per trasformare gli animali in vere e proprie “macchine da lavoro”. Secondo CIWF Italia, oggi nel mondo vengono allevati ogni anno oltre 70 miliardi di animali; di questi, la metà all’interno di un allevamento intensivo. A livello globale il 70% della carne di pollame, il 50% di quella di maiale, il 40% di quella bovina e il 60% delle uova vengono prodotti in allevamenti intensivi. E in Italia la situazione non è migliore: l’85% dei polli e il 95% dei suini sono allevati in allevamenti industriali e quasi tutte le vacche da latte non hanno accesso al pascolo.

A livello ambientale, gli allevamenti intensivi sono responsabili del 51% delle emissioni di gas serra prodotti dall’uomo. A questo va aggiunto che questo tipo di attività richiede un enorme spreco di risorse idriche: basti pensare che per produrre 300 g di carne di manzo occorrono 4650 litri di acqua, contro i 1700 richiesti per produrre 500 g di riso. Per quanto riguarda la salute umana, infine, la carne proveniente dagli allevamenti intensivi è causa del fenomeno dell’antibiotico resistenza, dovuto all’uso massiccio di antibiotici negli allevamenti. Oltre a questo, a livello globale si consuma troppa carne rispetto al limite massimo considerato necessario per mantenersi in salute; solo nel nostro paese, secondo l’AICR, consumiamo il triplo della quantità raccomandata per prevenire il cancro.

Di questo e molto altro si parlerà nella serie realizzata dal The Guardian, per aprire gli occhi su quello che possiamo considerare un vero e proprio “disastro globale”: a ricordarcelo, tra gli altri, anche Slow Food e il WorldWatch Institute, che ricordano come “mangiare carne non sia più solo una scelta personale“.

Crediti foto in apertura: The Guardian

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