Macachi dell’Università di Torino: il presidente AVI è in sciopero della fame

Dal 23 giugno scorso il presidente dell’Associazione Vegani Italiani ha iniziato lo sciopero della fame per chiedere la liberazione di un gruppo di macachi destinati a un’operazione che li renderà ciechi. Anche LAV ha lanciato una petizione diretta al Ministro della Salute

Continua dallo scorso 23 giugno lo sciopero della fame di Tony Curcio – presidente dell’Associazione Vegani Italiani AVI – per protestare contro il terribile progetto di ricerca messo in campo dall’Università di Torino. Parliamo di un esperimento che porterà i ricercatori a rendere clinicamente ciechi un piccolo gruppo di macachi tramite un’operazione al cervello, per studiare il fenomeno della cosiddetta “visione cieca” (blindsigh), ovvero la perdita della vista per danni neurologici e non per malattie o problemi agli occhi.

Cosa accadrà ai macachi

Come spiega LAV, il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino, in collaborazione con l’Università di Parma dove sono attualmente stabulati gli animali, ha ricevuto un finanziamento di 2 milioni di euro per portare avanti la ricerca dal titolo “LIGHTUP – Turning the cortically blind brain to see“. Quello che accadrà ai macachi, attualmente già stabulati in gabbie piccolissime e spoglie, è presto detto: gli animali, come sottolinea LAV, saranno sottoposti “a un lungo periodo di training (con immobilizzazione in più parti del corpo per ore, quasi tutti i giorni, per settimane o addirittura mesi) e all’asportazione chirurgica di aree della corteccia visiva” affinché perdano la vista; dopo l’intervento rimarranno sotto osservazione per cinque anni e saranno poi sottoposti a eutanasia.

petizione LAV macachi università di Torino

La petizione lanciata da LAV per liberare il gruppo di macachi

In tutto questo è necessario anche sottolineare due enormi contraddizioni di fondo: la legge italiana vieta di allevare macachi destinati alla vivisezione, ma non di comprarli. Questo è il motivo per cui gli animali coinvolti nel progetto sono stati acquistati in Olanda, e solo successivamente stabulati nei laboratori italiani. A questo si aggiunge che esistono dei volontari umani naturalmente portatori di questo tipo di cecità che vengono sottoposti a tecniche non invasive di rilevazione. “Il ricorso in parallelo a persone fa decadere ogni giustificazione addotta al ricorso a scimmie, infatti se nei soggetti umani possiamo scoprire, con dati attendibili perché specie specifici, ciò che è di interesse per la ricerca, perché utilizzare primati per studi più che discutibili?” è il commento di LAV.

Le alternative alla sperimentazione animale esistono?

Nel 2019 la sperimentazione animale resta ancora l’unica via percorribile? Secondo Susanna Penco, ricercatrice dell’Università di Genova che da sempre lavora nel campo della sperimentazione medica senza l’utilizzo di animali, no: “Ci sono moltissimi campi in cui la ricerca avanzata senza modello animale funziona – ha spiegato ai nostri microfoni – anzi funziona meglio di quella tradizionale” Il motivo per cui si fatica a uscire dal vortice della sperimentazione sugli animali, secondo la dottoressa, è che “si continua con la tradizione: è più comodo, costa meno, cambiare è faticoso. Un topo costa meno di un bioreattore ed è molto più facile da “usare”, è maneggevole, non pericoloso”.

Anche LAV sostiene la necessità di implementare la ricerca non invasiva sull’uomo, anche per evitare dannosi errori metodologici: la ricerca è specie-specifica, spiegano gli esperti, e quello che si rileva nel cervello di un topo o di un macaco è molto diverso da quello che si rileva nel cervello umano. Ecco spiegato perché, per esempio, a qualsiasi esperimento di vivisezione per testare farmaci segue sempre una seconda parte su “cavie umane”, obbligatoria per legge – come spiega la dottoressa Penco.

LAV ricorda inoltre che lo stesso Ministero “può autorizzare l’impiego di primati non umani solo in via eccezionale“, mentre un Istituto di ricerca indipendente olandese, dietro richiesta del proprio Governo, “ha addirittura affermato che si potrebbe interrompere l’uso delle scimmie già da subito, definendolo un modello non sostenibile, non solo per motivazioni etiche, ma anche scientifiche e legali” conclude l’associazione.

Le proteste degli animalisti: la petizione

Inutile dire che le proteste degli animalisti non si sono fatte attendere: non solo Tony Curcio è sceso in campo in prima persona con lo sciopero della fame che, come sottolinea lui stesso, “continuerà finché riuscirò, finché qualcuno non proverà a fermare questo massacro”, ma anche LAV è intervenuta attivamente. L’associazione, infatti, ha lanciato la petizione #civediamoliberi, per chiedere al Ministro della Salute Giulia Grillo che revochi immediatamente l’autorizzazione a questo progetto di ricerca e permetta la libertà di questi animali in un centro di recupero idoneo.

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