Junk food vegan? Attenti alle etichette e alla qualità

Junk food vegana

Autore: dott.ssa Ileana Gervasi, dietista – http://dietistaileanagervasi.altervista.org/

Sento sempre più spesso parlare di una conversione al vegan o al vegetarianismo per motivi salutistici, ma è sempre così? Il veg può essere una scelta etica, personale, religiosa o di gusti, ma non può esserlo in termini di salute se non si presta attenzione, come per tutte le scelte alimentari. Quello che più conta per la salute è infatti la qualità di ciò che mangiamo.

Ci può essere una cattiva alimentazione anche se basata principalmente o esclusivamente su alimenti vegetali (e anche per questo in molti casi possiamo dire grazie all’industria alimentare). Sempre più persone passano a questo stile di vita, di conseguenza sempre più produttori cercano di andare incontro alle esigenze del mercato. Ecco spiegata la nascita del junk food vegan! Molti prodotti reperibili nei supermercati e sponsorizzati come salutistici perché vegan possono trarci in inganno.

È sempre utile, e a mio parere fondamentale, leggere l’elenco degli ingredienti. Innanzitutto devono essere pochi: una media di 5 ingredienti è in genere sufficiente a realizzare preparazioni buone, ma sane. Non è scontato sottolineare che anche in questi prodotti, spesso pubblicizzati come sani, dilaga l’utilizzo di olio di palma, grassi idrogenati, sciroppo di glucosio-fruttosio, mono- e digliceridi degli acidi grassi, zucchero, glucosio, destrosio, aspartame e altri dolcificanti di sintesi, oli e farine pluriraffinate, nonché coloranti e conservanti, che certamente rispondono ai criteri “cruelty free”, ma altrettanto certamente sono dannosi per la nostra salute.

Che fare? Il mio consiglio, oltre a quello di accertarsi di ciò che si sta comprando leggendo le etichette e di non comprare ciò che non vorremmo finisse nel nostro stomaco, è darsi un limite. Mi spiego meglio: soprattutto all’inizio o nel periodo di transizione verso un’alimentazione vegetariana o vegana è molto comodo utilizzare prodotti già preparati come burger, cotolette o polpette vegetali perché sono simili alle ricette già conosciute e perché sono di pratico utilizzo. Consiglio quindi di prevedere inizialmente due pasti con questi alimenti a settimana, magari nei giorni più critici in cui si ha poco tempo per mettersi a cucinare. Poi, con il tempo, si impareranno ricette nuove, si scoprirà un mondo di sapori, gusti e combinazioni nuove, si imparerà a riorganizzarsi secondo questo stile alimentare e verrà spontaneo abbandonare gli alimenti precotti e i preparati industriali.

Ciò che conta è la naturalità dell’alimento: più è trasformato industrialmente, più è elaborato dall’essere umano per essere venduto in confezioni accattivanti e meno ne abbiamo bisogno. Molte brioches, crostatine o merendine, per esempio, vengono prodotte senza derivati animali, ma questo non è sinonimo di qualità e certamente non vuol dire che siano studiati per far bene al nostro organismo! Nè tantomeno che ne abbiamo bisogno. Se le si vuole mangiare bisogna essere consapevoli di cosa contiene il prodotto e limitarne il consumo. Questo non vuol dire che si sta commettendo un peccato mortale, si sta solo assecondando una voglia o un “bisogno” di quel momento (i sensi di colpa non portano a niente, mandateli via appena arrivano!).

 

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