Ci frega davvero dei nomi dei prodotti vegan?

Una riflessione sulla natura anti storica di tentativi sempre più ridicoli

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Sarete d’accordo con me sul fatto che fermare il vento con le mani non è un buon modo per impiegare il proprio tempo. Eppure è quello che accade da anni nei confronti dei prodotti proteici vegetali da parte delle grandi corporazioni zootecniche in Italia e all’estero.

Come loro stessi fanno notare nella nuova proposta di legge tutta italiana contro il meat sounding (“Il mercato agroalimentare in questi ultimi anni ha visto il proliferare di alimenti a base vegetale…”). Mangiare vegetale è diventato più semplice, più “normale”, più gustoso e anche inevitabile per chi sa leggere un giornale ed è anche solo minimamente scalfito da quello che stiamo già vivendo (crisi idriche, innalzamento delle temperature medie, migrazioni climatiche, terrificante perdita di biodiversità, tortura e morte inutile di miliardi di animali d’allevamento, etc.). Ma la storia ci ha abituati a mutamenti lunghi, soprattutto quando a subire un processo di cambiamento sono le abitudini culturali più radicate come quelle relative a ciò che portiamo in tavola ogni giorno. Verrebbe da dire: “Che paura che avete, ve la si legge in faccia”.

Quante persone vollero boicottare Edison per la sua invenzione pericolosa? Tante. C’era chi riteneva la luce elettrica opera del diavolo, chi credeva sarebbe stata pericolosa per tutti, chi era certo si trattasse di un fuoco di paglia e che presto quella lampadina sarebbe caduta nel dimenticatoio.

Mi capita di fare questo discorso ogni tanto con amici e colleghi e la mia risposta alla domanda “Sì, ma tutte le persone che lavorano in quel comparto?” è questa: “Anche i lampionai persero il lavoro, eppure, eccoci qui“.

Ma qui il tema è ancora un altro. Dato per scontato che la transizione verso altre forme di approvvigionamento proteico sarà inevitabile, perché di terra per i pascoli non ce n’è più, perché la popolazione mondiale continua a crescere e perché non piove abbastanza nemmeno per far crescere quello che coltiviamo ora, a chi mangia vegano, vegetariano o a chi non si definisce tale ma “mangia poca carne” perché sta facendo un suo percorso in questo senso, smetterà di farlo se la “bresaola-veg” prenderà il nome di “fette rosse vegetali”?. Chiaramente no, non si ferma il vento con le mani. Sì, forse ci potrebbe essere qualche momento di “confusione”, forse qualcuno farà più fatica a capire che sapore avrà quel prodotto, ma confido nel fatto che davvero si tratti di una questione piccolissima.

Questi tentativi politici e strumentalizzati di fermare un processo culturale, economico e sociale sono terribili, antistorici, ignoranti, esclusivamente a protezione di vecchi credo non più sostenibili. È fastidioso, ingiusto? Da morire. Bisogna smettere di lottare perché queste “leggine”, queste piccole dimostrazioni di forza da parte dei grandi motori carnisti del mondo smettano di avere luogo? Per nessun motivo al mondo. Bisogna far sentire la propria voce, sempre, soprattutto con la nostra scelta di spesa ma non dobbiamo temere che questo possa fermare il processo.

Signori, chiamatele come volete le proteine vegetali, rimarranno sempre e comunque le migliori, se non altro perché nessun essere vivente è stato macellato senza colpa per portarle nel nostro piatto.

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