Parmigiano Reggiano: mucche scheletriche ma “l’eccellenza resta”

CIWF Onlus Italia ha investigato su nove allevamenti che forniscono il latte a Grano Padano e Parmigiano Reggiano

“Il benessere animale non influenza la qualità del prodotto”: questa la risposta di un delegato di Parmigiano Reggiano riguardo l’inchiesta condotta da CIWF Onlus Italia sugli stabilimenti che forniscono il latte a Grano Padano e Parmigiano Reggiano. I due consorzi, riconosciuti in tutto il mondo come marchi di eccellenza del made in Italy, non tengono conto delle condizioni di vita delle mucche da cui prendono la materia prima. La video-inchiesta, lanciata dall’associazione, mostra quello che si cela dietro ogni forma di parmigiano: mucche dalle ossa spigolose, malnutrite, ferite provocate dal duro cemento, spazi vitali non adeguati al benessere degli animali stipati e accatastati in pochi metri quadrati. Da qui prende le mosse la petizione per migliorare il trattamento delle mucche e garantire loro un diritto fondamentale: il pascolo.

La petizione, infatti, ha lo scopo di chiedere a Grana Padano e Parmigiano Reggiano di attivare entro la fine del 2018 un programma che garantisca al più presto almeno 100 giorni di pascolo all’anno per le vacche, proibendo il sistema alla catena e attivando allo stesso tempo il monitoraggio del benessere animale. Inoltre, si chiede al Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina che sia introdotta al più presto almeno un’etichettatura volontaria secondo il metodo di allevamento per questo tipo di prodotti con il fine di dare ai consumatori la possibilità di sapere come sono state allevate le vacche e di conseguenza di poter scegliere.

La risposta dell’azienda

Così l’associazione invita tutti all’azione e riempie il mondo social con l’hashtag #eccellenzasenzacoscienza, campagna nata per affermare l’urgenza di attribuire la definizione “eccellenza” a prodotti realizzati tramite un processo portato avanti con coscienza, mirato più al benessere animale che a diminuire le uscite economiche e aumentare le entrate.
Parmigiano Reggiano ha risposta all’inchiesta tramite un delegato, il quale ha affermato che nella disciplinare di produzione non c’è nessuna menzione al benessere animale, perché non influirebbe, se non marginalmente, sulla qualità del prodotto. Il portavoce ha inoltre aggiunto che gli allevatori tengono molto al benessere animale e che si sta avviando un protocollo per attuare standard minimi di benessere animale. Annamaria Pisapia, direttrice di CIWF Italia Onlus, ha commentato: “Le parole del portavoce del Parmigiano Reggiano confermano quanto le nostre immagini hanno mostrato chiaramente. Il benessere animale, la qualità della vita delle vacche, non è tenuto in alcun conto da chi produce il Parmigiano”.

Il pascolo diventa, quindi, uno stile di vita fondamentale per far esprimere alle vacche i propri comportamenti naturali. In questo modo, gli animali, potrebbero procurarsi autonomamente il cibo di cui hanno bisogno, riposare sul terreno soffice senza rischio di lesioni, procurate invece dal cemento nonché avere una migliore igiene determinata dall’assorbimento degli escrementi da parte del terreno. In questa ottica, il pascolo potrebbe essere un primo passo per identificare la qualità di un prodotto con la qualità dei processi finalizzati alla sua realizzazione.

Rimane un’amara riflessione: il benessere animale non è la soluzione, ma solo una strada verso quest’ultima. Non c’è sfruttamento che possa essere “ben fatto”. Solamente la consapevolezza di ciò che mangiamo e della non necessità di latte e derivati per la nostra salute, potrà portare ad un vero cambiamento.

 

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