I vegani non attaccano Emanuele, gli imbecilli sì e dovrebbero smetterla

La vicenda del ragazzo ucciso di botte ad Alatri ha portato alla ribalta una questione non nuova: chi festeggia quando muore “un carnivoro” porta indietro di millenni la cultura vegana

“Un bel tacer non fu mai scritto”: sulla vicenda di cronaca dell’omicidio di Emanuele Morganti, 20 anni, ucciso di botte nei pressi di un locale ad Alatri, in provincia di Frosinone, si è sviluppata una polemica che tocca “i vegani”. Perché? Facile: perché il mondo è pieno di imbecilli e a volte può succedere che siano vegani.

Alcune foto di Emanuele Morganti lo ritraggono sui giornali di questi giorni intento a pescare o a cacciare, perché pare che il ragazzo fosse un’amante di queste attività. E’ successo, e non è la prima volta, che su alcune pagine social siano arrivati alcuni commenti di persone vegane o in ogni caso sostenitrici della causa animalista che hanno dato fiato alla tastiera scrivendo che, parafrasando, “infondo non è un dramma se muore un cacciatore, perché anche lui ha ucciso”. Alcuni giornali hanno riportato questo atto, definito di “sciacallaggio”, con titoli come “Vegani scatenati contro Emanuele”, “Alatri, sciacallaggio dei vegani” e “Alcuni vegani festeggiano la morte del ragazzo di Alatri”.

Mi sono interrogata se affrontare o meno questo argomento sul nostro giornale, ma credo che sia fondamentale far capire quale sia la posizione di chi, da ormai quattro anni, sta cercando di informare e fare cultura su questo tipo di scelta di vita e di alimentazione. Questo atteggiamento, quello del “Uno in meno, per fortuna” quando accade che a essere oggetto di violenza siano persone che cacciano, pescano, fanno i macellai e via discorrendo, è una delle più grosse idiozie alle quali è possibile assistere e dovrebbero proprio essere i vegani ad alzare la voce, a spiegare che no, quelle parole non rappresentano in nessun modo il messaggio, la cultura, l’impegno di chi ha deciso di fare una scelta alimentare e culturale “diversa” dalla maggioranza.

La violenza verbale o fisica non potrà mai essere associabile a questa cultura che ha alla base la volontà di combattere ogni forma di crudeltà contro gli animali ma anche contro gli esseri umani: come ha spiegato in “Cibo per la pace” Will Tuttle, questi due aspetti sono, alla fine, la stessa cosa.
Un grande giornalista, Tiziano Terzani, parlando proprio dell’alimentazione a base vegetale disse: “la violenza genera solo altra violenza”, ed è questo che succederà e sta succedendo perchè ogni volta che qualcuno decide di festeggiare la morte di un cacciatore, di una persona che lavora in un circo o di un ragazzo preso a sprangate senza nessun motivo ma che amava la pesca, la scelta vegana cadrà in basso, scenderà gradini che nella cultura di massa sarà difficilissimo recuperare. Se davvero vogliamo che non mangiare carne o derivati diventi una scelta rispettata, accettata e magari sempre più diffusa, dobbiamo imparare a rispettare tutti, partendo per prima cosa da chi non la pensa come noi.

E no, non ha importanza se dall’altra parte non accade, perché siamo noi che stiamo cercando di comunicare una cultura e una scelta di non violenza. Nessuno merita di morire, mai, qualsiasi cosa faccia, chiunque sia e qualsiasi cosa abbia mangiato. Tutti meritiamo, invece, la possibilità di informarsi su quello che portiamo nei nostri piatti, di rifletterci sopra, di scegliere.

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