Essere vegani non è una rinuncia, è una scelta

Il ruolo delle parole e della comunicazione nella scelta alimentare 100% vegetale è fondamentale. Ecco perché chi è vegano, non aspetta nessun “rimborso” morale dalla propria scelta.

L’alimentazione a base vegetale è spesso incompresa, lo sappiamo. Su Vegolosi.it abbiamo spesso parlato dell’importanza del linguaggio e delle parole nell’ambito di quella che è, senza nessun dubbio, una “rivoluzione culturale” come quella vegana. Ecco un nuovo capitolo di questo aspetto, ossia l’utilizzo della parola “rinuncia” e delle sua area semantica, in relazione all’alimentazione.

Spesso in articoli, servizi televisivi ed interviste avrete sentito dire “Come mai ha rinunciato a mangiare questi alimenti?” oppure “Non le pesa questa rinuncia?”. Anche se il significato della parola e del verbo comprendono anche il concetto di “libera scelta” in realtà quando sentiamo usare (o usiamo noi stessi) questo termine cadiamo in un area di significato tendenzialmente negativa, contraddistinta da una sorta di sacrificio di base, di desiderio negato, di volontà messa a tacere.

Sbirciamo la Treccani e leggiamo che una delle definizioni del verbo “rinuniciare” è: “Non voler accettare qualcosa che si dovrebbe avere, che spetterebbe di pieno diritto“. E’ proprio da piccole sfumature come questa che, nel tempo, l’alimentazione vegana è stata rivestita dall’impressione generale di tristezza, di punizione corporale dai tratti spesso ascetici ma anche, a volte, ridicoli. Una sorta di battaglia persa, una rinuncia, appunto, inutile che non porta a nulla se non ad una presa di posizione politica. Eppure non è affatto così.

Lasagne di polenta vegan al radicchio e funghi

Un tipico piatto “da rinuncia” dell’alimentazione vegana: lasagna di polenta

I vegani scelgono, non rinunciano. Prendere una posizione e decidere che le proprie azioni hanno delle conseguenze, sempre, anche (anzi, soprattutto) a tavola, è una delle decisioni più politiche che si possano fare e, intendiamoci, con la parola “politica” intendiamo l’agire associato, le decisioni che creano conseguenze sul sistema del quale facciamo parte.
Scegliere un’alimentazione 100% vegetale non comporta un sacrificio o una sorta di “immolazione” dai tratti religiosi grazie alla quale, punendo noi stessi, mandiamo un messaggio. Se questo accade, se passando davanti a formaggi e salumi pensiamo che stiamo “perdendo” qualcosa, allora forse la scelta non è stata fatta del tutto nel momento giusto o per i motivi giusti. Si sceglie e si comprende, nel giro di pochissimo tempo, che semplicemente siamo usciti da un sistema di abitudini alimentari determinato dal “si è sempre mangiato così” che in verità noi siamo stati assolutamente noi a scegliere, bensì, come è normale che sia, ci viene tramandato dalla cultura nella quale siamo immersi. L’alimentazione vegetale è ricchissima, non presuppone rinunce bensì uno slittamento del proprio focus alimentare: è come se stessimo cucinando prendendo ricette da un altro libro, da un altro sistema, tutto qui. Una delle esperienze più comuni fra chi ha scelto di diventare vegano è quella di essersi accorto di quanto fosse monotona la propria alimentazione prima e di non conoscere moltissimi alimenti che poi diventano normali e tipici della propria tavola.

Torta allo zenzero vegan con copertura all'arancia e mandorle

Altra diapositiva legata alla rinuncia a tavola della cucina 100% vegetale

La scelta presuppone la presa di consapevolezza, l’essersi informati ed essere contenti (scegliamo di votare o meno per un partito dopo aver ascoltato quello che propone; scegliamo un pediatra dopo aver capito le sue linee guida; scegliamo un compagno o una compagna dopo averlo conosciuto; scegliamo di fare o meno una spesa importante dopo aver valutato pro e contro). E’ difficile tornare indietro da una scelta, è molto facile tornare sui propri passi quando si rinuncia, quando si sta facendo un sacrificio (che in parte presuppone anche il credere che, prima o poi, si verrà “rimborsati” moralmente o fisicamente per quello che abbiamo fatto).

Le parole sono importanti” gridava Nanni Moretti in “Palombella rossa”: lo sono, moltissimo e dobbiamo sempre capire che cosa stiamo raccontando quando parliamo della nostra scelta alimentare e che cosa ci viene raccontato da altri quando lo fanno al posto nostro (come i giornali e le tv, per esempio). Se una parola non è quella giusta, dobbiamo correggerla.

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