Coronavirus: 100 esperti affermano che la plastica mono uso non è più sicura delle alternative riutilizzabili

Durante la pandemia, secondo Greenpeace, l’industria della plastica ha giocato sulla paura dei cittadini cercando di spingerli al consumo senza attenzione per l’ambiente.

Plastica-corona-virus

Il documento si intitola “Health Expert Statement Addressing Safety of Reusables and COVID-19” e raccoglie le evidenze e le linee guida di più di 100 studiosi e ricercatori (anche italiani) in campo medico e conservazionista, per spiegare che l’uso di plastica mono uso non è più sicura delle alternative riutilizzabili.

Il documento, riportato e commentato dall’associazione ambientalista Greenpeace, riporta le valutazioni sul tema spiegando come, per prima cosa, il contagio attraverso le superfici sia considerato solo “possibile” dal Centers for Disease Control and Preventions americano e solo in secondo piano rispetto alla dispersione di aerosol tra persone infette che non rispettino le norme di sicurezza come quella del distanziamento e dell’igiene delle mani. Inoltre il contagio da “contatto” con superfici eventualmente contaminate avviene solo se poi ci si tocca o gli occhi, o il naso, o la bocca con le mani, cosa che è stata espressamente vietata dalle linee guida internazionali per la prevenzione del virus (se non dopo accurata igiene con sapore o soluzioni idroalcoliche).

Sul tempo per il quale il virus rimane attivo sulle superfici, invece come sappiamo, non ci sono evidenze certissime, ma le ultime presentare nel documento come fonte di riferimento, sostengono che il Coronavirus attuale, causa della malattia Covid-19, possa rimanere attivo sulla carta e sul cartone circa 24 ore, mentre 2 o 3 giorni su plastica e acciaio.
Ciò che viene sottolineato dal documento è che, quindi: “L’utilizzo della plastica mono uso non è più sicura rispetto ai materiali riutilizzabili, bensì genera un problema per lo smaltimento e per la salute pubblica in generale”.

“Se non interveniamo subito la produzione di plastica quadruplicherà i volumi attuali entro il 2050 e sarà responsabile del 20% del consumo mondiale di combustibili fossili” – Greenpeace

L’accusa di Greenpeace va tutta all’industria della plastica: “Approfittare delle crisi per promuovere la plastica usa e getta, spaventando le persone sull’uso di borse, contenitori e altri oggetti riutilizzabili e ottenendo così la sospensione di provvedimenti nei confronti dell’industria della plastica, è la prova che questo sistema è marcio“. 

Le mascherine gettate a terra sono una delle conseguenze della pandemia.

Acqua in bottiglia e mascherine usa e getta? Non servono

Sulla relazione devastante per l’ambiente fra pandemia e rifiuti mono uso, sono state moltissime le riflessioni nel corso degli utili ormai 4 mesi. A partire dalla rassicurazione arrivata dall’Istituto Superiore di Sanità sulla assoluta salubrità dell’acqua del rubinetto che non è mai stata fonte di contagio (evitando così l’acquisto indiscriminato di centinaia di bottiglie di plastica), fino ad arrivare alle dichiarazioni del ministro della Salute Roberto Speranza che ha spezzato una lancia a favore delle mascherine riutilizzabili e in cotone lavabile: “Le mascherine di comunità in tessuto rappresentano protezioni efficaci se usate in modo diffuso”. Lo stesso Speranza si era speso anche sul tema delle stoviglie mono uso: ”Andrebbe favorito un uso ordinario delle stoviglie, un uso eccessivo delle stoviglie usa e getta non ha alcuna giustificazione di natura epidemiologica. Il lavaggio ad alte temperature garantisce infatti protezione”.

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