Carne: in Italia -30% di consumi e meno macellazioni. Finanziati 35 milioni di euro: si pensa al rilancio

Il settore sconta la scelta dei consumatori ma non ci sta e chiede nuovamente aiuti e grida alle “fake news”

Nel documento che ne raccontava gli obiettivi, la OICB, Organizzazione Interprofessionale Carne Bovina, nata nel 2018 mostrava le previsioni allarmistiche sul comparto carne già 2 anni fa. Ora i dati sembrano seguire quel trend e la pandemia e il successivo lockdown hanno fornito un ulteriore duro colpo al settore.

La stagnazione dei consumi

Nelle previsioni riportate da OICB nel 2018 si segnalava che l’Europa “secondo produttore mondiale, continua a registrare una contrazione del numero degli allevamenti da carne e della produzione a causa di una stagnazione del consumo interno“. Il problema messo in evidenza, quindi era legato “alla debolezza della domanda e dei poco competitivi costi di produzione”. I dati attuali riportati da Il Sole 24 Ore sono questi: “- 30% di consumi e, secondo i dati Istat, nei primi cinque mesi dell’anno un calo del 4,5% nel settore delle macellazioni bovine e del 15,8% in quelle suine. Numeri che hanno già portato la Commissione Ue a stimare per l’intera annata 2020 un calo della produzione di carni bovine dell’1,7% e dei consumi del 2,7%”.

La situazione, quindi, ha subito un’accelerazione negativa a causa della chiusura di hotel e ristorazione pubblica che rappresentano una delle voci di maggior introito per il settore carni. Ma non è solo questo, perché nonostante gli italiani siano stati costretti a stare più in casa e quindi a cucinare di più, la carne non è stata fra le scelte più quotate, anzi. Lo stesso dicasi per il caso inglese dove la contrazione dei consumi di carne e l’aumento di scelte vegetali è diventato quasi un caso mediatico.

Le alternative vegetali alla carne sono sempre di più e sempre più facili da reperire: perché scegliere le carni rosse inserite dall’OMS fra le sostanze probabilmente cancerogene (lista A2) quando esiste un’alternativa più sana?

Finanziamenti e “eccesso di offerta”

Nel frattempo nel nostro paese, come spesso è accaduto, lo Stato è intervenuto subito in sostegno al comparto con un finanziamento di 35 milioni di euro nell’ambito del fondo emergenziale, tra premi alla macellazione e aiuti all’ammasso privato. Ma le associazioni pur dichiarandosi soddisfatte degli aiuti, hanno lanciato l’allarme sostenendo la necessità di ulteriori aiuti soprattutto per la gestione “dell’eccesso di offerta”.
Secondo il presidente di Inalca (gruppo Cremonini), Luigi Scordamaglia, “Il problema è soprattutto in Europa dove per giunta scontiamo le misure inefficienti adottate dalla Commissione come l’ammasso privato rimasto in larga parte inutilizzato. Misure deboli e completamente vanificate dalla stessa Commissione che con il primo vicepresidente Frans Timmermans alla presentazione del Green New Deal si è augurata che presto ci possano essere “carni e latte senza stalle“. Ricordo alla Commissione che gli allevamenti italiani producono un quinto delle emissioni per chilo di carne ai nostri competitor Sudamericani e che pertanto sono perfettamente in linea con gli obiettivi del Green New Deal. Se la Commissione ci vuole davvero sostenere eviti di diffondere fake news come questa che rischiano per giunta solo di favorire poche multinazionali della chimica e delle produzioni studiate in laboratorio”.

Al di là delle “fake news” (sic.) rimane un dato: in Italia e in Europa si mangia meno carne e anche le analisi a lungo termine delle grandi associazioni del settore lo hanno messo in conto, ma lavoreranno (di concerto con lo Stato, come è spesso già avvenuto) per “promuovere l’eccellenza delle carni”.

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