Cane Angelo, arrivata la condanna: niente carcere ma servizi sociali, nei canili

Arrivata ad un anno dalla vicenda la condanna per i quattro che torturarono e uccisero il cane Angelo a Cosenza, ma in tanti sostengono che la pena non sia commisurata al reato

Angelo-condanna

Concessa la sospensione condizionale della pena ai quattro ragazzi riconosciuti colpevoli delle torture e della morte del cane Angelo un randagio bianco di taglia media che vagava per le strade di Sangineto, in provincia di Cosenza. Il 24 giugno 2016 le quattro persone decisero di impiccare e uccidere a colpi di bastone il cane filmando tutto e mettendo il video online su Facebook.

La condanna richiesta dal Pubblico Ministero era di due anni di reclusione ma i quattro imputati grazie al rito abbreviato sono stati condannati a 16 mesi che però non sconteranno in carcere poiché incensurati. La sentenza è stata resa nota oggi 26 Maggio 2017 e il processo si è svolto presso il Tribunale di Paola a Cosenza. La condanna ai lavori socialmente utili, come riporta un comunicato stampa dell’ENPA (Ente Nazionale Protezione Animali) che si è costituita parte civile insieme ad altre 20 associazioni, consisterà, come in una sorta di contrappasso dantesco, nel prestare servizio in un canile sanitario. I condannati sono anche stati obbligati al pagamento delle spese processuali e al risarcimento di 2000 euro per tutte le associazioni riconosciute come parti civili per un totale di 38 mila euro.

“Adesso tutta l’attenzione si concentra sull’attività di volontariato dei quattro. Sarà necessario vigilare affinché essa venga svolta in modo serio e puntuale presso una struttura accreditata e che non sia invece considerata dagli uccisori di Angelo come una scappatoia. A chi certificherà tale percorso essi devono poter dimostrare un reale e sincero ravvedimento”, commenta la presidente nazionale di Enpa, Carla Rocchi.

Troppo blanda la pena per il deputato del Movimento 5 Stelle Paolo Bernini: “Appare evidente che per la gravità del reato commesso, in considerazione anche dell’efferatezza contro un cane indifeso, tutto questo non possa essere punito in modo così blando.” Secondo Bernini la colpa è anche della politica che non è stata in grado di creare una legislazione adeguata: “primi a non rispettare gli animali e a permettere una serie infinità di abusi su di essi sarebbero proprio quei parlamentari che su questi temi ci si sono costruiti carriere e credibilità senza raggiungere mezzo obiettivo, cavalcando battaglie con comportamenti visibilmente incoerenti.  Una legge come quella sul randagismo (281/91) – continua Bernini – che a 26 anni dalla sua emanazione non è applicata in tutta Italia, dimostra che i vecchi partiti e i vecchi soggetti, sebbene riciclandosi e cambiando casacca, non avrebbero mai fatto la differenza per gli animali, per esempio denunciando i colleghi delle Istituzioni locali per le loro omissioni di atti d’ufficio”.

Giuseppe Liparoto, Nicholas Fusaro, Francesco Bonanata e Luca Bonanata, sono stati condannati, quindi: una sentenza che costituisce un precedente ma che lascia l’amaro in bocca. Gianluca Felicetti presidente della LAV ha commentato la vicenda attraverso twitter: “A condannati per uccisione di Angelo fanno più paura 38mila euro da dare alle parti, mentre agli animali faranno più paura i 6 mesi di loro lavoro nei canili”.

 

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