Siamo vegani ma non odiamo chi mangia carne

Una riflessione aperta scaturita dal dialogo sui nostri social e del perché non essere d’accordo con qualcuno non significa odiarlo o intentare una guerra contro di lui.

“Ragazzi, probabilmente non diventerò mai vegana ma le vostre ricette mi aiutano a portare in tavola meno carne, quindi grazie, grazie, grazie”. Abbiamo condiviso su Facebook questo commento apparso sotto una delle nostre ricette, accompagnandolo con queste parole: “È per questo che lavoriamo da 10 anni, non ci frega nulla della “perfezione”, ci interessa prima di tutto far comprendere che mangiare vegan è normale, buono e facile. Le basi, in questo paese vanno costruite le basi: mostrare insieme anche che cos’è l’antispecismo, ma ogni ricetta in più e ogni piatto di carne in meno, per noi sono una vittoria“.

Questa dichiarazione ha suscitato parecchie reazioni critiche e ci è sembrata una buona occasione per spiegare in modo chiaro e per esteso quale sia la nostra posizione in quanto organo di informazione (Vegolosi.it, lo ricordiamo, non è un blog, bensì una testata registrata, un giornale, nel quale lavorano anche giornalisti qualificati che seguono, come necessario, le regole deontologiche della professione).

Partiamo da un assunto base: l’obiettivo del nostro lavoro è basato sull’antispecismo e sull’idea che un mondo vegano potrebbe portare alla liberazione animale, in più l’alimentazione vegan ha un impatto minore sull’ambiente e porta benefici per la salute – se impostata e seguita correttamente. Sta di fatto però che nessuno – se non davvero rarissime persone – è nato vegano. La filosofia vegan è complessa e il ragionamento non può minimamente esaurirsi in questo articolo ma ci sono decine di approfondimenti sul nostro giornale: in dieci anni ne abbiamo parlato in lungo e in largo e non smetteremo di farlo.

Quello che facciamo da anni è, però, anche un’altra cosa che moltissimi vegani non fanno: guardiamo la realtà in faccia, i dati, i numeri. Se da una parte informiamo con professionalità (soprattutto su Vegolosi MAG dove tanti articoli di approfondimento aiutano i lettori ad informarsi su temi fondamentali) è anche vero che la popolazione 100% vegana in Italia è molto poca (2,4% della popolazione) e che dare del “mangia cadaveri” alla maggior parte degli “altri” non serve a nulla. Era proprio questa frase che, 13 anni fa, allontanava anche noi da questa scelta così lineare.

Però, il mondo non si sta veganizzando: basta andare in un qualsiasi negozio, in una pizzeria, ad una cerimonia di parenti o amici, sbirciare in un carrello al super, e guardare. Se ne parla di più, forse. Si trovano più prodotti, certo ma la strada è lunghissima e in salita, anzi in arrampicata.
Questo significa che non ha senso lavorare per mostrare, informare, cercare di abbattere questo pregiudizio sull’alimentazione vegana? Certamente no. Sono 10 anni che Vegolosi e il suo team continuano a farlo. Durante la prima conferenza stampa che tenemmo nel 2013, il nostro claim era: “Vegolosi.it: inclusivi e non esclusivi” ed così che siamo rimasti in tutti questi anni.

Significa che siamo “d’accordo” con chi mangia carne e derivati? No. Significa che li odiamo? No. Significa che il nostro lavoro è rivolto soprattutto a chi ancora mangia carne e derivati per mostrare che l’alternativa è possibile? Sì. Essere in disaccordo non significa odiarsi: significa potersi porre in dialogo.

Se essere vegani significa, nella testa di qualcuno, dare del “mangia cadaveri” a chi mangia seguendo uno stile alimentare onnivoro, allora vorrà dire che siamo “meno vegani” e ci sta bene così perché sono milioni (e non è un numero a caso) le persone che cucinano e si informano con noi, e l’obiettivo è che lo facciano sempre di più e sempre più spesso, che non si sentano giudicati o impauriti a fare una domanda anche se non sono vegani.  Vegolosi.it è di tutti e noi siamo qui per chiunque abbia buon senso, educazione, voglia di cucinare cose buone e informarsi. Non essere d’accordo con la scelta di altri non significa odiarli e, dall’altro lato, non significa “arrendersi” o ritenere meno grave quello che succede negli allevamenti.

Questo significa, per caso, che chi compie azioni di resistenza attiva e animalista incontra il nostro biasimo? Nella maniera più assoluta, no. L’attivismo nelle piazze, quello condotto dalle associazioni animaliste è prezioso, indispensabile, non sostituibile. Se rimane nei limiti delle non violenza fomentando un’opposizione anche dura, rimane uno strumento importante e imprescindibile. Ci sono forme diverse di attivismo, rivoli che finiscono tutti allo stesso fiume: quello del tentativo di mostrare quello che per quel 2,4% della popolazione è chiaro e cristallino.

Comprendiamo perfettamente la rabbia che coglie chi vede coi propri occhi la violenza che subiscono gli animali, quel senso di impotenza e di profonda ingiustizia che sale alla gola dopo aver visto un documentario o essere stati davanti ad un mattatoio per salutare quegli animali che non torneranno. Sappiamo che potrebbe essere diverso, sappiamo che quel “Io mangio carne perché a me piace” è doloroso soprattutto se quella soddisfazione del proprio istinto edonistico (tipico dell’essere umano) sbatte forte contro la tortura di miliardi di esseri senzienti. Ma il compito di Vegolosi.it è diverso e non meno importante: vogliamo parlare anche con chi vegano non lo è abbattendo pregiudizi che conosciamo perfettamente perché erano anche i nostri, costruiti dai media generalisti e dall’innata paura verso il cambiamento.

Quella rabbia (che pure a volte proviamo, non lo neghiamo) la incanaliamo nel buon senso e nell’impegno a fare meglio, di più, a ragionare dialogando, ricordando sempre come eravamo e come la pensavamo prima e che cosa ci ha fatto cambiare idea (e non è stato qualcuno che ci ha gridato in faccia che mangiavamo gli animali morti e che non potevamo avere un cane se mangiavamo la bistecca). Abbiamo un profilo istituzionale, siamo un giornale fatto di professionisti perché è necessario che una fonte sia credibile e autorevole: solo così i messaggi che lanciamo possono, a nostro avviso, lasciare il segno in chi ha voglia o è nel momento adatto ad ascoltarci.

Vuol dire che dialoghiamo con le corone di fiori al collo e le dita alzate in segno di pace anche con chi ci scrive, per esempio, “Mangiatevela voi questa schifezza?” oppure “I vegani sono il peggio che esista, perché non morite tutti?” (citazioni tratte da commenti veri): no. Essere razionali e aperti al dialogo non significa nemmeno accettare la maleducazione e la mancanza di rispetto: quella è una soglia che con noi non va superata e se lo si fa, si ottengono le risposte necessarie per difendere il nostro lavoro, oppure si viene semplicemente allontanati in quanto non utili al dibattito.

Siamo qui anche per spiegare che sì, potete smettere di mangiare carne e derivati già da oggi e non starete male, che ci sono le fonti scientifiche, i professionisti che ve lo dicono (non noi). Siamo qui a spiegare che gli animali non sono oggetti, che il marketing in 100 anni ha distrutto la loro immagine facendone degli esseri immaginari, senza corpi, ma pieni di tante qualità nutrizionali (che spesso non hanno). Siamo qui a dire che la produzione di carne e derivati è inefficiente politicamente ed economicamente. Siamo qui per mostrarvi che si mangia vegan benissimo e che, sì, potete anche chiamare “latte” una bevanda di avena o di soia (fra le meno impattanti a livello ambientale), o chiamare “spezzatino” un piatto fatto con il tofu. Siamo qui per dialogare soprattutto con chi dice che “non diventerà mai vegano/a” e capire perché, senza giudicare ma fermamente convinti che sarebbe più giusto per gli animali e per le future generazioni se lo fosse.

Non facciamo, né abbiamo mai fatto, guerre contro qualcuno: tolgono energie per il nostro obiettivo, ma non fare la guerra non significa non essere battaglieri.

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