René Redzepi chef del Noma ha fatto indignare Pietro Leeman con un suo piatto

Lo chef del Joia di Milano ha scritto una lettera aperta, pubblicata sui social, al collega stellato René Redzepi aprendo una dibattito su morale e ruolo della cucina contemporanea

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Quella avviata da Pietro Leeman con la sua lettera aperta allo chef René Redzepi, patron del ristorante Noma, non è una semplice dissertazione fra professionisti, bensì una riflessione complessa che non ha di certo una soluzione “bianco-nero”. Ma vediamo i fatti.

Perché Leeman ha scritto a Redzepi

Lo scorso 18 gennaio lo chef del ristorante vegetariano Joia, Pietro Leeman, premiato con una stella Michelin, ha pubblicato sul suo profilo Facebook una lettera aperta al collega Redzepi, patron del ristorante Noma, premiato con 2 stelle Michelin ed eletto per quattro volte miglior ristorante del mondo secondo la classifica annuale The World’s 50 Best Restaurants.
L’oggetto della lettera è un piatto servito dal Noma durante una delle tre stagionalità nelle quali è diviso il menu del ristorante; la stagione, denominata “Game & Forest Season” (conclusasi a Dicembre scorso), prevede l’uso di carne e selvaggina e, come spiega il ristorante sul suo sito “è l’unico periodo dell’anno in cui la carne avrà un ruolo da protagonista al Noma, e durante il quale serviremo tutto quello su cui riusciremo a mettere le mani”. Uno dei nuovi piatti presentati da Redzepi, prevedeva cervello fritto di germano reale selvatico servito direttamente nella testa dell’animale (trattata opportunamente con etanolo per evitare qualsiasi contaminazione batterica); il piatto prevede anche il becco del volatile servito, invece, farcito con una tartare realizzata con il cuore dell’anatra; il tutto da mangiare servendosi della lingua essiccata dell’animale che viene usata come cucchiaio. Il menu prevede anche altre parti del germano, dato che il piatto viene servito in quattro fasi: la testa, uno spiedino di coscia, il petto e la tartare di cuore.

La lettera aperta

“Mi è sembrato che René Redzepi, pur di risultare essere sempre diverso e creativo – ha spiegato Leeman sempre sui social – si sia spinto troppo oltre, valicando i limiti del rispetto verso gli altri esseri che condividono con noi il pianeta”. Ecco allora la necessità di scrivere una lettera aperta:

Gentile René, Da anni seguo con grande attenzione le sue evoluzioni creative. […]
Non ho nulla in contrario che altre persone, per loro scelte diverse, mangino carne. Sono convinto però che gli animali, quando mangiati, vadano rispettati nella loro dignità, evitando loro le sofferenze date ad esempio degli allevamenti intensivi. Considero inoltre la responsabilità che ognuno ha non solo per se stesso ma anche per chi ci segue. I messaggi che diamo attraverso i nostri piatti potrebbero influenzare molte persone.  Se il suo intento era di provocare c’è riuscito perfettamente, di dare uno scossone alla mia sensibilità anche. Personalmente trovo quel piatto trash, alla Quentin Tarantino per intenderci, con la differenza che Quentin usa salsa di pomodoro per dipingere la morte violenta dei suoi attori, lei ha utilizzato un animale vero.”

Penso anche che la creatività non debba essere fine a se stessa ma che dovrebbe essere contenuta dall’etica e dalla morale, soprattutto in questo presente, non a discapito della Natura e dei suoi abitanti, umani o non umani che siano.

La risposta, anzi, le risposte

A rispondere a Leeman è arrivato Arve Podsada Krognes, direttore della comunicazione del ristorante Noma che, oltre a ringraziare lo chef svizzero per aver provato i loro piatti, spiega: “Con le nostre tre stagioni distinte, abbiamo un menu che si concentra anche su carne e ingredienti forestali in autunno. Abbiamo dedicato molto lavoro e impegno alla preparazione dei nostri menu qui a Noma. Comprendiamo e apprezziamo che alcuni dei nostri menu o piatti specifici possono sembrare provocatori e talvolta causare polemiche. Anche se potremmo non necessariamente condividere la tua opinione o il tuo approccio, apprezziamo molto la tua condivisione dei tuoi pensieri e la discussione incoraggiante”.

A sostenere la scelta del Noma e a spiegarne la filosofia è stato anche, sempre sui social, uno degli chef che lavorano con Redzepi, l’italiano Riccardo Canella: “Innanzitutto so che per chi non conosce la nostra filosofia, questo piatto può sembrare estremo! Lo è e sicuramente può turbare persone che per svariati motivi seguono una dieta vegetariana o vegana, in realtà potrebbe turbare anche molti onnivori, è proprio questo il punto. Il motivo per cui è stato fatto questo piatto è semplice, quando si mangia carne (ne usiamo gran poca al Noma!) c’è sempre una morte di mezzo, che tu sia tenuto a vederla o meno. Per celebrare questa morte, abbiamo deciso di pagare rispetto all’animale usando tutto, dalla testa alle zampe proprio per non sprecare niente, per quanto splatter questo possa risultare agli occhi di molti, vi assicuro che quel Germano reale è meno macchiato di sangue del petto di pollo incelofanato dentro le scatoline di plastica che comprate al supermercato, per non parlare degli ortaggi sotto prezzo e fuori stagione che comprate sempre nel supermercato sotto casa.”

Lo chef  e la chef vegani

Lo chef vegano Davide Maffioli, fondatore di Vero Restaurant a Varese, unico ristorante completamente vegano in Italia ad essere segnalato in Guida Michelin, spiega: “Credo che si tratti solo di una questione di impressione: l’idea di servire animali nella loro interezza, mostrandone il corpo e quindi la reale provenienza, o cercando di non gettare nulla di quel corpo, non è un’idea innovativa di Redzepi: pensiamo agli astici serviti interi a tavola, il risotto con le creste di gallo, gli scampi, i pesci di cui, in alcuni casi, si consumano testa e occhi compresi, ma anche il classico tacchino americano o, ancora, il porceddu sardo portato in tavola intero con tanto di testa e mela in bocca: qual è la differenza? Ci sono molti altri ristoranti stellati che servono pietanze a base di carne estreme, se il messaggio è sbagliato, lo è davvero per tutti, senza contare che il Noma fa già molto avendo una delle sue tre stagioni di cucina dedicata solo a piatti vegetariani e vegani“.

Il dibattito è aperto e anche la chef vegana Daniela Cicioni è intervenuta nel dibattito: “Sono d’accordo con Riccardo Canella: molti di coloro che sono inorriditi di fronte alla foto mangiano quotidianamente animali (o loro derivati) provenienti da allevamenti più o meno intensivi, malnutriti, trattati peggio della peggiore spazzatura, sia prima che dopo la loro morte. Altro che rispetto per la vita.”

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