Ipotiroidismo e dieta vegan: le risposte della dott.ssa Rosa Carbone

Informazioni importanti e studi recenti che ci raccontano che cosa dobbiamo sapere della correlazione fra questa patologia e l’alimentazione 100% vegetale

Insieme alla dott.ssa Rosa Carbone, biologa e nutrizionista esperta in alimentazione vegana, abbiamo cercato di fare un po’ di chiarezza su un tema molto sentito e spesso oggetto di molte domande alla nostra redazione: l’ipotiroidismo.

Che cos’è l’ipotiroidismo?

L’ipotiroidismo è una condizione patologica che riflette l’incapacità della tiroide di sintetizzare una quantità di ormoni adeguata alle esigenze dell’intero organismo. Le cause di ipotiroidismo sono numerose ma si possono suddividere in 4 grandi categorie, da cui derivano altrettante forme di ipotiroidismo: l’ipotiroidismo primitivo, l’ipotiroidismo secondario, l’ipotiroidismo terziario e l’ipotiroidismo iatrogeno. La diagnosi viene fatta in prima istanza grazie all’analisi degli ormoni principali ovvero il TSH, l’ft4  e l’ft3. Se il TSH è molto alto, ma i gli altri due sono in un range di normalità, allora si parla di ipotiroidismo subclinico, una condizione facilmente reversibile; se invece, anche gli altri due valori risultano variati (ossia più bassi), allora si fanno ulteriori indagini strumentali come l’ecografia alla tiroide. In seguito sarà il medico a formulare una diagnosi specifica. In caso di ipotiroidismo primitivo (e non solo), la terapia di elezione è un farmaco a base di levotiroxina. 

Esistono alimenti che è necessario escludere se si è affetti da ipotiroidismo?

Ancora oggi, purtroppo, è facile imbattersi sulla rete in siti che dispensano consigli e stilano liste di alimenti da evitare se si soffre di un disturbo alla tiroide. Fermo restando che ogni persona è un universo a sé e che è impossibile avere una medesima reazione ad un alimento, è possibile rintracciare nella letteratura più aggiornata delle evidenze che possono rassicurarci. Infatti, oltre alla soia, in passato anche le brassicacee (broccoli, cavolfiore, cavoli e cavoletti, verza, rape ecc), erano tacciate di avere un effetto di rallentamento nel metabolismo della tiroide per il loro contenuto di isotiocianati, molecole che possono ridurre l’assorbimento di iodio e quindi rallentare la funzione tiroidea. Tuttavia alcuni studi, hanno sottolineato che queste molecole svolgono per prima cosa una funzione anti-tumorale, proprio sulle cellule della tiroide e si sono rivelate sicure anche in presenza di ipotiroidismo. Inoltre, la cottura di queste verdure, riduce fortemente l’effetto degli isotiocianati. 

Il consumo di soia è controindicato nella dieta di una persona affetta da ipotiroidismo? 

Da una meta-analisi e revisione sistematica del 2019 in cui sono stati raccolti e confrontati diversi studi che intendevano approfondire la relazione tra assunzione di soia e livelli ormonali tiroidei, si evince che l’integrazione di questo alimento non ha alcun effetto sugli ormoni tiroidei e aumenta solo molto modestamente i livelli di TSH; il significato clinico, se presente, dell’aumento del TSH non è chiaro. A tale proposito pertanto, l’unica premura  è quella di assumere alimenti a base di soia a distanza di qualche ora dal farmaco sostitutivo.  Difatti, alcune prove suggeriscono che gli alimenti a base di soia, contengono isoflavoni, i quali inibendo parzialmente l’assorbimento dello iodio, possono aumentare la dose di ormone tiroideo richiesta dai pazienti ipotiroidei. Quindi, se il farmaco è assunto a colazione, è opportuno non associare alcun alimento contenente soia durante la colazione. Si potrà invece mangiare tranquillamente soia nel resto della giornata senza aver alcun tipo di disagio. Possiamo quindi dedurre che il problema dell’associazione con la soia, potrebbe  nascere dalla carenza di iodio, possibile soprattutto nelle zone collinari e montane a distanza dal mare. In tali casi, è indispensabile  usare quotidianamente del semplice sale iodato in cucina. 

L’alimentazione vegana e altre problematiche della tiroide

L’ipotiroidismo è solo una delle tante forme di interessamento patologico della tiroide. A monte, spesso, si cela una patologia scatenante come la presenza di noduli benigni (o in alcuni casi maligni), un morbo autoimmune (come la Tiroidite di Hashimoto) o il morbo di Basedow, associato a ipertiroidismo. In ogni caso, ad oggi, non esistono evidenze scientifiche che la dieta vegana sia sconsigliata in presenza di queste condizioni patologiche.
Uno studio del 2020 condotto da un gruppo di ricercatori italiani ha analizzato però la relazione tra il consumo di derivati animali e la tiroidite di Hashimoto: i risultati dello studio hanno evidenziato un effetto protettivo derivante da una bassa assunzione di alimenti animali verso l’autoimmunità tiroidea. L’alimentazione vegana, grazie alla ottima presenza di molecole nutraceutiche come antiossidanti, polifenoli, vitamine ed enzimi, se ben equilibrata e personalizzata in base alle esigenze, può rivelarsi un ottimo strumento non solo di prevenzione ma in alcuni casi anche di cura di patologie metaboliche così come suggeriscono diversi studi.
Molti dei benefici della dieta vegana, anche nei confronti di organi endocrini come la tiroide, sono ascrivibili alla salute intestinale che è direttamente correlata ad un’alimentazione vegetale varia ed equilibrata: il profilo intestinale vegano sembra essere unico in diverse caratteristiche, tra cui la scarsità di microbi patogeni e una maggiore abbondanza di specie protettive. Livelli ridotti di infiammazione possono essere la caratteristica chiave che collega il microbiota intestinale vegano ad effetti protettivi sulla salute di tutto l’organismo umano. Tuttavia, ad oggi, non è ancora chiaro se una dieta vegana terapeutica possa essere prescritta per alterare la microflora intestinale per benefici per la salute a lungo termine.

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